Caro Direttore,
le propongo questa mia riflessione su quello che, sinteticamente, è stato definito il protocollo UCI in vista della ripresa delle competizioni ciclistiche professionistiche in questo 2020. Un anno a dir poco "del malaugurio", per tanti motivi che sono sotto gli occhi di tutti, con intuibili ripercussioni altresì per lo sport del ciclismo, ancorchè di scontato grado secondario. Pur tuttavia, trattandosi per molti uomini e donne di un'attività lavorativa, meritevole di motivata considerazione e, soprattutto, di adeguate e concrete tutele che ne preservino la funzione e, se si vuole, la stessa esistenza.
Sono sicuro che il testo integrale emanato il 15 giugno scorso in Aigle da esperti sotto l'egida dell'Unione Ciclistica Internazione sia ben conosciuto agli addetti ai lavori del mondo: vista la rilevanza del documento, non potrebbe essere diversamente. Su questa doverosa, specifica e compiuta conoscenza sono pronto a scommetterci la testa. Ovviamente non la mia, ma quella dello stesso Presidente dell'UCI, ovvero della massima Istituzione Mondiale del Ciclismo. Peraltro, qualche piccolo dubbio sulle effettive capacità non tanto divinatorie quanto, e basterebbe, di comune buon senso di questa osannata istituzione mi è cominciato a sorgere fin dalla lettura del "Titolo" posto al documento in questione: testualmente, dall'originaria e ufficiale lingua francese, "CONDOTTE DA TENERSI NEL CASO DELLA RIPRESA DELLA STAGIONE DEL CICLISMO SU STRADA NEL CONTESTO DELLA PANDEMIA DA CORONAVIRUS"! Roba, almeno per me, da saltare sulla sedia, e non certo dall'entusiasmo.
Quel mio "piccolo dubbio" si è via via ingigantito fin dalla lettura delle 8 righe poste a preambolo delle accennate condotte da tenersi in vista di una apparentemente futuristica e ipotetica "ripresa della stagione del ciclismo su strada" in regime di pandemia. Visto che, come risolutamente credo, tutti le avranno lette queste... fatidiche otto righe, non la faccio lunga: 1) le esigenze e le raccomandazioni del "protocollo" UCI restano subordinate alle regole e leggi locali e nazionali; 2) il limite funzionale dell'organizzazione di eventi sportivi, come sono anche le competizioni ciclistiche su strada di un solo giorno o di più giorni, è quello di limitare i rischi legati a tali eventi "..sapendo che non esiste il rischio zero in materia di prevenzione delle malattie infettive in generale e di Covid-19 in particolare"; 3) il documento partorito dall'UCI deve "... essere considerato come suscettibile di evoluzione in funzione delle nuove conoscenze..." scientifiche e tecnologiche riconnesse ai test Covid-19. Dunque, com'è stato già autorevolmente definito, un raro esempio di protocollo evolutivo!
Una sorta di miraggio, una fantastica visione, una chimera: ecco cos'è un protocollo che si evolva... ad ogni refolo di vento, o ad ogni innovazione scientifica-tecnologica di ordine indubbiamente soggettivo, e mai oggettivo ed indiscutibile, suscettibile di modificazioni scientificamente altrettanto soggettive. Mi risulta che, a tutt'oggi, non vi sia una "scienza esatta" e men che mai specifica o inconfutabile per il Covid-19. Se così è, come a me pare proprio che sia, non siamo in presenza di un "protocollo", ma di una banale elencazione di aspettative e di pie intenzioni. Insomma, nulla di concreto ed efficace perchè i corridori e chi ha doveri e oneri organizzativi possa legittimamente ed efficacemente svolgere il proprio lavoro. Più che un "Protocollo" operativo, è una sorta di anonimo se non squallido menù: "stasera trippa... domani si vedrà". Se è su questo documento, pomposamente qualificato come "protocollo", che deve fondarsi la ripresa dell'attività agonistica ciclistica per ciò che resta del 2020, stiamo freschi!
Prova ne è, a livello di rispetto del complesso di prescrizioni protocollari dell'UCI e di una loro pratica e realistica attuazione, quanto recentemente accaduto, con tanto di espliciti filmati, in Slovenia alla prova per il titolo nazionale, per di più vinto da Roglic, non un brocco qualsiasi, che ha prevalso su altri ottimi professionisti. Non so se posso dirlo, ma lo dico ugualmente: finalmente si è un po' rivisto cos'è e com'è il ciclismo. Speriamo che duri, e che Dio ce la mandi buona.
Cordialmente
Fiorenzo Alessi