Se il Giro d’Italia non ha sorriso ai colori azzurri, speriamo lo faccia il Tour de France dove il Belpaese schiera il suo uomo migliore per i grandi giri: Vincenzo Nibali. Mentre Fabio Aru lasciava la corsa rosa dominata da Chris Froome, il 33enne siciliano era in altura al Teide con i compagni di squadra della Bahrain Merida a preparare l’assalto alla Grande Boucle, già sua nel 2014. Il suo storico allenatore Paolo Slongo, premiato con l’Oscar tuttoBICI come miglior direttore sportivo della stagione scorsa, ci spiega nei dettagli l’avvicinamento dello Squalo dello Stretto alla corsa che scatterà il 7 luglio dalla Vandea.
Come è andata la preparazione?
«Molto bene. Vincenzo quest’anno ha corso tanto nella prima parte di stagione, disputando più corse di un giorno che in passato, e (per la prima volta in carriera) non aveva ancora lavorato in altura. Dopo la Liegi-Bastogne-Liegi ha staccato. Si è concesso qualche giorno di vacanza, ha pedalato liberamente, senza tabelle e lavori specifici, per recuperare anche di testa. Dal 14 al 28 maggio siamo stati al Teide. Abbiamo iniziato a lavorare in modo progressivo, concentrandoci soprattutto a livello aerobico, sulla forza resistente e massima. Poi abbiamo svolyo un altro blocco di lavoro importante al Passo San Pellegrino. Con la squadra avevamo deciso di prendere parte al Delfinato senza pressioni, non è andata benissimo ma ci è servito per avere la misura di quanto avevamo fatto. Prima di partire per la Francia, Vincenzo correrà il Campionato Italiano, una corsa a cui tiene sempre particolarmente. Il percorso è misto e potrebbe essere adatto a più soluzioni».
Dopo un Giro estenuante, Pozzovivo che contributo potrà dare alla causa?
«Ora Domenico tirerà un po’ il fiato e per rigenerarsi andrà in montagna. Non disputerà nessuna corsa prima del Tour e sappiamo che non arriverà in Francia super competitivo. Ci servirà soprattutto da metà corsa in poi, quando ci aspettano salite importanti. Nelle prime giornate con il vento e il pavè ci sono altri corridori che avranno il compito di proteggere il capitano. Il suo quinto posto finale alla corsa rosa non dico che era l’obiettivo massimo che potevamo raggiungere, ma quasi. In testa avevamo il sogno del podio ma non era facile da concretizzare. Fino a due giorni dalla conclusione era possibile, purtroppo poi Domenico ha patito una flessione nel giorno peggiore per andare in difficoltà. Ha passato una brutta notte e la pressione della corsa gli ha giocato qualche scherzo, come a tanti altri. Secondo me può essere soddisfatto perché è stato protagonista, a differenza degli anni scorsi ha provato di più ad attaccare in prima persona, non è stato attendista, sulle ruote. Ha disputato un buon Giro che ci ha rivelato nuove sfaccettature della sua caratura».
A 35 anni si può ancora imparare e migliorare?
«Pozzovivo si è sempre allenato da solo, è una persona preparata in materia (sta studiando scienze motorie, ndr) ed è molto pignolo. Per intenderci Vincenzo prima di allenarsi aspetta me per capire cosa fare la mattina, lui invece si fa già da solo un programma perché è abituato così e da quest’anno mi chiede solo qualche suggerimento. La mia figura gli serve per avere la conferma di stare lavorando in modo giusto, ma ha ben chiaro cosa fare. Per esempio, quando eravamo in ritiro a febbraio al Teide lo tenevo a freno perché avevo paura che si allenasse troppo e arrivasse al Giro già troppo in forma. Abbiamo condiviso tanto di quello che faceva e aggiunto qualcosa di nuovo, trovando un equilibrio che si è rivelato efficace al Giro. A parte la tappa del Colle delle Finestre, in cui sono convinto abbia pagato più la pressione che la mancanza di gambe, ha avuto una performance costante e all’altezza della situazione».
Abbiamo letto di alcune curiosità legate alla sua preparazione, dal digiuno alternato alla stimolazione nervosa. Anche Vincenzo adotta questi sistemi?
«No, Vincenzo resta sul tradizionale. Non ha mai usato la stimolazione transcraniale. Con lui ogni anno cambiamo qualcosina in allenamento, ma si tratta di semplici esercizi in bici per stimolare le diverse fibre muscolari, nulla di speciale».
Analizziamo il percorso del Tour.
«Per ora non abbiamo svolto nessuna ricognizione, ad eccezione della tappa con il pavè che Vincenzo ha provato quando era in Belgio per le classiche del Nord, in quell’occasione ha testato anche la bici e i materiali che ha già utilizzato al Fiandre. La cronosquadre la vedremo direttamente quando saremo là, probabilmente prima del ritorno dal Delfinato andremo a rivedere qualche altra tappa. La crono finale è vicino a casa Izaguirre, sono Ion e Gorka a realizzare un filmato che poi riguarderemo tutti insieme. Altre frazioni già le conosciamo. È difficile individuare le tappe chiave, come ci ha ricordato l’ultimo Giro d’Italia ogni giorno è importante in una corsa di tre settimane. Se Froome avesse mollato all’inizio, non avrebbe conquistato la maglia rosa. Ogni giorno bisognerà lottare e fino alla fine non è perso niente. Detto questo, la prima parte è meno favorevole agli scalatori, nella prima settimana incontreremo tanto vento, ci dovremo aspettare tanto nervosismo, ventagli e tutto quello che ci va dietro. La cronosquadre è di 35 chilometri e rappresenterà una casella importante. Nella tappa di Roubaix, oltre ad essere attenti, bisognerà avere fortuna, sul pavè tra scivolate o forature le insidie non mancheranno. Speriamo, essendo Vincenzo un atleta completo e abile alla guida, di uscirne bene. La seconda parte della corsa sarà più classica con tante salite, tappe brevi e intense. Bisognerà arrivarci in condizione e difendersi o attaccare in base a come si sarà delineata la classifica. Terreno per fare tutto c’è».
Valutando i rivali, pensi che Froome e Dumoulin pagheranno le fatiche del Giro? Può essere più temibile la corazzata della Movistar?
«Froome, per come era disegnato il Giro, ha potuto andare in forma solo alla fine quindi potrà mantenere più facilmente la condizione, anche se quest’anno ci sono cinque settimane e non le tradizionali quattro tra Giro e Tour. Essendo il vincitore uscente e per la squadra che avrà al suo fianco resta il faro della corsa. Dumoulin e gli altri che arriveranno dalla corsa rosa dovremo tenerli d’occhio, ma essendo stati pimpanti già a inizio maggio potrebbero risentirne a fine luglio. Il trio Movistar è pericoloso: Quintana, Landa e Valverde hanno puntato tutto sul Tour, ci arrivano con energie e un avvicinamento più simile al nostro. Non potremo sottovalutare i giovani che stanno emergendo a livello internazionale e in generale chiunque nelle ultime stagioni abbia dimostrato di poter lottare per il podio in un grande giro. Penso a Bardet, che corre in casa, a Uran, ad Adam Yates, ad Aru se deciderà di cambiare programma...».
Puntate al risultato massimo.
«Nibali è Nibali. Ha vinto tutto, tante corse anche due volte, l’obiettivo è la vittoria, non un piazzamento. Detto questo, manteniamo i piedi per terra, consapevoli che stiamo lavorando bene e arriveremo alla Grande Boucle con una delle squadre migliori che potevamo avere. Il lavoro svolto ci rende sereni. Abbiamo rispetto di tutti gli avversari, ma paura di nessuno. Ci presenteremo al via consapevoli di avere fatto tutto quello che dovevamo per puntare al massimo risultato».
da tuttoBICI di giugno