Maurizio Evangelista è l'autore della biografia di Felice Gimondi “Da me in poi” che ha scritto a quattro mani con il campione bergamasco. «La scomparsa di Felice Gimondi ci priva di un vero amico, un simbolo, un uomo ammirato, amato, rispettato. Ci resta il suo ricordo e quello di tante giornate vissute insieme, tra racconti, battute, risate. Ci ha fatto amare lo sport e il ciclismo più che mai. Grati per sempre» è il ricordo che la sua agenzia di comunicazione Vitesse ha affidato ai social questa mattina.
Nel libro pubblicato da Mondadori nel 2016 Evangelista e la leggenda dello sport che ci ha lasciato ieri sera raccontano la sua carriera e vita privata con il garbo e la simpatia caratteristici di Felice. Scorrendo le pagine l'autorevolezza del campione si scioglie nella saggezza dell'uomo che ha sperimentato trionfi e cadute. Gimondi ha scalato tutte le montagne più terribili ma ha dovuto spesso arretrare davanti a un uomo in carne e ossa come lui. Fiammingo, insaziabile fino alla bulimia da successo: Eddy Merckx, il fenomeno più straordinario che questo sport abbia mai prodotto, che ora lo ricorda con commozione. «Questa volta ho perso io» ha ammesso con grande dispiacere "quello lì", come lo chiamava il rivale di sempre.
Con questo libro, che oggi rileggiamo con particolare attenzione e affetto, Felice e Maurizio raccontano la storia del ciclismo del dopoguerra con la sapienza di un ultrasettantenne pieno di ricordi e di ironia. Per quanto le sue analisi siano taglienti, i giudizi netti, le parole di Felice non esondano mai nell'arroganza: la modestia, eredità della sua sana cultura contadina, non gli impedisce di essere autorevole. Qualche rimpianto ha resistito al passare del tempo, ma sono nulla rispetto alla consapevolezza di aver segnato un'epoca, spartiacque tra il ciclismo degli eroi e quello dei marziani. Da lui in poi, è stata tutta un'altra storia.
«Sono un po' disorientato, lo confesso - racconta Evangelista. - Ed ho un pensiero fisso in testa: che abbia almeno potuto morire contento, in un posto che amava, lui duro bergamasco che aveva tanti ammiratori nel Meridione e che prediligeva i luoghi del sole e del mare, Roma, Napoli, la Sicilia appunto. È stato tutto improvviso e inatteso, le ultime volte che ci eravamo visti o sentiti era in buona forma e in ottimo spirito. La vita è così, ti lascia quando meno te l'aspetti. Ho conosciuto da vicino una grande storia italiana che merita di essere ricordata, anche e soprattutto ora che Felice non c'è più».