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VEGNI. «AMO LA PLAYSTATION E LA JUMBO LA MANDEREI AL COLOSSEO...»
di Pietro illarietti | 10/11/2020 | 10:29

«Nel tempo libero gioco a playstation o ascolto musica. Il Giro 2021 verrà presentato a gennaio on line e il prossimo anno farò dormire la Jumbo al Colosseo. Tra i corridori manca un leader. I team professional? I chilometri in fuga li fanno per i loro sponsor non per il Giro. Sagan un buon investimento». Un Mauro Vegni a 360° quello che è intervenuto da Lello Ferrara 3.0 e che ha risposto a molte domande di vario tipo. Eccone una sintesi. 

Cosa fa Mauro Vegni nella vita oltre RCS?

«Sono una persona normale. Amo stare a casa, visto anche il tipo di lavoro che svolgo, che richiede molti spostamenti. Purtroppo non sono nonno... ma gioco alla Playstation e ascolto musica».

Come nasce il Giro?

«Si parte dalle località che chiedono di essere sedi di tappa. Quindi dobbiamo mettere assieme le linee. Poi si passa a considerare le esigenze tecniche: facciamo dei sopralluoghi per verificare che ci siano le condizioni necessarie. Ovviamente un altro aspetto da tenere in considerazione sono le ricorrenze storiche e gli anniversari, in modo da essere in sintonia con il Paese Italia. Infine facciamo in modo che le tappe con maggiore share siano il sabato e la domenica. In un Giro sono coninvolti almeno 500 comuni: noi li avvisiamo tutti del fatto che la corsa passerà nel loro territorio. Basta che uno di questi si opponga al transito che il progetto deve essere risistemato».

Ci sono differenze tra le richieste economiche rispetto alle città di partenza e quelle di arrivo? 

«La proposta naturalmente è legata a cosa viene restituito al territorio. In una edizione tradizionale, l'arrivo è una fase più televisiva mentre la partenza è più live e la gente riesce ad avere più contatto con i personaggi di questo mondo. Il ciclista, rispetto ad altri sportivi, è un atleta che si lascia avvicinare volentieri. Certo quest'anno non è stato possibile». 

Come è stato gestire la situazione legata al Covid?

«Al Tour qualche positivo c'è stato e li abbiamo avuti anche noi. Sono felice per gli amici spagnoli che non hanno invece avuto casi. Sono stati bravissimi. Io comunque guardo dentro casa mia e ho visto il sacrificio che abbiamo sostenuto per mantenere integra la bolla. Dal 30 settembre al 26 ottombre, personalmente non sono mai uscito dall'hotel assegnato, mai un caffè all'esterno. Abbiamo cercato di tenere la bolla integra con un grosso sacrifico personale. Volevamo tenere al sicuro sia i corridori che chi lavorava con me. Sono stati effettuati 6000 controlli, abbiamo funzionato come una Asl. Io sono sereno e non ho nascosto niente. Le cartelle sono al Centro Diagnostico Italiano e non ne sono in possesso. Nel nostro Paese esiste una legge penale se vengono nascoste situazioni particolari: quello che avete letto sui giornali è quello che è stato riscontrato». 

Sei arrabbiato con le squadre?

«Sono arrabbiato con una, l'altra si è ritirata dopo averne discusso con me. Con la Michelton Scott c'è stato un confronto e loro sono stati molto onesti. Sono più arrabbiato con la Jumbo Visma per come se ne sono andati, non c'erano parametri tali da far pensare ad una decisione simile. In secondo luogo, non era il modo di lasciare. Si son presentati a un quarto d'ora dal via e ci hanno messo di fronte al fatto compiuto».

Ce l'ha con De Gendt?

«Lui ha ritrattato e si è scusato. Qualcuno (Marc Madiot, numero uno della Groupama FDJ e presidente della Lega francese, ndr) dice che se i corridori non hanno voglia di faticare devono cambiare mestiere. Purtroppo, tra i corridori basta che uno dica qualcosa e si crea la comunella... lì nasce il mio rammarico. Credo che anche chi guida gli atleti abbia perso di mano la situazione. Non si può venire 5 minuti prima del via e avanzare pretese: per la tappa di Morbegno non è vero che io sapessi qualcosa dal giorno prima. L'altra cosa che mi dà fastidio è che arrivino corridori stranieri e vogliano dettare legge a casa nostra. Una volta dominava l'italianità, oggi è il contrario e ovviamente c'è un problema di lingua. O c'è un vero leader e allora cambiano le cose o allora anche per gli italiani è complicato». 

Tanti credevano che il Giro non arrivasse a Milano.

«Abbiamo lasciato che una squadra americana ci provasse».

E' stato un Giro di qualità?

«Molti dei nostri denigratori non considerano che da agosto siamo stati perseguitati dalla sfortuna. Ad esempio, aspettavamo Evenepoel (caduto al Lombardia con frattura al bacino) che veniva a fare il suo primo grande giro in italia. Poi la caduta di Lopez e quella di Thomas nelle primissime tappe. Sembrava una cosa fatta scientemente. Il Giro è stato comunque bello e sono venuti fuori tanti giovani atleticamente e psicologicamente già preparati alla pressione di una grande corsa a tappe. Siamo nel momento di cambio generazionale e lo hanno visto tutti. E' stato comunque un gran bel Giro».

I fatti di Morbegno?

«Per noi era importante far ripartire lo sport. Per mesi i corridori hanno chiesto di correre e in una giornata hanno sciupato tutto il grande lavoro che avevano svolto per il Giro. Non lo meritavano loro e nemmeno noi». 

Il prossimo Giro è pronto?

«Sulla carta sì. Siamo in lockdown e non riesco ad andare a vedere niente. Dobbiamo fare le verifiche sul territorio». 

A quando e in che modalità la presentazione?

«A Gennaio attraverso il sito. Farla in studi TV o in teatro non sarà possibile per evidenti ragioni». 

La presenza di Sagan al Giro 2020?

«E' stato un grande investimento per noi. Non siamo andati noi da lui, ma è venuta la squadra a proporsi. Lui ha promosso in modo eccezionale l'evento e poi abbiamo presentato belle clip e mi complimento con i miei ragazzi per quanto è stato realizzato. Peter è un personaggio ed era rammaricato perchè avrebbe voluto dare di più, ma aveva il Tour sulle gambe e pochi chilometri di preparazione». 

Il prossimo anno dove mandi la Jumbo a dormire? In stalla?

«No al Colosseo... Scherzi a parte, dobbiamo tener presente della stagionalità e garantire omogeneità nei trattamenti. A ottobre abbiamo avuto tantissime difficoltà per la riapertura dei vari esercizi, sia per il lockdown che per la fine della stagione turistica e per questa ragione abbiamo dovuto costringere le squadre a fare qualche chilometro di spostamento in più. Tieni presente che siamo una carovana di 2.000 persone che si spostava fuori stagione...».

Maglia verde di nuovo in gruppo?

«Ho voluto tra le prime cose riportare la maglia ciclamino al Giro. Datemi qualche anno e tormeremo... non lo escludo». 

La selezione squadre come avviene?

«Avevamo chiesto di ridurre il numero delle Wordl Tour. 18 era un sistema troppo bloccato e volevamo portarle a 16. In realtà poi sono diventate 19 e la ventesima, che è la prima tra i ProTeam, può dire di no alla partecipazione. Quest'anno per avere le tre italiane ho dovuto lavorare parecchio proprio con la ventesima squadra. Mantenere questa situazione è complicato. Ogni anno lo ripeto ai team manager che mi vengono a trovare. Preferirei avere il numero chiuso in modo da evitare questa situazione e non mi metterebbe tutti gli anni nella condizione di dover dire di no ad un team e alla solita storia che la squadra rischia di chiudere. Lavoro per un'azienda che ha interessi economici anche in altri Paesi e non solo in Italia e guardo anche alla qualità dei risultati. Non mi interessa nulla dei team che vanno in fuga tutti i giorni. Lo fanno per loro stessi». 

La Milano-Sanremo. Su quale percorso?

«Non è ancora nei miei pensieri. Personalmente la gara ha una sua identità sulla costiera ligure... però gli atteggiamenti tenuti quest'anno vanno tenuti in considerazione. Credo siano state fatte delle strumentalizzazioni politiche, non certo da appassionati».

 

 

 

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