Caro Direttore, si dice, e ancora lo si sostiene, che il confronto e il contraddittorio siano parti essenziali di ogni comunità che individui nel miglioramento, o "progresso" che dir si voglia, la finalità fondante il proprio determinarsi ed agire.
Se così è, anche perchè non è del tutto pacifico che lo sia per tutti, è ben condivisibile l'auspicio che formuli nel tuo recente Editoriale per questo santo mese di dicembre nei seguenti ed accorati termini:
«...Vorrei e mi auguro che nella nostra grande famiglia del ciclismo, il prossimo anno chiamata a rinnovare le cariche, prevalga il senso di responsabilità e comunità... Spero e mi auguro che... si sappia lasciare da parte i rancori e i veleni che ci accompagnano da troppo tempo... C'è bisogno di... un patto tra le parti: per il bene di tutti, per il bene del ciclismo... Abbassiamo i toni... Non è sopportabile questo clima da guerriglia tra bande... Vogliamo provare a fare il bene del ciclismo tutti assieme?...».
Ineludibile, e almeno qui voglio credere che davvero si sia tutti d'accordo, «...Nel frattempo, Buon Natale».
Tutto molto bello, tutto molto ecumenico. Tutto molto difficile, però.
Sai bene del mio gran brutto vizio di dire ciò che penso e, quel che a volte è ancora peggio, del mio fare poi ciò che dico. Di questi tempi, in cui a ben pochi è ancora risaputo cosa significhi la parola data, l'esprimersi con chiarezza, il dire le cose come stanno senza accettare compromessi o lusinghe, viene scambiato per intransigente determinazione. Ed è ovvio che sia così, quando della coerenza, per non parlare della vergogna, se ne sono ormai perse le tracce.
D'altra parte, non conta forse solo vincere, senza farsi troppi scrupoli del come si è prevalso o di chi ne siano effettivamente i meriti? Non è costante refrain quello della Federazione plurimedagliata, dimenticando e omettendo quanto tempo hanno richiesto certi prestigiosi risultati, e chi vi ha contribuito con professionalità e con il proprio lavoro quotidiano? Che dire, poi, dell'apparire in ogni occasione nella quale, neppure a dirlo, valga la pena di esserci e del totale tacere, di un silenzio imbarazzante ed insieme disarmante, quando invece proprio chi ha oneri e responsabilità istituzionali dovrebbe essere in prima fila per tutelare il movimento ed il patrimonio Ciclistico nazionale?
Di certo, da apprezzato direttore di lungo corso in contesti ciclistici e, non lo si dimentichi, da presidente dei Giornalisti Sportivi della Lombardia, se menzioni espressamente un insopportabile "...clima di guerriglia tra bande..." in quella che - forse un tempo - poteva definirsi la "...nostra grande famiglia del ciclismo..." avrai le tue sicure fonti e altrettante buone ragioni per un'affermazione così grave, più adatta ad una consorteria criminale che ad una Federazione sportiva. Spero tu abbia torto, ma magari hai ragione.
Però, se così fosse, con altrettanta sicurezza hai già risposto al tuo auspicio, stroncandolo sul nascere: NON CE LA FACCIAMO.
Sarà pure dicembre e, tra non molto, sarà anche Natale, ma per quanto si sappia, d'ordinario la guerriglia tra bande trova conclusione solo quando si sono definitivamente "regolati i conti". Vince chi prevale, e non si fanno prigionieri.
Cordialità.
Fiorenzo Alessi