C’è poco da abusare di frasi fatte e immagini diventate slogan. Parlare di eccellenza e cura del dettaglio equivale ormai ad attingere a linguaggi non più in grado di evocare significati. Ma lì, in bottega, si è poco avvezzi alle parole. Giù il crapone, si bada solo a lavorare. Perché ogni anno ci sono tra le 1500 e le 2000 biciclette da realizzare, completamente a mano. Sagomando cavalli meccanici che hanno cavalcato 11 secoli e che oggi non disdegnano di galoppare verso il futuro, anche con l’aiutino dell’elettronica.
La Taurus è questo, una firma prima di un’azienda, un’icona di stile prima di un trend. Non c’è hashtag che tenga, quando si parla di biciclette che la strada l’hanno consumata per 110 anni e lo hanno fatto sempre muovendo due pedali: quello della solidità e quello della classe. Un “angelo tettuto” è l’inconfondibile stemma di un mozzo che da Milano, nel 1908, ha preso il volo in zona Vigorelli. Lì dove il Vigorelli ancora non c’era e nasceva una squadra di calcio a strisce azzurre e nere chiamata Fc Internazionale. Le sue conquiste oltre confine, la Taurus, le ha fatte partendo da Milano, toccando poi Sesto San Giovanni, per poi esaltarsi a Vanzaghello. Ormai sede storica della fabbrica, in un fazzoletto di terra che a Magnago oggi ha visto sorgere la Uae Emirates di Beppe Saronni e che da Abbiategrasso, poco più in là, ha visto partire la tappa del Giro d’Italia verso Prato Nevoso.
La Taurus, la sua storia l’ha scritta anche negli annali della Corsa Rosa. Rilevando il marchio di Learco Guerra e producendo lì, proprio nella provincia milanese, le biciclette con cui Charly Gaul vinse il Giro del 1956 e del 1959, dando seguito al bis di Carlo Clerici e Hugo Koblet del ’54. Di quei giorni, nei magazzini impolverati di fatica e sudore a Vanzaghello, oggi resta ancora qualche ricordo. Quattro mura anonime, che come in un riad marocchino nasconde all’interno le proprie bellezze: borsalini in pelle, rifiniture personalizzate, freni a bacchetta e la costante ricerca di esaltazione dei dettagli. Senza andare a discapito della funzionalità.
Perché il bello della tradizione è riuscire a coniugarla ai tempi che cambiano. Tanto che, in collaborazione con il Politecnico di Milano, nel mozzo è stato possibile concentrare il motorino Zeus, comandabile con un’app per smartphone, che mantiene inalterata l’estetica e la raffinatezza di quella che è stata definita “la bicicletta da viaggio più bella del mondo”. Come nel caso della Taurus Corinto, giudicata dal sito Redbull. Taurus, in altre parole, ricorda le proprie origini e va incontro al domani con la pedalata assistita. Tra cromature, ruote maggiorate e valorizzazione di artigianalità, visto che sono solo in tre a plasmare questi gioielli a due tubolari. Da Vittorio Emanuele a George Clooney, i pedalatori Taurus continuano oggi ad apprezzare la ricerca di un’identità ben definita. Così che oggi, sempre più, il significato eco friendly della bicicletta trova abbinamento nel marchio milanese in operazioni di abbinamento con marchi di moda e catene alberghiere.
Stefano Arosio