Bilancio più che positivo per la Adriatica Ionica Race 2018 che si chiude con il trionfo di Elia Viviani (QuickStep Floors) nella sua terza volata su tre vinta e con la splendente maglia blu del 20enne Ivan Ramiro Sosa (Androni Giocattoli Sidermec) leader della classifica. Il suo ideatore e organizzatore Moreno Argentin può essere soddisfatto per questo progetto partito col piede giusto e con grandi prospettive per il futuro.
Abbiamo incontrato il campione del mondo di Colorado Springs 1986 pochi minuti dopo la cerimonia di chiusura della neonata corsa, in piazza Unità d’Italia a Trieste per raccogliere le sue impressioni a caldo.
La prima edizione è ufficialmente terminata
«Ritengo che questa prima edizione sia stato un buon banco di prova. Ci serviva raccogliere consenso e non siamo stati certi di correrla se non all’ultimo mese. Naturalmente, nel mio cuore ne ero certo e non avrei mai pensato il contrario, ma non è stato affatto semplice. Anzi, è stato molto impegnativo».
In un panorama in cui, purtroppo, molte corse sono state soppresse, questa ha invece brillato da neonata
«Siamo stati in controtendenza. E abbiamo avuto una partecipazione importante, con splendidi vincitori che ci danno credibilità. E che ci danno forza per continuare su questa strada».
Con che spirito si guarderà al futuro, in cosa si può migliorare?
«Continueremo facendo tesoro di tutti i contributi e di tutte le opinioni che ci sono arrivate dagli atleti, dai direttori sportivi, dalla stampa e dalla gente che ha seguito la corsa. Il progetto sarà ampliato, non so ancora quante tappe affronterà, ma la volontà è quella di aggiungerne di altre. Sicuramente andremo in Austria e Slovenia. Questo ci porterà ad avere a che fare con governi e regioni, per questo motivo questa prima edizione è stata necessaria per dimostrare cosa sappiamo fare. Devo ringraziare tutto lo staff perché eravamo sotto organico, ma tutti ci hanno messo il cuore lavorando per tre, dai volontari ai responsabili della sala stampa, social e organizzazione. Facciamo tesoro di queste esperienze e sono sicuro che il gruppo si rafforzerà ancora».
Come sarà la prossima edizione?
«Andremo a incrociare il percorso con riferimenti alla storia e alle bellezze del paesaggio. Nei prossimi giorni tireremo le somme e valuteremo meglio. Il prossimo anno, molto probabilmente, il periodo sarà spostato per via di alcune concomitanze, ma sapremo più in là con precisione quando»
Quando potrebbe slittare questa corsa?
«Abbiamo due o tre ipotesi da prima del Giro d’Italia a durante il Tour de France, vediamo quale ci conviene di più. Noi vogliamo squadre di qualità e dunque dobbiamo evitare le concomitanze. Abbiamo inoltre una serie di questioni delle quali tenere conto ad esempio con la viabilità e ospitalità alberghiera, dunque in alcuni periodi potrebbe essere più complicato. Valuteremo settimana prossima con Amadio».
Sul podio sono saliti un campione nel fiore della propria maturità come Viviani e un giovane ricco di speranze come Sosa
«Elia credo stia correndo la sua stagione migliore, ha trovato la sua giusta dimensione in una squadra che lo supporta al meglio con ottimi corridori. È un vero talento naturale. E poi c’è questa giovane rivelazione, un ragazzo colombiano di appena 20 anni che ha dimostrato di avere la stoffa e le qualità per potersi imporre, crescere ancora ed emergere con più continuità in futuro».
Alla presentazione Fondriest aveva lodato l’organizzazione di questa breve corse a tappe, che aveva inserito anche una tappa lunga.
«Raccogliamo i consigli che ci vengono proposti con grande interesse. Noi non siamo interessati a tappe lunghe e magari noiose, ma frazioni che danno una possibilità a tutti e con difficoltà che ravvivano la competizione. Tuttavia, una tappa lunga serve, anche per permettere ai corridori di allenarsi su questo tipo di sforzo. Certo, a Grado lo sterrato era messo nel finale per rendere difficile una volata a ranghi compatti, poi alla fine ha vinto Viviani ma perché sta vivendo una condizione strepitosa, d’altra parte era anche davanti sullo sterrato con Terpstra e Renshaw».
Durante la presentazione della corsa hai affermato di sentirti ancora corridore più che organizzatore. E ora che è finita?
«La veste di organizzatore me la devo ancora sentire, lo spirito è sempre quello del corridore che risolve problemi minuto dopo minuto anche con un po’ di improvvisazione. E di inconvenienti ce ne sono stati tanti. È un po’ come nelle corse: si organizza tutto a puntino con i direttori sportivi alla vigilia poi in corsa sopraggiungono problemi e si deve improvvisare. Qui è lo stesso, anche se le dinamiche sono diverse ed è improprio parlare di improvvisazione. Faremo tesoro di tutte le esperienze per creare una squadra competitiva come un team di professionisti».
Più difficile vincere un Mondiale o organizzare una corsa così?
«Molto più difficile l’organizzazione, anche perché richiede una serie di conoscenze che io non possedevo. Un conto è correre, le tematiche sono completamente diverse».
Da Trieste, Diego Barbera