Serata dedicata al triathlon quella di ieri a Milano dove, presso Milano Cycling, era di scena l’incontro condotto dai preparatori Fabio Vedana e Simone Diamantini. Per l’esattezza il titolo era “Come fare triathlon con i giovani e con gli Elite”. Presenti anche 3 giovani speranze della triplice specialità: Verena Steinhauser (Bolzano), Ilaria Zane (Mestre) e Alessia Orla (Torino). Le tre convivono a Settimo Milanese per praticare ad alto livello la disciplina. Ospite la campionessa dell’ultra trail Francesca Canepa.
Ad aprire gli interventi i 2 coach che hanno spiegato l’essenza dello sport che prevede impegni che vanno dai 10’, distanze sprint, alle 16 ore per gli ultimi che gareggiano nell’Ironman.
Questa la radiografia del movimento italiano: “Contiamo su 15.000 tesserati, tanti se si pensa che anni fa erano 2.500. Il movimento è esploso. Le prime gare a Milano vennero organizzate dentro l’Università, nel 1992. Illustri i primi vincitori: Simone Moro (alpinista) nel 1992, Luca Guercilena (attuale team manager Trek Factory Team) nel 1993.
“Uno sport dove l’ordine mentale è al primo posto - l’introduzione di Fabio Vedana - e dove la competenza dell’allenatore è fondamentale. Il nostro è un lavoro artistico ed il risultato non è mai scientifico. La prestazione del coach è equiparabile ad un’opera d’arte, la performance dell’artista davanti al blocco di marmo: tutta da plasmare”.
La spiegazione è proseguita ed è stato dato risalto all’importanza degli aspetti tecnici delle 3 discipline. Tanti gli appassionati che hanno carenze su cui lavorare per ottimizzare le prestazioni e prevenire gli infortuni.
A seguire Simone Diamantini che ha ricordato come l’esperienza sia ancora alla base del lavoro di preparatore. “Tanti sono molto informati da internet, ma tutto va riportato alla logica ed alla fine il supporto di una persona competente è sempre fondamentale, anche per il professionista che necessita di un alter ego con cui confrontarsi”. Triathlon come scuola di vita: “Qui non esistono gli alibi, è una sfida con sé stessi. Per questo è importante avere metodo e saper gestire uno sforzo articolato i differenti fasi. Ad esempio nel nuoto si impegnano più le braccia, poi si esce dall’acqua ed il sangue deve circolare prontamente anche nelle gambe, vi è un adattamento importante dell’organismo”.
Le tecnologie vengono in aiuto ai coach: “Certo, ora si possono verificare gli allenamenti anche a 10.000 km di distanza. Il nostro lavoro è semplificato. Lavoro che resta alla base di tutto con gli atleti top che arrivano a sostenere anche 30 ore di allenamento settimanali”.
Chiara infine la posizione in materia di doping: “Ci sono
pochi soldi, e questo è il primo deterrente. Del triathlon ci si può ancora
fidare.”
Pietro Illarietti