Non ha mai corso, ma corre come un forsennato. Non sta mai fermo: è perennemente fuori comune e per uno che è vicepresidente vicario dell’ANCI (dal 2018, ndr), l’associazione dei Comuni d’Italia, è un bel paradosso.
Roberto Pella è il nuovo presidente della Lega del ciclismo professionistico dal 30 aprile scorso. Classe 1970, quella di Marco Pantani tanto per fare un nome, Pella nasce a Biella il 6 marzo, ma è residente con la signora Elisabetta (ginecologa, ndr) e la figlia Carolina (19 anni, ndr) a Valdengo di cui è sindaco da tre mandati consecutivi (nell’ultima tornata è stato rieletto con l’86% delle preferenze) più due dal ’95 al 2004 come secondo sindaco più giovane d’Italia (24 anni, ndr), intermezzati da ruoli alla presidenza della Provincia e all’assessorato allo sport della Città Capoluogo.
«Ho sempre avuto la passione per il ciclismo, per due motivi. Il primo per due miei cugini: Adriano Pella, corridore professionista alla Germanvox e Scic, Zonca e Selle Royal, dal 1970 al 1977 e vincitore anche di una tappa alla Parigi-Nizza (semitappa nel 1970, ndr). Adriano aveva un compagno di squadra che di nome faceva Celestino Vercelli, professionista anche lui dal ’69 al ’78 e fondatore della Vittoria scarpe, che sposò mia cugina Ileana Pella ed è mancato troppo presto nel 2020. Bene, grazie a questi miei due cugini – uno acquisito - sono cresciuto in pratica in mezzo al il ciclismo. Quelli che cominciano ad avere qualche capello bianco, si ricorderanno anche che immediatamente dopo il Giro d’Italia, a Valdengo si disputava il circuito del Castello, che negli anni è stato vinto da Gimondi a Balmamion, Saronni e tanti altri. Ma chi mi ha fatto davvero innamorare di questo sport, non sono solo i miei cugini, ma i miei adorati nonni, Adelina e Augusto che erano due grandissimi appassionati. Visto che i miei genitori - mamma Mariangela e papà Ezio - erano impegnatissimi a mandare avanti le nostre aziende, io sono cresciuto a casa loro. Ed è con i nonni che ho contratto questa autentica “malattia” per le due ruote. Le corse, di qualsiasi genere e tipo, in casa loro non passavano assolutamente inosservate e io mi sono appassionato come non mai, senza però aver mai inforcato una bicicletta».
Per chi faceva il tifo?
«La cosa bella è che mio nonno tifava Moser e mia nonna Saronni. Io, che li adoravo entrambi, da buon democristiano (deputato di Forza Italia per due legislature, ndr) mi sono sempre tenuto sul doppio binario».
Ora però ha come vicepresidente di Lega Beppe Saronni.
«E questa è una grande fortuna: avere un uomo della sua esperienza nel nostro consiglio non può che far bene».
Cosa fanno i suoi genitori.
«Papà, classe 1942, ha seguito le orme di mio nonno, che aveva creato un’azienda di autotrasporti, anche se oggi è mandata avanti da due miei cugini. Mia mamma, classe 1948, è invece ancora sul pezzo e si occupa di guidare le nostre tre aziende tessili, di cui io sono amministratore delegato».
Figlio unico?
«Sì».
Cosa le piace del ciclismo?
«Tutto. Mi piace il ciclismo in sé e quello che genera. Amo le corse e l’amore dei tifosi che scelgono di scendere in strada per familiarizzare, fare festa e festeggiare i corridori. Non per niente io ho sempre dato una grande mano agli organizzatori di corse di ragazzini, che a Valdengo sono all’ordine del giorno».
Adesso che è presidente di Lega qualche giro in bici dovrà pur farlo…
«Ho pedalato al Giro E in occasione della Valdengo-Oropa, per poco non ci rimettevo le coronarie. Nonostante la bici fosse a pedalata assistita, a 3 km dalla vetta di Oropa ho finito la batteria. Fortuna vuole che ci fossero tante persone che mi hanno riconosciuto e mi hanno letteralmente tirato su a spinta, altrimenti non sarei mai potuto arrivare su in cima. Mi creda, gli ultimi 300 metri transennati mi sono sembrati interminabili, una follia così non la farò mai più».
Con il Giro d’Italia ha invece un rapporto speciale.
«È il nostro fiore all’occhiello nel mondo, ho un rapporto speciale con il presidente di Rcs MediaGroup Urbano Cairo e l’amministratore delegato e direttore generale di Rcs Sport Paolo Bellino, così come con il direttore del Giro Mauro Vegni, che con Stefano Allocchio sono cittadini onorari di Valdengo. Il Giro, come tutte le corse d’Italia, è il veicolo principale per valorizzare le nostre bellezze, la nostra cultura, i nostri territori eno-gastronomici. Io ho portato a Valdengo due volte il Giro, nel 2014 e nel 2017. Quest’anno, come vi ho appena raccontato, dalla mia piccola cittadina è partita una tappa del Giro E».
Cosa le piace del ciclismo?
«Leggo che i club di calcio cercano in tutti i modi di rendere gli stadi a misura di famiglia, ecco, il ciclismo lo è da sempre. Il ciclismo è fatto di incontri, di brindisi e braciole a bordo strada. È aggregazione, condivisione. È un’esperienza bellissima. I dati statistici ci dicono che ogni volta che c’è un evento di questa portata il turismo aumenta di sette/otto volte e il ritorno economico da un investimento fatto è di cinque/sei volte».
Il ciclismo è anche stile di vita.
«Esattamente e deve esserlo sempre di più. Oltre che di sport e di politiche giovanili, come Anci sono anche delegato alla salute: l’utilizzo della bicicletta è una delle possibilità più grandi che abbiamo per ridurre i costi della sanità pubblica. La bicicletta aiuta nuovi stili di vita. Gli Emirati Arabi e il Bahrain hanno investito e stanno investendo nel ciclismo proprio per questa ragione e mia intenzione è proprio aprire come Lega interlocuzioni con il Ministro dell’istruzione Valditara e il Ministro per la Salute Schillaci per accelerare, perfezionare e promuove il ciclismo e la bicicletta come stile di vita, ideale per combattere le malattie non trasmissibili».
La Lega deve anche pensare a facilitare la trasmissione televisiva dei vari eventi.
«E in questa direzione ci muoveremo. Questi eventi dobbiamo sostenerli e per questo voglio arrivare ad un’autoproduzione e una collaborazione molto forte con la Rai per far conoscere il ciclismo italiano nel mondo. Pensi che se una corsa in Italia viene seguita da 100 persone, all’estero la seguono in 500. Il modello italiano piace molto. Ma dobbiamo anche porre basi solide e continue per una crescita commerciale. Credo che una Lega forte possa essere di aiuto anche per la Federazione. Dobbiamo generare nuovi introiti».
Deve essere una Lega forte, sostenuta anche dalla politica.
«A tale riguardo ho voluto prevedere la costituzione di un Comitato Politico Istituzionale con la presenza di membri di Parlamento, Regioni, Comuni e Province per definire accordi quadro, una convenzione per agevolare la gestione del ciclismo nelle Istituzioni».
Ci sarà ancora spazio per la “Ciclismo Cup”?
«È chiaro che è un format che va rivisto e attualizzato, ma è necessario riproporre qualcosa di analogo».
Con Rcs Sport c’è magari da creare un tavolo di negoziazione per garantire un invito al Giro d’Italia e non solo.
«È la chiara priorità del progetto “Ciclismo Cup”».
Sa che uno dei nostri fiori all’occhiello è costituito da Radio Informazioni, che è stato modello per tutto il mondo.
«Ci credo tantissimo e va potenziato per una migliore diffusione, così come è fondamentale rinegoziare le tariffe ministeriali per le frequenze radio».
Sa che gli organizzatori si attendono molto da lei?
«Lo so, ma io non sono solo: se facciamo squadra, faremo grandi cose. Il ciclismo ha potenzialità enormi: l’importante è pedalare tutti assieme, nella stessa direzione».
Un sogno.
«Ne ho tanti, ma il primo più che un sogno è un’urgenza, una grande necessità: rendere le nostre strade e le nostre corse sempre più sicure. Dobbiamo fare sistema, accelerare questo progetto educativo e di sensibilizzazione in ogni direzione. Di sfide ne abbiamo parecchie, questa è in cima alla lista».