In questo nostro ciclismo sempre più globale capita di trovare un giovane laureato in scienze motorie che lavora come preparatore a Taiwan. Giacomo Notari, classe ’88 di Parma (nella foto è il primo da sinistra, ndr), con un passato da corridore nelle categorie giovanili, ci racconta come è diventato direttore sportivo del Team Gusto Cycling e come sta crescendo il mondo delle due ruote in Asia.
Partiamo dalle presentazioni. «Ciao a tutti. Mi chiamo Giacomo. Ho iniziato a correre in bici da G1 nella squadra in cui mio padre era vice presidente, il VC Fidenza. Il gioco si è trasformato ben presto in una passione, che poi ho provato a far diventare un lavoro. Per 5 anni ho corso nella categoria Under23/Elite e nel frattempo mi sono laureato in Scienze Motorie all’Università degli Studi di Parma. Nel 2011 ho appeso la bici al chiodo e ho iniziato a frequentare i corsi della FCI per diventare direttore sportivo. L’anno successivo ho iniziato a seguire gli esordienti nella squadra del mio paese, il Biking Noceto, ed ho iniziato a tutti gli effetti a fare il preparatore atletico. Nel 2013 ho continuato il mio impegno con gli esordienti e ho lavoravto in un centro fisioterapico facendo fare lavori in palestra, test e biomeccanica, in particolare a ciclisti e sciatori».
Come sei finito a Taichung? «Sono a venuto a conoscenza di questa opportunità tramite una squadra dilettantistica italiana, quindi ho mandato il mio curriculum e mi sono incontrato con la persona incaricata di seguire il progetto. A distanza di alcuni giorni i responsabili della squadra mi hanno detto che ero stato selezionato per un periodo di prova di 6 mesi, dopodiché hanno deciso di tenermi definitivamente. Nel team ho svolto la funzione di preparatore atletico per poi diventarne il direttore sportivo. Quindi ora mi occupo di effettuare i test di valutazione, fare le tabelle di allenamento e seguire i corridori giornalmente negli allenamenti e gare. Per questa stagione abbiamo rivoluzionato la squadra e avremo un team più internazionale con qualche buon corridore e l'obiettivo sarà quello di ben figurare nella classifica generale delle varie corse a tappe a cui parteciperemo per avere una buona classifica nel ranking UCI Asia Tour e, perché no, cercare di portare qualche buon atleta al professionismo in Europa».
Ti senti un “cervello in fuga”? «No, sono semplicemente uno che ha voluto investire su se stesso ed è partito all'inseguimento di un sogno. In Italia non avrei potuto avere, nell'immediato, la stessa opportunità e quindi ho deciso di fare questa esperienza e mettermi in gioco. Prospettive? Parlare del mio futuro è ancora complicato, sicuramente sono giovane e devo ancora crescere tanto. L'ambizione è quella di ben figurare nelle gare, far crescere gli atleti che ho a disposizione e aiutarli nel raggiungere i traguardi che si sono prefissati. Tutto ciò contribuirà a farmi crescere e conoscere e diventare un domani un buon preparatore atletico come ne abbiamo esempi anche in Italia, penso su tutti a Guercilena e Slongo. Il sogno è un giorno di spiccare il volo verso un grande team, ma anche far crescere una formazione minore e portarla a buoni livelli in gare internazionali è un'avventura molto stimolante».
Com’è il ciclismo in Asia? «In espansione, avverto tanta voglia di crescere. La cultura ciclistica è ancora abbastanza bassa soprattutto sulle metodologie di allenamento e gestione degli atleti, invece per quanto riguarda bici e componentistica sono all'avanguardia agevolati dal fatto che quasi tutto viene fatto in Taiwan. Devo comunque dire che ho trovato qualche buon corridore in Asia e per quanto mi riguarda anche in Taiwan; nel mio team c'era un bel velocista, che per esempio è arrivato secondo in una tappa del Tour de Fuzhou in Cina battuto dal solo Mattia Gavazzi e un mio corridore nella stagione 2015 vestirà i colori blu fucsia della Lampre-Merida e questo è un grande motivo di orgoglio per il sottoscritto. Le differenze rispetto all'Italia ci sono e sono da vedersi soprattutto in un ciclismo più votato alla multidisciplina, tutti i ragazzi a 15/16 anni ma anche a 20 anni e più, si allenano su strada e su pista e, specialmente da giovani, in maggior misura su pista. Fanno anche palestra 2/3 volte a settimana e questo dà loro un controllo motorio che i nostri corridori non hanno. Se inseriti nei modi giusti e con la giusta metodologia potrebbero crescere ancora di più, ma a mio modesto parere la mentalità degli allenatori è molto chiusa e restia al cambiamento».
Giulia De Maio