E’ una di quelle poche volte in cui mi costringo alla levataccia insieme a mia moglie cioè, la mia prima tifosa e “supporter” anzi dirò meglio la mia…”sopporter”: per me, da buon musicista e animale notturno, la mattina è notte fonda, ma oggi c’è solo una gara e non c’è scelta, o rimanere in branda o alzare le chiappe e andare. Anche il fatto di dover correre con i giovani non mi invoglia, ma la gara di circa 120 km mi ingolosisce, è nel mio dna, quindi dico: «Adry, punta la sveglia, la risposta è un grugnito che vale un assenso.
La giornata è splendida e ci attende un percorso di 39 km da ripetere 3 volte, inasprito solo da alcuni cavalcavia e dal vento di questi periodo, la gara è organizzata splendidamente dal Team Jolly Wear e vede presenti i migliori atleti delle varie categorie, al via quasi 200 partenti.
Giù la bandierina e si balla subito la rumba, il mio Garmin non scende mai sotto i 50 Kmh e posso solo pensare di star nascosto, anche perché non ho molte alternative: devo usare la testa perché le mie gambe non possono competere con quelle di tanti ruspanti giovani puledri. Il ritmo è talmente alto che vedo gente saltare come birilli a ogni accelerazione.
Ciò che si capisce da subito è che la Jolly Wear avrà il peso totale della corsa e, vista la posta in palio, ci sarà un controllo esasperato delle azioni: posso solo far “corsa persa”, cioè disinteressarmi di ciò che accade davanti, poi se qualcuno se ne andrà, amen, avrò fatto comunque un ottimo allenamento, ma se nessuno fuggirà, nel finale il mio vecchio motore potrà forse giocare qualche carta per ottenere un buon risultato. Anche se non penso neanche lontanamente di poter vincere la corsa.
Così ai 20 dall’arrivo, dopo una rovinosa caduta a Vigevano che evito per un nonnulla, inizio a risalire il gruppo dopo quasi 100 Km di anonimato e inizio a “entrare” in gara, sento la gamba girare bene e dopo alcuni chilometri, dove i “fari” della corsa se le danno di santa ragione senza però riuscire a rompere il plotone, mi guardo attorno e vedo molte facce stravolte e molte gambe appesantite.
Proprio nel momento in quasi tutto il gruppo, che si era spezzato in vari tronconi, si sta ricomponendo, l’istinto mi fa scattare come se lo striscione fosse a 300 metri, mi giro e nessuno risponde. «Dove vuoi che vada Nonno Cifa?... Lascialo lì a cuocere!! ... Dev’esser matto». Solo uno (per fortuna) non la pensa così e viene alla mia ruota: è Flavio Della Bella (Team Pulinet) atleta con classe forza e intelligenza. Appena mi aggancia io tiro lungo, ma quando chiedo il cambio mi dice: «Cifa il gruppo è qui, dove andiamo?». Lui. ottimo velocista, pensa che dare troppo potrebbe riempire di tossine i suoi muscoli compromettendo in caso di ricongiungimento il suo sprint finale. Così si risparmia ma io vado a tutta perché in un arrivo a ranghi compatti finirei ultimo e penso che, dopo 105 km, chi ha “fatto” la corsa non ha più molta birra in corpo. E poi adesso tutti correranno sulle ruote della Jolly Wear che, avendo in Parriniello il potenziale vincitore, è la squadra che ha il peso di dover “chiudere” il buco ma dopo100 km a tutta sarà dura. Allora stringo i denti e incito Flavio a fare altrettanto: dopo qualche km senza guadagnare nulla, un cavalcavia ci dà modo di uscire dalla visuale di chi insegue e lì accelero speranzoso. Come pensavo, al riapparire del gruppo il vantaggio è aumentato, ora Flavio ci crede di più mentre io inizio a fantasticare: il cavalcavia sta a circa 2 km dall’arrivo... «Non ci credo‚ mi dico, perché mi rendo conto che sto per andare a vincere una corsa incredibile, insperabile, impensabile e oltretutto nel giorno del mio 59° compleanno. Penso che qualcuno da lassù mi abbia aiutato e voglio pensare che il mio grande amico Gianni Grammauta, appena scomparso, abbia voluto farmi i suoi auguri in questo modo…
Ma non è ancora fatta: prendiamo il ponte a “fuoco” e meno male, perché il gruppo ferito sta sussultando imbufalito e si è avvicinato moltissimo, vediamo lo striscione e qui voglio sottolineare l’eleganza e la signorilità di Della Bella che, riconoscendomi di aver fatto lo sforzo maggiore nella fuga, decide di farmi un grande regalo di compleanno, ci prendiamo per mano e a braccia alzate esultiamo. Abbiamo vinto entrambi.
Ora posso dedicare il mio compleanno e questa avventura incredibile al mio grande amico Gianni: lui era e sarà sempre con me.
Sottolineo la grande organizzazione del team Jolly Wear nella persona del suo patron Gianluigi Piacentini che, insieme a Maurizio Farè, ha dato l’opportunità ai partecipanti di fare una gara “vera” su una distanza da “corridori” e di vedere i vincitori premiati in modo davvero irripetibile per generosità e abbondanza.
Gigi Cifarelli