Quando Brambilla apre il gas non ce n’è per nessuno, e stavolta la bici non c’entra. Per lui i fornelli non hanno segreti, si destreggia in cucina come fra i tornanti, se ci fosse una maglia rosa degli chef pedalanti (quella vera l’ha indossata due giorni al Giro 2016) ne sarebbe il padrone incontrastato.
Gianluca Brambilla cuoco è meticoloso, esigente, attento al ricettario ma aperto alla sperimentazione. Quando è a casa cucina lui, per la gioia della compagna Cristina, della piccola Asia e di una schiera di amici ciclisti molto inclini all’auto-invito. E’ una passione che ha sempre avuto e a cui ha dato fondo nei mesi dell’emergenza sanitaria, dato che non gli era mai successo di rimanere a casa così a lungo.
«Cucinare mi è sempre piaciuto, fin da piccolo - racconta il professionista bassanese, compagno di Nibali alla Trek Segafredo -. All’inizio mi dilettavo a preparare cose semplici, una pastasciutta, una crostata, poi sono passato a ricette sempre più complesse e mi sono appassionato sempre di più all’arte culinaria».
Che tipo di cucina preferisce?
«L’abitudine a mangiare sano che mi ha trasmesso il ciclismo mi ha fatto capire che si può essere appagati a tavola anche quando sul piatto ci sono poche calorie. Se utilizzi ingredienti sani e genuini, e li prepari con criterio, ti sazi prima e starai meglio».
Qual è il suo piatto forte?
«Non ne ho uno in particolare, mi piace spaziare: primi, carne e pesce, dolci. Ma cerco sempre la semplicità, perché è quella che esalta di più il gusto. Una pasta con burro e salvia è un piatto semplice, ma per nulla banale se usi una pasta selezionata con burro di malga e la salvia dell’orto. Recentemente ho preparato un risotto con gli asparagi di Bassano e ho voluto provare ad arricchirlo con le fragole. Il risultato è stato notevole. Solo dopo ho scoperto che è una ricetta che esiste già».
Durante la quarantena si sarà scatenato…
«In effetti non ho mai cucinato così tanto come in questo periodo. Ne ho approfittato per specializzarmi nella pizza, soprattutto quella con impasto alla napoletana».
Usa i robot da cucina o resta fedele al tagliere?
«Le macchine sono comode, soprattutto per impastare, ma in generale non ne faccio grande uso, preferisco fare a mano. Le pentole professionali quelle sì, sono importanti».
Quando gli ospiti sono amici ciclisti che cosa le chiedono?
«Soprattutto la carne. Per le fiorentine uso un metodo di pre-cottura sottovuoto a basse temperature con scottata finale sul fuoco. Sembrano gradire».
Un ciclista professionista è un giramondo, mangiare bene non dev’esser sempre facile…
«Infatti non lo è, e spesso mi trovo in difficoltà per questo. Più volte sono stato tentato di portarmi l’occorrente per farmi da mangiare, ma ho sempre rinunciato perché il materiale sarebbe troppo ingombrante. Di sicuro mangerò come piace a me prima del prossimo campionato italiano: si correrà fra Bassano e Marostica, sarò a casa mia. Quando viaggio mi piace imparare nuove ricette, che poi mi diverto a rifare quando torno a casa».
Se ne intende di vini come di cibo?
«Riconosco i vini di qualità e mi piace abbinarli a quello che preparo, ma non sono un vero intenditore. Un giorno mi piacerebbe fare il corso di sommelier per saper scegliere gli accostamenti migliori».
Fast food neanche a parlarne…
«Mi capita di frequentarli solo qualche volta negli aeroporti, ma ci vado solo per prendermi un gelato».
Ha mai pensato di aprire un ristorante tutto suo?
«Un pensiero l’ho fatto, ma mi spaventa l’impegno che mi potrebbe richiedere. Devo dire che un posticino in campagna per proporre serate gastronomiche a tema non mi dispiacerebbe affatto».
da Il Giornale di Vicenza a firma di Eros Maccioni