L'altro ieri, in occasione della presentazione dell'UAE Cycling Tour 2019, abbiamo avuto modo di immergerci nella passione emiratina per le due ruote. Un amore sbocciato davvero da poco, ma che sta infiammando tanti giovani e meno giovani, contagiati dal debole per la bicicletta del principe ereditario Mohammad Bin Zayed, figlio dello sceicco Khalīfa bin Zāyed Āl Nahyān.
In mattinata, prima di scoprire le sette tappe che dal 24 febbraio al 2 marzo porteranno i migliori professionisti al mondo ad attraversare per la prima volta tutti e sette gli Emirati, abbiamo effettuato la ricognizione della cronosquadre nella suggestiva Al Hudayriat Island, la nuovissima isola dedicata allo sport inaugurata da pochi mesi.
Tutti i giorni lungo i 5 e 10 km di tracciato dedicato a chi pedala si allenano un migliaio di persone, tra cui in media duecento donne. Le ore predilette sono le 5-6 del mattino, prima che inizi l'orario di lavoro, e la sera, anche per evitare le alte temperature che caratterizzano la zona. All'esterno della pista riservata alle bici ne verrà costruita una per i podisti, così che per i numerosi appassionati di triathlon questa diventi davvero un'isola felice con tutti i servizi e i divertimenti che si potrebbero desiderare.
Essendo gli stradoni di Abu Dhabi non pensati per pedoni e ciclisti, chi vuole allenarsi (magari incontrando meno vento) in alternativa può girare nello Yas Marina Circuit oppure nell'incredibile Al Wathba cycling track, sulla quale abbiamo avuto la fortuna di pedalare al tramonto. Si tratta di una ciclabile nel deserto che presenta diverse lunghezze: 6-12-18-30 km tra le dune. In un silenzio incantevole e in perfetta sicurezza chiunque può usufruirne 24 ore su 24, 7 giorni su 7. All'ingresso c'è un negozio in cui si può noleggiare una bici o sistemare la propria e, a fine allenamento, sono disponibili spogliatoi e docce. A costo zero.
«Il nostro movimento è davvero giovanissimo, ma sempre più persone vanno in bici. Ricordo quando ho iniziato a pedalare pochi anni fa e gli amici mi prendevano in giro, la bici era un gioco da bambini mentre ora è cool» ci racconta Mohammed K. Al Hammadi, CEO dell'Abu Dhabi Cycling Club che ci ha accompagnato nella pedalata serale ed è stato un perfetto padrone di casa. «Purtroppo ci manca la cultura, la tradizione per questo sport, e chi è al volante non sa come comportarsi quando incontra una bici. Io stesso sono stato vittima di un grave incidente in strada, da allora pedalo solo nelle ciclabili come queste. Mi diverto con i miei amici, senza alcun rischio».
Mentre si fa buio, ma possiamo tranquillamente continuare a pedalare visto che la pista è ben illuminata, gli spiego che anche in Europa pedalare in strada è diventato molto rischioso. Vedere queste cattedrali nel deserto mi divide il cuore: da una parte le trovo bellissime realtà in cui praticare sport in sicurezza, dall'altra trovo incredibile che in una città così moderna usciti di casa non si possa poter camminare o pedalare senza rischiare di essere falciati dai veicoli a motore. Gli utenti deboli della strada sono rinchiusi in aree delimitate, protetti come animali in via d'estinzione. Nonostante questi pensieri mi affollino la testa mi godo la magia di pedalare nel nulla, scherzo con Joe e Federico, i due colleghi che stanno condividendo con me questa esperienza da pelle d'oca, e penso che forse anche in Italia ci farebbe comodo uno sceicco illuminato con una passionaccia per le biciclette. Mohammed mi sorride e mi porge la sua borraccia. Ci conosciamo da poche ore, ma siamo già fratelli. Il ciclismo è speciale. In qualsiasi posto del mondo ti trovi a pedalare. Anche nel deserto.