Se si pensa all’ultimo Giro d’Italia della Bardiani-CSF-Faizanè, si pensa senz’altro anche a Davide Gabburo. Il 29enne veronese è stato infatti una delle note più liete del 2022 della formazione dei Reverberi, che infatti lo hanno confermato anche per la prossima stagione, nella quale sarà uno dei punti di riferimento per esperienza e personalità al cospetto dei tantissimi giovani del team.
In questi giorni il Green Project Bardiani-CSF-Faizanè è in ritiro a Massa Marittima, in Toscana, dove tra test, visite mediche e allenamenti, sta ponendo le basi per il nuovo anno.
Davide, che voto dai alla tua stagione?
«Un 8 glielo do sicuramente. Dopo l'inizio di stagione mai mi sarei aspettato un Giro d'Italia così, con due vittorie di tappa sfiorate e tante fughe. Sono stato chiamato all'ultimo, ma ero pronto e dopo il secondo posto di Napoli l'umore e la consapevolezza sono cresciuti ancora di più».
A distanza di mesi cosa ti rimane di quelle due vittorie di tappa sfiorate al Giro d’Italia?
«Non ho assolutamente nessun rimpianto. Se guardiamo i nomi con cui ero in fuga era onestamente difficile sperare di fare qualcosa di più. A Napoli ho avuto una buona intuizione nel provare ad anticipare corridori come Van der Poel e Girmay, ma alla fine De Gendt, che aveva anche un compagno di squadra, era più veloce e difficilmente battibile. A Treviso, invece, sono andato in fuga senza tante velleità, visto che era l'ultima chance per i velocisti e non avrei mai pensato potesse arrivare. Dopo Ca' del Poggio, però, siamo andati come treni, non è stato facile tenere le ruote di corridori come Affini, Cort Nielsen e De Bondt. Lì la volata è stata velocissima, e per più di un terzo o quarto posto non ne avevo».
Il tuo status in squadra è cresciuto?
«Credo di sì. Come età c'è solo Tonelli di più vecchio, anche se poi c'è tutto un gruppo che ha le caratteristiche per poter fare il leader, come Fiorelli, Zoccarato, Covili, Colnaghi o Marcellusi».
Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo 2023?
«Non avrò un solo obiettivo, sarà importante riuscire a fare il meglio possibile in tutti gli appuntamenti, in modo da portare a casa punti fondamentali per la squadra. Partirò dalla Clasica Valenciana e poi il Challenge Mallorca, dopodiché farò il Tour du Rwanda, che è una gara che ho già fatto in passato e che mi piace come ambiente e percorsi. Poi, chiaramente, se verremo inviati, spero di essere nuovamente al Giro d'Italia».
La tua è una storia di perseveranza. Hai dovuto combattere non poco per diventare professionista.
«C'è stato un momento in cui vedevo tutto nero e in cui ho pensato che la mia carriera fosse giunta al termine. Nel 2016, dopo la stagione con la Zalf Euromobil Fior, sono andato a lavorare qualche mese per un'azienda che fa cromature per sedie, ma poi ho pensato che avrei avuto tempo per fare quella vita e che tanto valeva provare fino in fondo a diventare professionista. Così ho fatto un buon anno in Big Hunter con 4 vittorie e poi un altro con l'Amore&Vita, dove ho avuto la fortuna di conoscere Francesco Frassi che ha creduto in me e mi ha poi portato in Neri Sottoli nel 2019, nell’anno in cui compivo 26 anni. Non mollare, alla fine, si è rivelata una decisione saggia».
Qualche consiglio da dare ai corridori che fanno fatica a fare il salto tra i professionisti?
«Oggi lo è ancora di più rispetto a qualche anno fa. Le squadre puntano esclusivamente sui giovani, a 23-24 anni sei già considerato vecchio. Ai ragazzi che vogliono diventare professionisti consiglio di iniziare quanto prima a fare la vita da atleti, perché ci vuole poco a perdere il treno ed essere considerati vecchi. Lo so che è difficile fare alcune rinunce in giovane età, ma è necessario. Ho visto corridori più talentuosi di me mollare, ma probabilmente io desideravo più di loro diventare un professionista. Poi ognuno si mette le sue scadenze entro le quali cercare di raggiungere l'obiettivo. Bisogna armarsi di serietà e determinazione».
Proprio perché sei passato tardi, credi di avere ancora margini di miglioramento?
«Credo di averne sì. Ogni anno sto facendo uno step in avanti e spero di continuare su questa strada. Compirò 30 anni, ma mi sento ancora bello fresco. Su cosa devo lavorare? Sull'esplosività nelle brevi salite. Andrò sempre a caccia di qualche buon risultato provando ad anticipare i favoriti. Questa è la mia indole».
Metteresti la firma per un altro anno come il 2022?
«Assolutamente sì».