“Non risultano denunce, ma tante parole, molte allusioni, troppe zone d’ombra. Dal 2005, Salvoldi è il responsabile del settore femminile. Andavamo alle corse per fare presenza: grazie a lui e al suo metodo di reclutamento siamo una delle prime cinque nazioni al mondo, con vista sul podio olimpico di Tokyo 2020. Il procuratore ha aperto un fascicolo «contro ignoti» per indagare su «presunte condotte illecite poste in essere ai danni di atlete tesserate con la Fci». E ha convocato il c.t. per capire”, così oggi Luca Gialanella sulla Gazzetta dello Sport.
Un’ora davanti al procuratore capo della Federciclismo, che in precedenza aveva ascoltato l’ex pistard Chiappa. Il c.t. Edoardo Salvoldi detto Dino vede scorrere tutta la sua vita sportiva, mentre l’avvocato Nicola Capozzoli legge alcuni passi degli articoli di giornale che hanno fatto scoppiare il #MeToo azzurro. Salvoldi, come si sente?
«Sono molto stanco, questa vicenda mi ha consumato. Adesso vorrei solo essere lasciato in pace. Poter lavorare in pace», dice alla Gazzetta il Ct azzurro.
Perché l’hanno convocata?
«Perché sono il responsabile della struttura chiamata in causa. Non ho risposto a nulla riguardo a me stesso, non ci sono accuse. Da un punto di vista giuridico-sportivo non c’è niente di cui parlare. Dal lato etico-morale c’era da commentare quegli articoli e fare chiarezza». La voce del tecnico è pesante, ma rabbiosa.
Silvio Martinello ha parlato di situazioni indecenti e comportamenti inappropriati.
«Ho letto. Ma al procuratore ho detto che quando si parla di abusi, violenze, ricatti, violenza sessuale, non esiste niente, niente, e non mi sono mai accorto di nulla dei miei collaboratori. Confido che la giustizia prenda atto della correttezza dei miei comportamenti».
Esiste il #MeToo nel ciclismo?
«Non lo so. Di storie e leggende è pieno il ciclismo, ne ho sentite tante anch’io, ma qual è la verità o il limite?».
E ancora: «Se davo qualche indicazione? Certo. Per esempio non voglio che i massaggiatori parlino di ciclismo con le ragazze, non è il loro compito. Ma spesso la categoria si arroga la qualità di essere il confidente del corridore».
E sul tema peso? «Nella nostra società il linguaggio tra uomo e donna è diverso da quello tra uomo e uomo, non solo in ambito sportivo. Il peso non è un argomento pretestuoso, e che sia un parametro della prestazione non è una mia opinione contro quella di un altro. Ma non c’è allarmismo sull’esasperazione giovanile».
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