Cari amici di tuttoBICI, eccomi qua!
Giusto per raccontarvi la meravigliosa esperienza sulle strade del Nord, più precisamente sulle durissime cotes ardennesi.
Dopo 2 Fiandre e una Amstel, ora è la volta della Doyenne, la mitica Liegi-Bastogne-Liegi in versione amatoriale: una randonnée di 280 km (il percorso lungo, 167 il medio con 4 cotes in meno e 85 km il corto con 3-4 cotes in tutto) dove gli organizzatori non ci hanno fatto mancare proprio nulla.
Perché ho scelto questo titolo?
Perché anche se arrivi “esimo” su un percorso del genere, come per qualsiasi altra classica monumento, è come se l’avessi vinta!!!
La partenza è “alla francese”, ovvero si stabilisce una fascia oraria per ogni percorso e ognuno si gestisce come vuole: può partire da solo o in compagnia di qualche gruppetto.
In questo modo si elimina l’agonismo esasperato che regna sovrano nelle GF nostrane e si dà più importanza al gesto atletico, al coraggio e alla forza di volontà che ognuno di noi mette nel misurarsi in questo genere di randonnée.
Dopo averla provata (e terminata), mi sono immediatamente reso conto di due aspetti: 1) le immagini televisive non rendono “giustizia” ad una corsa di una durezza senza pari; 2) proprio perché durissima ed estenuante, la LBL è una corsa vera: ti finisce km dopo km ed è impossibile nascondersi.
Pronti via e subito affronto i 111 km che mi separano da Bastogne: non c’è un metro di pianura, qui è fondamentale la gestione centellinata delle energie.
E’ tutto un su e giù su strade battute dal vento, spendere qui significa arrivare alle cotes con la spia della riserva costantemente accesa, in parole povere può voler dire : corsa finita.
Al km 80 ecco la prima delle dieci cotes, la Roche en Ardenne. E’ la più abbordabile, o forse è meglio dire che è la meno “velenosa”.
Ma nemmeno il tempo per pensare ed ecco che davanti alla mia ruota si erge, dritta come un fuso, la cote de Saint Roch. Una coltellata, è quella che ci fanno sempre vedere in foto (al km 132 le telecamere non ci sono ancora) con i corridori che salgono in mezzo alle case tra due ali di folla. E’ una rampa di garage, bella lunga, dove il 34x28 è d’obbligo. Come è d’obbligo pure nelle altre cotes, del resto.
Tremenda è la cosiddetta “trilogia”: Cote de Wanne - Stockeu - Haute Levée. A quel punto ho già 180 km nelle mie martoriate gambe che non ne vogliono sapere di girare come Dio comanda.
E questo è in effetti il momento più critico, crisi nera, nerissima. Sono sul punto di abbandonare e nemmeno io so come posso affrontare la cote du Rosier, km 200, in queste condizioni.
Poi, lungo la discesa verso Remouchamps mi accodo, con uno scatto che è solo di orgoglio, ad un gruppo piuttosto numeroso che mi fa fare 25 km di saliscendi ad una velocità folle: 45 orari e il computerino che segna 230 km.
Qui inizia la mia vera Liegi, qui comincio a divertirmi, a “sentire” quelle sensazioni assai difficili da descrivere ma che per un ciclista sono come ossigeno: testa presente e lucida e gamba bella piena, che tiene il rapporto e lo fa girare.
Con queste belle sensazioni punto la cinquina finale: Redoute - Forges - Roche aux faucons - Saint Nicolas e Ans. Devastante…
Il tutto è concentrato dal km 230 al 275: è il colpo di grazia, me lo sento, più volte l’ho pensato. E così è stato, la mazzata si è presentata sotto forma di pedalata un cicinìn pesante (ho il piombo fuso nei quadricipiti…) e la testa che sta per scoppiare in un urlo di ribellione.
Ma tengo duro, mi ripeto in continuazione che ormai è fatta, chissenefrega se sono finito come un calzino! La crisi c’è, ok, però ci sta e poi è arrivata ad Ans, poche centinaia di metri (in verticale pure quelli!) e in cima si gira e sono ai – 5 all’arrivo.
Giungo stremato al termine dell’ultima difficoltà e mi tuffo verso Liegi. Ma Liegi però….non arriva mai.
Ecco il cartello dei – 2, lo riconosco dalla ricognizione della vigilia; lo supero di slancio (si fa per dire…) e poco dopo vedo la flamme rouge, l’ultimo sospirato ed agognato ultimo km: curva a destra, breve discesa, curva secca a sinistra e ARRIVO!!!!
Ho terminato la Doyenne, ancora non ci credo, sto sognando e tra poco mi sveglio che ancora devo partire. Invece è tutto vero, verissimo. Medaglia e attestato del finisher e via in hotel a festeggiare e brindare all’impresa.
Eh sì perché,senza falsa modestia, proprio di un’impresa stiamo narrando. Un’impresa dove contano sicuramente le gambe, ben allenate con una solida base di fondo invernale; ma dove a fare la differenza è sempre e comunque la testa. Determinazione, motivazione e tenacia sono gli ingredienti indispensabili per trasformare una fatica bestiale in una giornata memorabile.
Alla prossima!!!
Marco Mazzucchelli