C'è una stella, nella Walk of Fame di Hollywood, che fa brillare il nome di Gilda Gray. Nata all'inizio del secolo scorso, l'attrice polacca divenne famosa come ballerina, divenendo The shimmy queen, reginetta di una danza tutta anche e ondulazioni. Dall’altra parte degli States, quasi 60 anni dopo, il professore Jim Papadopulos della Northeastern university di Boston, oggi studia il fenomeno shimmy, l’oscillazione che scuote non più ballerine, ma biciclette. Il 21 luglio 2016 la prestigiosa rivista Nature pubblica “Fisica su due ruote”, un articolo dedicato alle ricerche del docente americano sulle dinamiche di movimento delle biciclette. Nello scritto si fa riferimento anche agli esperimenti condotti con Gianantonio Magnani, 63enne di Bollate, anticamera di Milano. Appassionato cicloamatore e motociclista, è docente al Politecnico di Milano, dove si occupa di Robotica. E dove, grazie proprio a Papadopulos e a una collaborazione internazionale con Manfred Plochl dell’università di Vienna, indaga tra i misteri della fisica per comprendere quali siano le leggi che governano la shimmy. Sinonimo di improvvisa e crescente vibrazione che, a determinate velocità, rende di fatto incontrollabile una bicicletta.
“In effetti è una materia di cui non si parla molto”, e forse anche per questo è difficile costruirle una definizione calzante. “Si tratta di un fenomeno che, fortunatamente, non accade così spesso. Motivo per cui i ciclisti la conoscono poco e attribuiscono a loro errori, che in realtà tali non sono, eventuali cadute dovute proprio alla shimmy. A tal proposito mi resta un dubbio: la caduta di Ilnur Zakarin sul Colle dell'Agnello, all'ultimo Giro d'Italia. La dinamica mi è parsa quantomeno sospetta…”.
Tanto che alcuni costruttori cominciano seriamente a condurre ricerche per capirne di più di un fenomeno che, per lo più, resta ancora senza cause certe. “Io stesso ho testato la shimmy, sulla discesa della Bevera e nella Foresta Nera. E ho assistito alla medesima dinamica al Sacro Monte di Varese. Sappiamo che le oscillazioni aumentano con l'aumentare della velocità, rendendo di fatto ingestibile una bicicletta. Che, in un certo senso, è un po’ come un pendolo inverso. È quasi impossibile tenere in verticale una matita sulla punta di un dito, più facile farcela con una stecca da biliardo, le cui oscillazioni possono essere compensate dallo spostamento del baricentro. Con la matita non è possibile perché si deve possedere una velocità che il nostro cervello non ha. In altre parole, la capacità di reazione umana è limitata. È quel che avviene in bici, durante un episodio di shimmy, quando arrivano a sprigionarsi sul telaio forse sino a 5g, con frequenze tra le 6 e le 10 Hertz. Se si pensa che i piloti della Nasa sono abituati a tempi di reazione intorno ai 2 Hertz e alcuni tra i piloti di MotoGp riescono a reagire sino ai 4 Hertz, ci si rende conto come il ciclista medio non abbia la banda necessaria per reagire per tempo. E rischi esclusivamente contromosse tardive per cercare di contrastare la shimmy, di fatto causando quasi sempre una caduta rovinosa”.
Lo scopo di Magnani, quindi, oltre che dare connotati accademici a una legge fisico-matematica, “è anche quello di creare i presupposti per evitare che la shimmy possa provocare danni a chi sale in bicicletta”. Una mission condotta anche in collaborazione con Ernesto Colnago, che investe sforzi e attenzioni verso una strada che promette sviluppo. “C'è da chiarire una cosa”, prosegue Magnani. “La shimmy non si verifica in presenza di una bicicletta realizzata in un determinato materiale oppure di un modello differente, così come non ha maggior incidenza a seconda che in sella ci sia un ciclista professionista o un altro. È l'insieme di tutti gli elementi, fisici e geometrici, compresa la velocità e la pressione tubolari, a creare i presupposti perché possa insorgere”.
L'indagine contempla diverse variabili. “Masse e inerzie rispetto all'asse di rotazione e valutazione dell’avancorsa: la prolungazione del segmento della forcella è avanzato rispetto al punto di contatto della ruota anteriore, generalmente tra i 4 e i 5 centimetri. Colnago una volta annullò quasi completamente questa differenza, per una bici da pistard, rendendo di fatto il mezzo più maneggevole, pur se meno stabile. È ovvio che si tratti di esperimenti e casi limite, ma ai fini dello studio della shimmy sono elementi importanti. Perché il problema nasce quando si ha a che fare con un sistema a ruote girevoli, con un perno verticale, un asse di rotazione che non è sull'asse del perno. Un po’ come avviene, ad esempio, con le ruote girevoli delle sedie da ufficio. Ma anche con i carrelli degli aerei. Per dare formula matematica alla shimmy cerco di studiare gli effetti giroscopici, per cui una ruota è difficile da girare lungo l’asse quando questa si trova in movimento. Questo principio ha dimostrato che non è tale effetto a mantenere in equilibrio una bicicletta”.
Magnani ha studiato il peso delle proprie braccia, delle mani e del corpo, contribuendo a realizzare un modello matematico fatto di equazioni, grafici con sinusoidi e calcoli di variazioni di velocità che fotografasse il momento in cui la bicicletta passa da essere stabile all'instabilità. A ciò si sono aggiunte analisi spettrali per monitorare la frequenza e accelerometri, dislocati vicino al canotto di sterzo e sul piantone della sella durante i test, per cercare di creare un ordine nel disordine di un evento ancora misterioso. “La forza può arrivare solo dai punti di contatto con la strada, quella forza che impedisce alla ruota di scivolare”, continua Magnani. “Il fenomeno si mantiene quando la forza eccitante sul punto di contatto della ruota davanti si manifesta con una frequenza uguale alla frequenza della struttura. Tutte le strutture meccaniche hanno una frequenza propria, detto tecnicamente. L'intenzione è quella di arrivare a valutare ruote, telaio e tutto l'insieme, accertarsi della shimmy e poi rifare l'esperimento senza un componente per monitorare eventuali cambiamenti. Non so dire quanta strada ci sia ancora da percorrere, prima di arrivare a un risultato certo. Jim Papadopulos suggerisce di alzarsi di sella, quando si è in shimmy. Ernesto Colnago di stringere le ginocchia al telaio. E personalmente ho trovato più efficace questa indicazione”.
Per ora, insomma, ci si limita a curare gli effetti, non le cause. Una medicina, non un vaccino. Che Magnani spera però di scoprire presto. “Perché, in fondo, capire la shimmy può innanzitutto aiutare a prevenire molti incidenti e, in conclusione, avere importanti ricadute sociali”.
Stefano Arosio