Il 3 agosto 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.lgs. 117/2017 denominato “Codice del terzo Settore” il quale, composto da ben 104 articoli, per la prima volta fornisce la definizione del concetto di Terzo Settore ed individua con precisione le caratteristiche di tali enti.
Questa riforma cambierà radicalmente la vita degli oltre 300.000 enti senza scopo di lucro attualmente esistenti, ma se da un lato per alcune categorie di enti come le Onlus e le Organizzazioni di volontariato il Codice comporterà radicali trasformazioni, complicazioni ed incrementi nella complessità di gestione, vi sono categorie come le ASD che sono (fortunatamente) quasi del tutto escluse dagli obblighi previsti salvo che per propria scelta decidano di adottare i vincoli imposti dalla riforma.
Una premessa necessaria: il Codice entrerà pienamente in vigore non prima del 2019 – 2020 in quanto occorre la stesura ed approvazione di 31 decreti attuativi oltre all’autorizzazione dell’Unione Europea per l’adozione dei nuovi regimi fiscali ipotizzati dal Codice, quindi ad oggi esso ha solo un impatto limitato, anche se per certi versi paralizzante come nel caso delle ODV.
La riforma prevede innanzitutto la creazione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, una sorta di Registro delle Imprese similare a quello conservato dalla CCIAA nel quale si dovranno iscrivere i nuovi ETS (Enti del Terzo Settore) e dove andranno comunicati numerosi dati relativi all’ente, depositati annualmente i rendiconti, le variazioni dei membri del Consiglio Direttivo, ed altri elementi specificatamente elencati. Inoltre vengono introdotti numerosi vincoli, attività di monitoraggio, obblighi di trasparenza, vigilanza e controllo in cambio di alcuni vantaggi fiscali.
Ma cosa cambia per le ASD? Possono o devono adottare la Riforma? Esse, anche se non “tipizzate” tra gli enti previsti dalla riforma possono comunque adottarla purchè si iscrivano al registro. Ma cosa comporta questa scelta?
Prima di tutto una ASD iscritta al Registro non potrà più adottare il regime fiscale 398/1991, con tutte le penalizzazioni che questa conseguenza comporta atteso che i nuovi regimi fiscali a cui la norma accenna non saranno più così convenienti:
• l’IVA dovrà essere versata in modo ordinario senza più la forfettizzazione al 50%
• le imposte sui redditi avranno scaglioni molto più elevati , dal 7% al 17% in base al fatturato.
Inoltre le ASD che sceglieranno di aderire alla Riforma non potranno più considerare decommercializzati gli incassi relativi ai corsi sportivi che organizzano verso soci e tesserati per espressa previsione dell’art 89. Le uniche somme che non costituiranno reddito imponibile saranno quindi le quote di iscrizione e le eventuali erogazioni liberali.
Venendo ai rapporti di lavoro il Codice tipizza il rapporto di volontariato ed il diritto dei lavoratori a percepire un compenso non inferiore al CCNL applicabile. Ne consegue che una ASD “riformata” potrebbe non poter più utilizzare i compensi sportivi esenti fino a 7.500€.
La complicazione maggiore riguarda le ASD che sono anche Associazioni di Promozione Sociale, queste dovranno obbligatoriamente adottare la riforma e diventare Enti del Terzo Settore e saranno tenuti a seguire tutta la nuova disciplina, i vincoli, gli adempimenti ulteriori e così via… salvo una loro cancellazione volontaria dal Registro abbandonando la natura di APS.
Ad oggi quindi la Riforma sembra comportare solo complicazioni e penalizzazioni, senza fornire strumenti di semplificazione o nuove agevolazioni concrete. Stando così la situazione una ASD non avrà alcun interesse a diventare un ETS.
dottor Umberto Ceriani
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