Simone Consonni, il velocista della UAE Team Emirates, si sta godendo gli ultimi brandelli di riposo. Da lunedì parteciperà in Spagna al primo raduno stagionale del team guidato da Beppe Saronni. L'orobico classe 1994, da pochi mesi di casa a Lallio, alle porte di Bergamo, con la fidanzata Alice, nella passata stagione ha centrato una vittoria su strada (prima tappa del Tour de Slovenia) con numerosi buoni piazzamenti. Ma non ha disdegnato le competizioni in pista dove con la casacca azzurra della Nazionale ha conquistato due medaglie di bronzo agli Europei di Apeldoorn in Olanda: con il quartetto dell'inseguimento a squadre e nell'omnium. Il 2018 sta consumando le ultime giornate ed è quindi tempo di bilanci e programmi: la chiacchierata con Simone, uno dei talenti più interessanti delle ultime generazioni, prende il via proprio con le considerazioni finali della stagione.
Hai rotto il ghiaccio su strada vincendo la prima corsa da professionista, e anche su pista ti sei fatto rispettare. Che voto ti dai per la stagione 2018?
“Diciamo un 7 o 7,5. La soddisfazione di vincere la prima tra i prof c'è stata, però mi aspettavo magari di fare qualcosa in più in certe corse, soprattutto la prima parte della stagione nelle Classiche del Nord. Non ero al top della condizione e non sono riuscito a fare quello che mi ero prefissato: è stata quella forse l'unica pecca del 2018. In ogni corsa dove la squadra mi ha designato capitano per le volate, bene o male ci sono sempre stato; ho fatto tanti piazzamenti, anche a fine stagione alla Vuelta. Speriamo il prossimo anno di migliorare soprattutto nel numero di vittorie”.
Nel 2019 sarai al terzo anno fra i “grandi”. Simone Consonni ha capito quale può essere il suo ruolo o è da ricercare?
“Non lo so ancora. Mi piacciono molto le corse del Nord ma so che per adesso sono veramente troppo dure per le mie caratteristiche; su questo ci voglio lavorare e spero col tempo di essere protagonista in quel tipo di corse. Mi affascina tantissimo il Giro delle Fiandre, secondo me la corsa più bella del mondo, ma per le mie caratteristiche è troppo dura, e lo sarà anche in futuro. Però sognare non costa niente...”
Per stare al passo con i migliori professionisti cosa ci vuole? Passione, cuore, testa, gambe, fisico o altre cose?
“Innanzitutto una grande passione, senza quella in questo sport veramente non vai da nessuna parte. E' dalla passione che parte tutto; poi ovviamente devi avere buone doti fisiche ma anche mentali. E' un mix ma alla base c'è la passione”.
Avevi detto, come altri velocisti del resto, che quando vi buttate nella volata non avete niente in testa tranne che arrivare primi alla riga bianca. L'attimo prima di alzarvi sui pedali è forse il momento più difficile dove bisogna trovare la giusta posizione, battezzare la ruota migliore del momento o non perdere il compagno nel treno. In quelle frazioni di secondo cosa pensate?
“Diciamo che ci trasformiamo in dei piccoli “banditi”. E' impressionante poi, a mente fredda, pensare a quello che hai fatto, ai rischi che hai preso. Ci sono volate che nella preparazione si va anche ai 60/65 km all'ora, dipende un po' dal percorso. Le velocità sono veramente alte, le protezioni che abbiamo sono praticamente nulle, quindi il rischio e il pericolo c'è. Ma alla fine pensi che stai facendo il tuo lavoro, che stai facendo una cosa che ti piace, che hai un sogno da rincorrere... e così la paura passa. E magari qualche volta fai anche qualche azione da “bandito”, ma se sei un velocista sai che può capitare di doverle fare”.
Siamo nel mondo della tecnologia e quindi potete rivedere le vostre acrobazie negli sprint mille volte, da ogni angolatura, e in qualsiasi modo. Ti sei mai “spaventato” nel rivedere una tua volata?
“Spaventato no. Alla fine anche con tutta la tecnologia che esiste non riesci a vedere certi frangenti, non riesci a catturare certi momenti dello sprint. L'unica volta dove rivedendo la corsa mi sono detto “l'hai proprio rischiata bella”, non era in volata ma alla Parigi-Roubaix dove su un tratto di pavé mi sono caduti dietro. In quel momento si è letteralmente aperto il gruppo, sono stato l'ultimo a passare indenne e sinceramente quel momento lo ricordo”.
Programmi, preparazione e soprattutto quali i tuoi obiettivi per il 2019?
“Dovrei iniziare dall'Argentina, ma non è ancora sicuro. Adesso dal 10 al 21 dicembre andiamo in ritiro a Playa de La Pineda a Tarragona in Spagna e lì ci sarà la decisione definitiva sul mi programma di inizio stagione. Per gli obiettivi quest'anno la squadra si è attrezzata molto per le volate prendendo Fernando Gaviria che penso sia il ragazzo con più talento che c'è in circolazione. Quindi sicuramente dovrò alternare il mio compito in corsa: qualche volta farò l'apripista per Gaviria e Kristoff, però sicuramente vorrei prendermi le mie chances e cercare di arrivare più spesso alla vittoria”.
Con Kristoff hai già passato un anno insieme, adesso c'è anche Gaviria e potrai sicuramente “rubare” qualcosa anche alla ruota velocissima del colombiano...
“ho già passato una settimana in ritiro con lui ad Abu Dhabi ed è difficile “rubargli” qualcosa perché a lui veramente viene tutto facile, tutto naturale. Quando hai a che fare con dei fenomeni è quasi impossibile imparare, proprio perché loro fanno tutto con una naturalezza fuori dal normale. Però sicuramente sarà un onore essere suo compagno di squadra e lo osserverò molto da vicino per cercare di rubare un po' di “trucchi” del mestiere”.
Il 2018 è stato l'anno indiscutibile di Elia Viviani, un velocista come te che ammiri e di cui sei amico. Ti senti di sparare un nome che nel 2019 riesca a fare un salto di qualità come lo ha fatto il campione d'Italia?
“Una bella domanda. Non ci avevo mai pensato. Secondo me Elia può tranquillamente ripetersi sui livelli dello scorso anno, penso anzi che per un paio di stagioni sarà ancora lui a dominare la scena”.