Sono mille le storie che il Tour de France ha scritto dal 1903 ad oggi. Storie di imprese e di campioni, storie di tracolli e di crisi, di polvere, di cadute, di montagne assassine e di vento, di pietre e di neve. Storie uniche, a volte anche incredibili, se rilette ai giorni nostri.
Ne abbiamo scelte dieci dedicate a corridori che per un sol giorno hanno indossato la maglia gialla. Non sono uomini da record, ma sono accomunati da una storia tutta da scoprire. Jean-François Bernard, al secondo Tour, conquista il giallo sul Ventoux ma l’indomani...
È una Francia che si scopre un po’ orfana, quella che aspetta il Tour del 1987: Bernard Hinault ha chiuso la sua carriera, Laurent Fignon è lontano da una forma accettabile e lo yankee che ha fatto innamorare la Francia, Greg LeMond, rinuncia alla Grande Boucle a causa di un grave incidente di caccia.
È un Tour forzatamente incerto, con ben otto corridori che indossano la maglia gialla con vittoria finale che viene firmata da Stephen Roche. È anche un Tour lunghissimo, quello che parte da Berlino: addirittura 25 le tappe più un prologo in 24 giorni di gara.
Ben oltre metà corsa, dopo il secondo giorno di riposo, la tappa numero 18 propone una crono durissima: da Carpentras al Mont Ventoux, 36 chilometri e mezzo di sforzo solitario sul gigante della Provenza.
Ed è il grande giorno di Jean-François Bernard, il ragazzo che tutta la Francia attende come il nuovo Hinault: nel tratto pianeggiante fa meglio di tutti gli specialisti, in salita infligge una lezione a tutti gli scalatori, attesissimi colombiani compresi. Grazie ad una prestazione monstre, che lo affianca nella leggenda a Charly Gaul vincitore dell’unica altra crono che il Giro ha proposto sul Ventoux, Jean-François Bernard conquista anche la maglia gialla e tutti lo sognano già in trionfo a Parigi.
«Bernard à la Hinault» (Bernard come Hinault) azzarda L’Equipe sulla copertina del giorno seguente. E Pierre Chany agomenta nel suo articolo: «L’uomo che si propone in tutto il suo splendore come uno dei candidati più autorevoli alla vittoria sui Champs-Elysées, il primo dei candidati senza dubbio, ha dimostrato, in poco più di un’ora e mezza di sforzo, di saper coniugare alla perfezione il talento ricevuto in dono e l’energia animale del corridore di razza, senza la quale la qualità non è nulla o comunque vale ben poco».
Quella sera, comunque, il pupillo di Bernard Tapie non è al sicuro: certo, è in giallo, ma Roche, Mottet e Delgado hanno meno di quattro minuti di distacco e davanti a loro ancora quattro tappe alpine.
Ma non c’è bisogno di attendere tanto, basta la prima di queste tappe a cambiare la storia della corsa. Bernard fora ai piedi del Col de Tourniol, quando mancano ancora un centinaio di chilometri al traguardo di Villard-de-Lans.
«Una autentica iella - racconta Bernard -: ho forato, ho cambiato la ruota e sono rientrato. Al rifornimento sono tra i primi, ma sul Col de la Bataille mi salta la catena. Divento matto, pedalo a lungo con un distacco di un minuto, un minuto e mezzo. Ma a dieci chilometri da Villard-de-Lans, dopo 90 chilometri tutti all’inseguimento, crollo».
Il verdetto è inappellabile: la maglia gialla arriva con 4’16’’ di ritardo da Delgado e in classifica accusa ora 1’39’’ da Stephen Roche. Davanti a sé Bernard ha ancora la crono del penultimo giorno a Digione, la vince ma non basta: finirà sul terzo gradino del podio, dietro a Roche e Delgado. E per la grande speranza dei francesi, mai arrivato ai livelli che ci si aspettava da lui, resterà l’unico podio della carriera alla Grande Boucle.
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