Caro Direttore,
l'ennesima notizia di un ciclista, una giovane e talentuosa promessa, vittima di un gravissimo incidente a mio avviso non può e non deve passare sottotraccia. Ad essere franco, in termini forse perentori e poco diplomatici, è da tempo che ritengo sia sopravvenuta un'incompatibilità funzionale tra chi va per strada in bici, per diletto o per professione, e chi le strade le percorre con... le mani ad un volante, per il piacere della guida o per lavoro.
Credo di essere un osservatore privilegiato: ho percorso un numero indefinito di chilometri in bici, sia da corsa che negli spostamenti cittadini, e altrettante migliaia di chilometri in auto vado accumulando (anche) per lo svolgimento della professione. In quasi tutte le strade del Bel Paese ho pedalato e guidato, e con il passare degli anni mi è apparso chiaro che l'UOMO-DONNA/CICLISTA è un essere "divenuto" inferiore rispetto all'UOMO-DONNA/PATENTATO. Se qualcuno si riterrà offeso - cosa della quale sinceramente me ne frego -, dandomi magari dell'«esagerato» se non del «rintronato», vado subito al dunque, fornendo spiegazioni del mio convincimento. Come si dice nella professione che esercito, motiverò in FATTO e in DIRITTO. Sperando che il Dio del Ciclismo e dei Ciclisti mi conforti e mi sostenga nella mia disputa contro i Satana motorizzati.
In punto di FATTO: è di una sconvolgente ovvietà che le strade odierne, per la gran parte, non riescano a sostenere adeguatamente il traffico dei... tempi moderni (per chi ha qualche capello bianco, Ernesto Calindri ed una sua storica rappresentazione pubblicitaria meneghina sono di perenne insegnamento). Aggiungiamoci: 1) quella gran trovata delle "rotatorie", dalle dimensioni micro di una ruota di camion a quelle macro di un'astronave marziana, che danno un tocco tanto di "moderno" quanto di funanbolico "carosello in pista"; 2) le famigerate "ciclo-pedonali" che, oltre ad un inevitabile restringimento di carreggiate già ristrette, portano solo all'insorgere di feroci discussioni se non di vere risse tra i pedoni e quegli illusi di ciclisti che hanno l'azzardo di percorrerle; 3) la fretta, ansiogena e terrificante, che - soprattutto in certi orari e in determinate circostanze, e sulla cui insorgenza e pericolosità troverebbe ampio motivo di studio un esercito di psicoanalisti - alimenta gli UMANI-AUTOMOTORIZZATI più di qualsiasi potente carburante (altro che doping!), rendendoli sia sconsiderati emuli dei cosiddetti assi del volante che, ed è il peggio, vere e proprie mine vaganti .
Credo basti a rendere..."fattuale" la circostanza che sulle strade NON C'E' SPAZIO NE' SICUREZZA NE' TOLLERANZA per quei poveri Cristi dei ciclisti. Che siano dei Campioni o dei brocchi, meglio per tutti che... cambino strada se vogliono campare a lungo.
In punto di DIRITTO: la cosa è ben più seria. Trovo che sia quanto meno identica la potenziale pericolosità connessa al rilascio di un PORTO D'ARMI che di una PATENTE DI GUIDA. Eppure, in ambedue i casi, si procede sovente con una... leggerezza operativa, anche in ambito giudiziario, disarmante e inquietante. Non che NOI CICLISTI si sia sempre dei modelli esemplari nel rispetto delle regole di quel Codice della Strada che - non va dimenticato - VALE anche per gli amanti del pedale, ma è di tutta evidenza che un autoveicolo condotto da un soggetto impreparato o inadeguato può diventare uno STRUMENTO DI MORTE più devastante di un'arma. Non per nulla, sempre sull'onda emotiva di tragici accadimenti, si è introdotta la fattispecie dell'OMICIDIO stradale.
Caliamo poi un velo pietoso sulle condizioni psico-fisiche di certi soggetti al volante: assonnati o sovraeccitati, naturalmente o artificialmente, o con quello stramaledetto telefonino che li impegna nella discussione distraendoli del tutto dalla guida. Eppure tutto ciò normativamente è stato preveduto dal legislatore che, negli anni, ha introdotto PRECETTI di agevole applicazione. Ed altrettante SANZIONI sempre più SEVERE per chi li violi. Un po' come le GRIDA di manzoniana memoria. E' cambiato qualcosa? Cambierebbe qualcosa se si andasse ad introdurre quella - benemerita di sicuro - disposizione "impositiva" di una distanza di 1 metro e mezzo per chi sopravanzi un ciclista? Una barriera di... aria CI SALVEREBBE? L'esperienza, sul campo e professionale, m'induce a pronunciare un NO. Fino a quando il BUON SENSO, oltre ad essere strettamente collegato al CERVELLO, non sarà anche un tutt'uno con il RISPETTO sia della LEGGE che del PROSSIMO. Anche se in sella ad una bici.
Insomma, dobbiamo ancora confidare... che Dio ce la mandi buona. E, alla fin fine, può non essere una grande consolazione.
La saluto cordialmente.