La Parigi-Roubaix è una corsa per specialisti, forse la più indomabile delle classiche e sicuramente quella che richiede i requisiti fisici e tecnici più severi. La sua crudeltà e la sua durezza spaventano alcuni, ma ispirano molti altri, che ne fanno il momento clou della loro stagione. E c’è chi la Roubaix la ma e non si è mai arreso di fronte ad essa: John Degenkolb, Jasper Stuyven e Oliver Naesen non si sono mai ritirati nella Regina delle Classiche, e lo stesso vale per Margaux Vigié e Chiara Consonni, che hanno disputato e concluso le prime quattro edizioni della Parigi-Roubaix Femmes avec Zwift. Li abbiamo incontrati per capire i dettagli della loro preparazione, la tecnica che permette loro di pdelare sul pavé, i loro piccoli trucchi e anche l'aspetto mentale di questa sfida, che hanno padroneggiato meglio degli altri.
Oliver Naesen non nasconde che, pur essendo un vero "Flahute" - termine che indica i ciclisti delle province settentrionali delle Fiandre di lingua fiamminga, corridori che sono nati e cresciuti sul pavé in condizioni fredde e piovose - ha «un rapporto di amore-odio con la Roubaix! Non è mai andata come volevo. Credo di aver avuto più forature nelle mie nove partecipazioni qui che nel resto della mia carriera messe insieme! Non ho mai avuto pace in questa gara: cadute, forature, problemi meccanici... Ho visto di tutto... tranne un piazzamento tra i primi 10!».
Ma il trentaquattrenne belga non ha perso la speranza di entrare finalmente nella top 10, alla quale si è avvicinato in modo veemente in tre occasioni (dodicesimo una volta, tredicesimo due volte). «Questa è forse la classica in cui ho le migliori possibilità di ottenere un grande risultato perché la fortuna è un fattore davvero grande». Anche se l'avvicinamento - dopo i buoni risultati alla E3 Saxo Bank Classic (dodicesimo) e alla Gand-Wevelgem (ventunesimo) - è stato rallentato da un problema influenzale che lo ha costretto a saltare la Ronde e rischia di aver compromesso almeno in parte la condizione.
LA PREPARAZIONE: «TROVARE IL GIUSTO EQULIBRIO»
«Ho perso il conto di quante volte ho vinto la Parigi-Roubaix» ridacchia Oliver Naesen. Passato professionista a 24 anni non ha mai mancato all’appuntamento con l'Inferno del Nord anzi ci torna più volte ogni inverno, visto che i settori di poavé più vicini sono a poco più di un'ora di macchina da casa sua, vicino a Gand. «Vado a novembre, dicembre, gennaio, febbraio... Ogni volta, sfruttiamo l'opportunità per testare le apparecchiature. Le cose più importanti sono le ruote, gli pneumatici e capire la pressione ideale».
In allenamento, spiega, «più bassa è la pressione, più velocemente si passa sul pavé. Ma c'è un limite che non si può superare. Se lo lasci abbassare troppo, quando troviu un buco, l'aria può iniziare a fuoriuscire attraverso il tallone tra il pneumatico e il cerchio. Peggiora ogni volta che colpisci un'altra buca, fino a quando non finisci a terra! La chiave è trovare il giusto equilibrio tra performance e rischio. Una foratura costa sempre di più che risparmiare cinque o dieci watt su un settore. Ecco perché i test sono fondamentali, anche se, con l'esperienza, ci si presenta già con un'idea abbastanza precisa di ciò che potrà andare bene».
Nei giorni che precedono la gara, Oliver Naesen di solito trascorre tre ore sul pavé il giovedì, due ore il venerdì e poi fa un giro in un bar il sabato. Tuttavia, «in un mondo perfetto eviterei completamente i settori durante la settimana di gara perché ti tolgono così tanto. Volerei direttamente in Spagna domenica sera o lunedì dopo il Giro delle Fiandre, mi allenerei quattro o cinque giorni al sole e tornerei al Nord solo il venerdì. Questo consentirebbe anche un vero e proprio lavoro di resistenza perché, una volta che inizia il blocco di gara con la Parigi-Nizza, non si ha più la possibilità di fare un allenamento di qualità. Questo sulla carta: in realtà non ho mai provato questo approccio, quindi non ho idea se funzionerebbe!».
I MATERIALI: «NON È PIÙ COME DIECI ANNI FA»
In questo decennio Oliver Naesen ha visto quanto si sia evoluto l'equipaggiamento per l'Inferno del Nord. «In passato, avevamo una bici specifica per la Roubaix. Al giorno d'oggi usiamo la stessa bici, è solo il cambio che cambia di volta in volta. Quest'anno abbiamo parlato di utilizzare un 58-46 se c'è vento favorevole. È davvero grande! Nelle gare, generalmente uso un 56-44. Non credo che la 58 sia necessaria, soprattutto perché a Roubaix c'è quella volata in pista e, per me, è lì che ci sono più posizioni da guadagnare. Oltre a questo, ho anche usato un deragliatore gravel a Roubaix. Devo ancora decidere se usarlo anche questa volta. È più robusto. La gabbia è in alluminio invece che in carbonio: in realtà in passato mi è capitato che la gabbia del deragliatore si spezzasse solo a causa delle vibrazioni del pavé».
Dal suo punto di vista, il cambiamento più grande ha a che fare con la pressione degli pneumatici: «Non è più come dieci anni fa! Correvamo a 8 bar nelle gare in piano su asfalto. Ora, non vado mai oltre i 4,6!». Questo cambiamento è in gran parte dovuto all’utilizzo dei pneumatici tubeless e alla larghezza sempre crescente degli pneumatici. «All'epoca usavamo un tubolare fatto apposta per la Roubaix, era verde, lo stesso usata da Thor Hushovd, secondo nel 2010. Era un 25 o 26, quest'anno penso che saremo a 32, sia davanti che dietro. Onestamente, non sarei sorpreso se presto arrivassimo a 40! Non ci vedo alcun aspetto negativo».
Per ridurre al minimo le vesciche sulle mani, si regola a seconda della vestibilità dei suoi guanti: «Se sono troppo grandi, è meglio non indossarli, perché è l'attrito che provoca le vesciche. Ma se si adattano perfettamente, è tutto ciò che ti serve. Quest'anno potrei indossare i miei guanti da cronometro. D'altra parte, mi piace avvolgere un doppio nastro sul manubrio: aiuta».
IL PAVE’: «IL MIO RECORD È DI CINQUE FORATURE»
Nelle sue nove apparizioni finora, Oliver Naesen non è mai riuscito a evitare le forature. «Alla Roubaix ho sempre forato! Il mio record è di cinque forature in una sola gara, cosa che mi è successa due o tre volte. Quando va così, passi l'intera giornata in mezzo alle ammiraglia, a caccia di gruppi! Non so come ci si sente a finire la gara senza forare. Speriamo che questo sia l'anno giusto per scoprirlo».
La Trouée d'Arenberg è il suo incubo personale. «Sono riuscito a passare solo una volta senza forare! Ho provato tutte le posizioni: top 5, top 10, top 20... Non importa dove metto le ruote, foro! Ho rotto cerchi, spezzato manubri e persino rotto telai. È come se la sfortuna avesse sempre la meglio su di me! Forse corro in modo troppo aggressivo. Perché foro così tanto? Non ne ho idea!».
Naesen conosce il pavé come le sue tasche. «In generale, se si tratta di un'edizione asciutta, si pedala sui bordi perché gli spazi tra i ciottoli sono riempiti di sabbia, il che rende il rotolamento più fluido. Ma è proprio lì che passano i trattori, quindi è lì che si trovano i buchi più grandi. E allora bisogna resistere alla tentazione di pedalare dove si sente di andare più veloce, ai bordi, perché è lì che si nascondono i veri rischi di foratura. Non c'è scelta: devi pedalare al centro, anche se è più faticoso».
Il suo settore preferito è il «Carrefour de l'Arbre perché è l'ultimo posto dove si può davvero fare la differenza. L'anno in cui Greg Van Avermaet ha vinto (era il 2017, bdr), stavo rimontando forte con Boonen nel suo gruppo. Ma uscendo dal Carrefour, mi è saltato il deragliatore e, se ricordo bene, ho finito la gara su una Mavic gialla!».
In questi giorni Naesen non vede più la vittoria come una «prospettiva realistica. Ma una top 10 è assolutamente fattibile. Ho solo bisogno di stare con i favoriti il più a lungo possibile... Non sono mai stato staccato da alcun ciclista su nessun settore acciottolato! Ma direi che la forza fisica conta solo per circa il 70% in questa gara. A parte questo, c'è un enorme percentuale di fortuna e anche il gioco mentale conta!».
«IL PENSIERO DEL RITIRO NON MI HA MAI ATTRAVERSATO LA MENTE»
Nonostante tutte le forature e gli incidenti (tre o quattro solo alla Roubaix, che se cade «in media una volta all'anno»), «non mi è mai passato per la testa il pensiero di ritirarmi perché non sono mai stato così indietro».
La sua prestazione peggiore è stata il 66° posto. Per sopravvivere all'Inferno del Nord, Oliver si attiene a «un piano chiaro: suddivido questa gara in più zone rosse, proprio come faccio per ogni classica. Alla Roubaix, di solito ce ne sono quattro. Ognuna rappresenta una sequenza di settori di oavé. Quando vedi che ci sono trenta settori, per cinquantacinque chilometri di pavé, pensi, "wow, sono tanti"! Ma quando li raggruppi in quattro blocchi e ti concentri sull’affrontarne ognuno nella migliore posizione possibile, è molto più facile mentalmente, almeno per me».
EXTRA: «MOLTA FIDUCIA NELLA MIA ATTREZZATURA»
Sebbene l'ex campione belga si stia avvicinando alla sua decima presenza con lo stesso stato d'animo, sottolinea che «ho molta fiducia nella mia attrezzatura, cosa che non è sempre stata. L'anno scorso, quando abbiamo ricevuto le nostre nuove bici (Van Rysel, ndr), le cose sono andategià meglio. Ma quest'anno abbiamo un partner per gli pneumatici che è il miglior marchio, cosa che non ho mai avuto in tutta la mia carriera. Inoltre, utilizzeremo per la prima volta la nostra bici aerodinamica a Roubaix, dato che è uscita solo a luglio. Cose del genere possono davvero spostare l'ago della bilancia su 260 chilometri. Sto affrontando Roubaix con ottimismo e ambizione. So che è un giorno in cui può succedere qualsiasi cosa, o almeno molto. Nonostante la mia mancanza di risultati in questa gara, so che mi si addice molto».
LA SCHEDA
Oliver Naesen (Decathlon–AG2R La Mondiale)
Nato il 16 settembre 1990 a Ostenda (Belgio)
Squadre: Cibel (2014), Topsport Vlaanderen–Baloise (2015), IAM Cycling (2016), Ag2r–La Mondiale, AG2R Citroën Team e Decathlon Ag2r–La Mondiale (dal 2017).
Principali risultati:
Vincitore della Bretagne Classic (2016 e 2018)
Campione belga (2017)
Vincitore della Polynormande (2015)
Vincitore di tappa all'Eneco Tour (2019)
2° alla Milano-Sanremo (2019)
2° all'Eneco Tour (2016 e 2019)
3° alla Gand–Wevelgem (2019)
Così a Roubaix:
2015: 57°
2016: 13°
2017: 31°
2018: 12°
2019: 13°
2021: 52°
2022: 54°
2023: 66°
2024: 24°
La curiosità. Ancor prima di diventare professionista, Oliver Naesen strinse amicizia con Greg Van Avermaet, il vincitore dell'edizione 2017, che sarebbe poi diventato suo compagno di squadra dal 2021 al 2023, anno in cui la medaglia d'oro olimpica di Rio 2016 si ritirò. «Corre ancora molto con noi - spiega Naesen -: la Roubaix era la classica che gli si addiceva e gli piaceva di meno! Greg faceva sempre male dappertutto quando finiva la Roubaix. Per me è stato un po' l'opposto. Al Giro delle Fiandre lui finiva fresco, mentre io ero morto! È stato sorprendente vedere come i nostri corpi abbiano reagito in modo diverso a quelle due corse. Eppure Greg non ha mai vinto le Fiandre, ma ha vinto la Roubaix! Ecco perché mi dico: hmmm, non cancellatemi ancora dall’elenco dei possibili protagonisti».