Remco EVENEPOEL. 10 e lode. Gioca con gli avversari e si diverte anche. Ci diverte, eccome. Ci tiene svegli e ci riempie il cuore. Vince un mondiale alla sua maniera (parte a due giri dalla fine e arriva con più di 2’ di vantaggio), con attacchi previsti e prevedibili, prendendo la corsa di petto e comandandola come solo lui sa fare. Sì, con lui si può usare il termine “cannibale”, per come ricerca il successo, per come lo confeziona, per come aggredisce strada e avversari. Mai appagato, nemmeno dopo una serie di vittorie dal peso specifico importante, come Liegi e Vuelta, vince come da juniores (Innsbruck, due ori, sia in linea che a crono), quando il mondo intero si accorse di lui, di come fosse di un altro pianeta e di come fosse diverso da tutti. Ci fu qualche osservatore – in questo caso televisivo – che provò anche a limitarne la grandezza e a svilirne l’impresa. Troppo guascone e presuntuoso – disse - tra i prof il mondo gli cambierà sotto i pedali. Sarà, ma Remco è rimasto quello lì: davanti ad attaccare e gli altri ad inseguire, tra borbottii e meraviglia.
Christophe LAPORTE. 7. Vince alla grande la volata per la medaglia, ma come tanti dorme quando parte il bimbo bionico.
Michael MATTHEWS. 7. Era dato tra i grandi favoriti della vigilia e sulle sue strade non si fa sorprendere, o meglio, un po’ sì.
Wout VAN AERT. 6. È l’unico che aveva la giustificazione a non muoversi e lo fa suo malgrado. Poi fa una volata che non lo vede esplosivo come ci si poteva immaginare.
Matteo TRENTIN. 7. Corridore di livello che non scopriamo di certo oggi. È l’uomo d’esperienza, il regista in corsa, l’uomo di raccordo e alla fine è lui a mettere tutti d’accordo.
Peter SAGAN. 6. Sornione sornione alla fine è ancora lì, con il meglio del mondo.
Alberto BETTIOL. 6. Ha una buona condizione e si vede, resta solo da capire se un uomo come Evenepoel non andava marcato fin da subito.
Lorenzo ROTA. 7. È l’uomo dell’anno, il primo degli italiani nel ranking mondiale e si conferma in stato di grazia. Fa tutto bene, molto bene, arrivando a giocarsi la medaglia d’argento con Alexey Lutsenko (Kazakistan), Mauro Schmid (Svizzera) e Mattias Skjelmose (Danimarca), ma sul più bello come i compagni d’avventura si fa prendere dalla paura di perdere e perde: tutto. Peccato davvero, perché una medaglia la meritava lui e se la meritavano tutti i ragazzi di Bennati. L’ultimo chilometro è da dimenticare, con quel “surplace” folle e lesionista, con quell’attesa che sa di resa, ma nel complesso il voto non può che essere più che positivo. Se critichiamo Rota e gli azzurri, al resto della brigata mondiale cosa dovremmo dire e dare?
Tadej POGACAR. 5,5. Non appare mai brillante, è lì più per il talento innato che ha, che per le sue reali condizioni di forma.
Julian ALAPHILIPPE. 5. Alla fine sorride per il compagno di club che si prende la sua maglia iridata. Resta in famiglia e questa è l’unica nota lieta della sua giornata.
Biniam GIRMAY. 5. Non bene, non dà mai l’idea di poter fare qualcosa di buono. Per il Continente nero una giornata nera.
Mathieu VAN DER POEL. 10. Conosceremo meglio le dinamiche di una notte insonne, ma gli siamo vicino. Non deve essere piacevole avere alla porta degli scalmanati, così come non deve essere piacevole passare in commissariato buona parte di quella notte che doveva essere riservata al riposo.
Samuele BATTISTELLA. 7. Tempestivo e generoso, ad un certo punto se ne va con Plapp, O'Connor, Sivakov e Serry. Prima conduce l'inseguimento, poi suona la carica. Mondiale di sostanza e di prospettiva.
Jurai SAGAN. 6. Dopo solo 12 km la strada spiana e sull'abbrivio parte un manipolo di corridori. Sono in dodici: Pier-André Coté (Canada), Bilguunjargal Erdenebat (Mongolia), James Fouché (Nuova Zelanda), Michael Kukrle (Repubblica Ceca), Emils Liepins (Lettonia), Scott McGill (Stati Uniti), Lukasz Owsian (Polonia), Simon Pellaud (Svizzera), Jaka Primozic (Slovenia), Juraj Sagan (Slovacchia), Guy Sagiv (Israele) e Nicolas Sessler (Brasile). Sono loro i primi a muoversi. Sono loro a cominciare la narrazione iridata.
Daniele BENNATI. 6,5. Porta una nazionale esperta con Matteo Trentin e Alberto Bettiol (punti di riferimento anche della precedente gestione) e una serie di ragazzi che si faranno le ossa e fanno già vedere di che pasta sono fatti. Nel complesso la corsa è buona, non si può dire che non si sia stati protagonisti. Non si può dire che si sia subita la corsa. Battistella Rota e Conci pimpanti come pochi, i due “esperti” Trentin e Bettiol che alla fine entrano nella top ten. Manca forse Bagioli, dal quale era lecito aspettarsi qualcosa di più. Per il resto ci resta l’amaro calice di una medaglia sfumata sul più bello e quell’interrogativo che non riguarda solo noi, ma anche noi: ma uno come Remco Evenepoel lo si manda via così? Un nostro uomo di “peso” non doveva essere con il piccolo cannibale? Interrogativi che attendono risposte, ma intanto chiudo con un'altra domanda: quanti avrebbero pronosticato due italiani nei primi otto? Dai, come prima uscita va bene anche così.