Metti il Campionissimo, un paese di sportivi, un maestro che ha fatto del racconto dello sport e del pallone la sua vita, trovi qualche amministratore illuminato ed eccola, la magia.
Che si è concerizzata a mezzogiorno di ieri sul Monte Quarin, balcone inarrivabile per bellezza che si affaccia su Cormòns, quando sarà inaugurato il cippo con la scultura dedicata a Fausto Coppi, quel volto in bronzo realizzato dallo scultore Paolo Todeschini di Milano a metà degli anni Cinquanta e che era stato dimenticato e travolto dall’incuria per decenni nella zona del Palasport e del campo sportivo.
Protagonista della rinascita è l’assessore allo sport Massimo Falato, tra i protagonisti di quell’idea di oltre sessant’anni fa fu l’allora giovane difensore della Cormonese calcio, che poi la sua impronta a suo modo l’ha lasciato nello sport, Bruno Pizzul.
«È stata un’emozione unica – racconta l’83enne “The Voice” – perché per me è come fare un salto indietro nel tempo in quella che fu una delle età dell’oro dello sport italiano, anzi forse l’età dell’oro per eccellenza».
Torniamo indietro proprio grazie al “nostro” Bruno. «Coppi, la rivalità con Bartali catalizzarono l’attenzione della gente nel dopoguerra. I due campioni e gli altri eroi del ciclismo, o del calcio, o coloro che vinsero medaglie d’oro alle Olimpiadi riabilitarono agli occhi del mondo un’immagine dell’Italia uscita malconcia dalla guerra. Cormòns si divise, come tutti i paesi, in “coppiani” e “bartaliani”. Covo dei tifosi di ciclismo fu il bar di Marino Bigot, un uomo di sport, fondatore di quella sezione di arbitri di calcio che produrrà poi due fischietti di grido come Toselli e Barbaresco. Bigot era “malato” di ciclismo, fuori dal suo locale al termine delle tappe del Giro, del Tour e delle grandi corse appendeva un cartellone con i risultati. In epoca solo radiofonica ci si riuniva tutti lì a discutere, fantasticare. Immancabili erano poi le trasferte che Bigot organizzava sulle dolomiti ad ammirare da vicino i campioni».
Lo stesso Bigot avviò una sottoscrizione per realizzare un monumento in onore del Campionissimo. «Era il 1956, lo ricordo benissimo perché giocavo nella Cormonese, l’anno dopo sarei passato al Catania. Partecipai con entusiasmo alla sottoscrizione con mille lire, una bella cifra, parte di un premio partita che avevo ricevuto dopo un bel risultato in quarta serie». L’opera fu commissionata all’artista milanese Todeschini. Non uno qualsiasi. «È quello che realizzò anche il busto di Nereo Rocco a Milanello – ricorda Pizzul – Bigot fece le cose in grande perché grande era Coppi».
Un campione assoluto, inimitabile sulle strade e in pista ma le cui vicende oltre alle vittorie, si pensi alla morte del fratello Serse, ai vari infortuni, la Dama Bianca o la morte improvvisa a 40 anni, diventarono questioni di stato capaci anche di dividere.
«E chi non era tifoso di Coppi? Chi non ha sognato per le sue imprese? La sua grandezza era irraggiungibile, eppure io tra i due preferivo Bartali anche se tifavo per lo svizzero Ferdi Kubler di cui poi divenni anche buon amico. Strano no? Eppure il campione del mondo a Varese, dopo aver vinto pochi mesi prima il Tour, era il mio preferito». Ma Coppi è sempre Coppi. «Ed è stato bellissimo aver recuperato quella scultura e averla piazzata in un luogo strategico come il Monte Quarin, immancabile meta dei cicloturisti che sempre di più si vedono da queste parti attirati dai tanti strappi simili alle cotes delle Ardenne». Oggi a mezzogiorno sul Quarin è come se accanto al Campionissimo riapparissero Marino Bigot e quei ragazzi innamorati del ciclismo che non ci sono più e parteciparono alla sottoscrizione col farmacista, il prete, il maresciallo dei carabinieri, insomma il cardine di quel “covo” di coppiani e di innamorati dello sport che era spuntato in via Matteotti a Cormòns in quei meravigliosi anni Cinquanta.
da Il Messaggero Veneto