Oggi con un aereo che da Paris Orly mi riporterà a Milano Linate si chiude la mia seconda avventura olimpica da giornalista accreditata. Una ventina di giorni in terra di Francia, 60 pasti fuori casa, troppo poche ore di sonno, oltre 150 km percorsi a piedi con lo zaino sulle spalle, 24 viaggi in autobus e 7 uber, 650 fermate di metro macinate, ore e ore davanti al computer e con il cellulare in mano, non so quanti controlli per la sicurezza superati, quante interviste realizzate in zona mista, sotto l'acqua e sotto il sole cocente, ma anche spese, lavatrici ed emozioni di cui ho perso il conto.
Dopo l'esperienza di Rio 2016 come amica/addetta stampa di Marco Aurelio Fontana, bronzo (senza sella) nel cross country a Londra 2012, tre anni fa ho vissuto i primi Giochi Olimpici da inviata di tuttoBICI, un'edizione particolare e che resterà unica perchè a porte chiuse e con mille limitazioni dovute alla pandemia. Un'avventura affascinante che ho fortissimamente voluto e conquistato, ma difficile e sofferta per le ragioni che noi tutti conosciamo.
Dopo l'argento conquistato a Parigi nella cronometro da Filippo Ganna e il bronzo del quartetto maschile, pensavo quella giapponese sarebbe rimasta un'esperienza irripetibile anche in termini di emozioni invece l'olimpiade parigina mi ha regalato una gioia infinita e inaspettata grazie all'oro meritato da Chiara Consonni e Vittoria Guazzini nella madison, e 24 ore più tardi per l'argento agguantato da Simone Consonni (fratello di Chiara) ed Elia Viviani, il “profeta” della pista azzurra mio coetaneo che ha chiuso la sua favola olimpica con il lieto fine.
Tuffi al cuore ancora più intensi perchè finalmente condivisi con familiari, amici e tifosi accorsi numerosi nella vicina Parigi. Di questa estate d'oro ricorderò per sempre lo sguardo sognante delle nostre due campionesse olimpiche, il festeggiamento più italiano possibile di Chiara che equivale a “cosa abbiamo combinato?” che comprensibilmente è diventato virale sui social e l'abbraccio sudato che Vittoria mi ha regalato dopo essere scesa di pista continuando a ripetere “non ci credo”.
Credeteci ragazze, è successo davvero e per me è stato un privilegio raccontare la vostra impresa quanto le emozioni delle vostre compagne, comprese quelle di delusione e sconforto di chi dopo anni di lavoro per un avvicinamento complicato da infortuni o una giornata no è tornato a casa a mani vuote. Mi ha commosso in particolare il 4° posto di Luca Braidot nel cross country, dopo aver commentato le sue vittorie in Coppa del Mondo avrei voluto tanto vederlo sul podio olimpico, e il dispiacere di Elisa Longo Borghini, nona nella prova in linea femminile e critica con se stessa al punto di pensare di non aver onorato la maglia azzurra. Che eresia!
I Giochi sono un appuntamento talmente importante, stressante e frenetico in cui è difficile dare il meglio di sé. Nel mio piccolo spero di esserci riuscita e di avervi trasmesso la bellezza di un circo di cui sognavo di far parte fin da bambina. Permettetemi infine un ringraziamento per chi mi ha permesso di vivere per la seconda volta la magia dell'Olimpiade (grazie diretur!), i colleghi che mi hanno coperto le spalle ottimamente dalla redazione e i miei compagni di viaggio, Luca Bettini e Luis Angel Gomez. Due fotografi che meritano la medaglia d'oro non solo per i loro splendidi scatti per Sprint Cycling Agency, ma anche per la loro galanteria. Grazie ragazzi, soprattutto per avermi fatto usare la doccia sempre per prima quando rientravamo a casa dopo giornate infinite.
Richiudendo la valigia, penso sì che non vedo l'ora di mangiare italiano e dormire nel mio letto, ma devo ammettere che avverto già un po' di nostalgia. Visto che per Los Angeles 2028 dovremo attendere altri quattro anni, sto già pensando a una scusa per essere presente a Milano-Cortina 2026. Il ciclocross sulla neve non è ancora stato riconosciuto come disciplina olimpica, vero? L'Olimpiade è pazzesca, in casa deve essere ancora più speciale.
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