C’è aria di giubilo a Maddaloni, Lotte Kopecky è finalmente riuscita a portarsi a casa una tappa al Giro Rosa dopo un secondo ed un terzo posto negli scorsi giorni. La belga della Lotto Soudal lancia un urlo appena tagliato il traguardo, scende dalla bici e salta gioiosa. È incredula, dopo così tanti piazzamenti, non ci sperava nemmeno più. Sarebbero tante le cose da raccontare di Lotte: la telefonata ai parenti, gli occhi lucidi e la voce smorzata durante le interviste, ma la sua vittoria, il suo tanto rincorso trionfo, quasi magicamente finiscono per passare in secondo piano, schiacciati dalla cronaca che propone ben altro.
Finito quell’attimo di gioia generale, di applausi e di festeggiamenti, sale l’ansia e la preoccupazione. Nel gruppo di testa non si intravede la maglia rosa, «Ma dov’è finita? Forse ce la siamo persa» ci chiediamo. Dall’altoparlante ci avvisano che nell’ultimo chilometro c’è stata una caduta, tra le tante sono state coinvolte Marianne Vos ed Annemieke Van Vleuten, ma di loro non si sa ancora nulla.
La Cannibale taglia il traguardo spaesata, il volto deluso e crucciato per quanto accaduto, ma sembra non avere nulla di rotto. L’interesse per la fuori classe della CCC dura però poco, tutto d’un tratto si forma un muro di persone, di fotografi, di massaggiatori, di curiosi, e appena il muro si apre appare Annemiek Van Vleuten. Gli occhiali da sole celano l’espressione della campionessa del mondo, il volto rosso: sta soffrendo.
«No, no» dice al massaggiatore che la raggiunge al suo fianco mentre cerca di liberarsi dalla folla.
La campionessa del mondo si ferma proprio davanti a me, io sono scioccata, con un telefonino in mano pronta ad inviare le prime notizie alla redazione. Mi blocco di scatto quando vedo da vicino le conseguenze della caduta: la maglia della leader della generale è lacerata, sporca di terra, si vede la carne viva da cui fuoriesce il sangue, i gomiti sono sbucciati e dal mento escono gocce di sangue che vanno a finire sul manubrio della bicicletta.
Il massaggiatore le porge un fazzoletto mentre Annemieke prende posto sulla sporgenza di un cantiere. Scuote la testa affranta, mentre sollevando il braccio indica che è il polso che le fa male.
«il polso, il polso» ripete in continuazione con la voce flebile.
Mi sento in imbarazzo ad esserle accanto, capitata lì per caso, farei di tutto per andare via, ma non è quello ciò che devo fare. Vorrei aiutarla in qualche modo, dirle qualcosa, una parola di conforto e invece sono immobile, me ne sto a debita distanza e cerco di carpire quello che dice al massaggiatore che intanto fa segno di allontanarsi. Annamieke scuote la testa, lo ha fatto in continuazione da quando è arrivata, è una campionessa del mondo ben diversa da quella che abbiamo conosciuto in questi giorni: niente sorrisi, niente battute, niente finte, c’è solo la consapevolezza che forse quella, è una delle poche cose che non ha potuto controllare. Il suo sguardo è fisso sul polso, da vicino è innegabile che sia molto più che mal messo, ripete che quello che è successo non è possibile e che il Giro è finito, poi si alza di scatto e si avvia verso un’ambulanza, senza se e senza ma, verso l’ospedale più vicino.
Da quel momento inizia il buio totale, la lotta famelica per trovare un briciolo di informazione, le telefonate, la ricerca delle immagini, del dato, della notizia. In questi casi il lavoro del giornalista diventa tremendo, obbligato a diventare un avvoltoio, a fare tesoro di ogni sussurro, per battere tutti quanti sul tempo. Invece siamo tutti spaesati, non sappiamo assolutamente nulla e non mi vergogno nemmeno di ammetterlo, troppo scioccati da quello che abbiamo visto. Fino alla mattina convivevamo con la certezza che tra due giorni la Van Vleuten si sarebbe portata a casa l’ennesimo Giro d’Italia, invece dobbiamo fare i conti con il colpo di mano non previsto.
Sto ancora cenando quando il telefono vibra dandomi quella che è la vera notizia del giorno: Annemiek Van Vleuten lascia il Giro Rosa. Da quel momento c’è l’ennesimo vortice di scambio di informazioni, ma dopo il primo momento di frenesia mi blocco di nuovo, per la seconda volta in uno stesso giorno. Il mio pensiero va a Lotte Kopecky, che dopo l’ennesimo podio è riuscita a raggiungere il successo, che ne è stato di lei? Parleremo mai della sua vittoria? Un successo che dopo tutto è arrivato nel momento più sbagliato, eclissato da quella che è solo una disgrazia.
Il secondo pensiero va alla campionessa del mondo, fino a poche ore prima era quella che “Il Giro lo perde solo se cade o sbaglia strada”. E cosa diremo ora che tutto questo è successo veramente? Faremo i conti delle ferite, scriveremo delle sue disgrazie e poi come ogni giorno saremo costretti a fare tabula rasa, per fare spazio ad un’altra storia. Questo potrà essere il Giro che Annemiek ha perso o quello che semplicemente ha vinto qualcun altro, starà a noi scegliere a quale versione della storia vorremo credere.