«Ehi, lo zaino, lo zaino!»: c’è una voce alle mie spalle e, girandomi di scatto, mi trovo di fronte ad un viso femminile con la mascherina nasconde un sorriso immenso.
È appena finita la sesta tappa del Giro Rosa 2020, una giornata caldissima da Torre del Greco a Nola che si è decisa con uno sprint. Per ripararci dal sole cocente ci siamo rifugiate sotto il tendone dove molto presto si sono assiepate tutte le atlete premiate in attesa delle interviste.
Io ero entrata di scatto precipitandomi verso Marianne Vos cercando di dribblare tutti gli altri giornalisti, ma la coda dell’occhio mi aveva mostrato una ragazza che aveva attirato la mia attenzione: gli occhi rossi, segnati dal caldo e forse dalle lacrime, se ne stava in disparte osservando quasi di nascosto la vincitrice di giornata.
È solo nel momento in cui mi giro che metto a fuoco l’atleta: è Hannah Barnes, la seconda classificata della tappa che, sbracciando con tutta la forza che le è rimasta nel corpo indica lo zaino che porto sulla mia schiena.
Ora le lacrime sul suo volto sono scomparse, la mascherina colorata cela la sua espressione ma già dai suoi occhi si può comprendere che stia sorridendo. Io continuo a non capire l’interesse suscitato dal mio zaino: è Hannah a venire in mio soccorso, travolgendomi con un fiume di parole. Si tratta dell simbolo dei Los Angeles Rams, una squadra di football americano, la sua preferita in assoluto. Capisco che da me si aspetta la medesima reazione di giubilo, credendo di avere trovato una fan come lei, e così mi sento in colpa quando le dico di aver sempre ignorato il significato del simbolo e di essermi solamente concentrata sulla sua praticità. Ma Hannah non se la prende, anzi in pochi secondi mi spara una serie di statistiche e di dati che fanno di quella squadra la migliore in assoluto, però mette le cose in chiaro: lei è inglese, ma tifare quella squadra è concesso e comunque qualche giorno fa alla ripresa del campionato hanno già ricominciato a vincere.
Vedo emozione nei suoi occhi e capisco immediatamente che attendeva da tanto tempo di rivelare quella sua passione a qualcuno. Gioiosa lo ripete alla massaggiatrice, anche lei non esperta in materia di football americano, ma ad Hannah non pare interessare, la gioia di aver trovato un simbolo della sua squadra, è più grande di tutto.
A quel punto le chiedo una cosa io: «Sono lacrime di gioia o di tristezza? » e la sua riposta è più che immediata «Non lo so - mi dice di scatto - ma forse il ciclismo è bello proprio per questo. Oggi ho dato veramente tutto, sono arrivata al traguardo stremata e quando ho capito che ero seconda ero veramente dispiaciuta. Poi però mi sono guardata intorno, è il Giro Rosa, fa parte del gioco e poi non capita tutti i giorni di rischiare di battere Marianne Vos.»
Mentre mi racconta le sue emozioni ogni tanto stacca lo sguardo proprio sulla Vos, senza però scomporsi, ammirandola sempre da lontano. Sono state poche le parole che ho scambiato con Hannah Barnes, ma mi sono bastate per capire la sua discrezione, il suo non voler disturbare, l’entrare a passo leggero, ma poi dare tutto, l’incredibile voglia di raccontare una storia.
Spesso siamo abituati a pensare alle ragazze del Hiro come semplici atlete, cicliste concentrare solo nella competizione pronte a mandare a quel paese chiunque voglia sviare dall’argomento, ma Hannah non è certamente una di quelle: è bastato uno zaino con un simbolo di cui ignoravo il significato per aprire un mondo sconfinato. Sono cose che succedono per caso, quando vivi in quel mondo fino in fondo, è lì che non solo conosci le storie delle atlete, ma finisci con il diventare parte di esse.
«Guarda che domani alla partenza ti aggiorno sulla squadra, ti vengo a cercare» mi dice infine mentre si allontana. Io le rispondo con un segno di assenso, ben consapevole che dovrò passare la nottata a fare un corso accelerato di football americano.