Francesco Gargaglia è il nuovo tecnico della Nazionale BMX. Per lui un passato da corridore della BMX: “…ho conosciuto il BMX nel 1992, organizzarono una festa di tutte le scuole nella zona di Pian di Massiano. Essendo appassionato di motocross non potevo tirarmi indietro e partecipai. Non ho più smesso…”. Nel 1993 ha vinto il Campionato Italiano, nel 2001 è stato 6° al Campionato Europeo cat. 17/18. Ha partecipato anche a 2 prove di Coppa del Mondo Supercross al Frejus. Dal 2010 al 2015 ha vinto 3 titoli italiani come amatore e nel 2011 ha raggiunto la semifinale al Campionato del Mondo, categoria 25/29 anni. Ha fatto parte della commissione BMX della FCI, diventando assistente del CT Ludovic Laurent. Il suo credo: “Abbiamo ottimi atleti e ottimi tecnici, servirebbe mettere insieme le cose nella giusta maniera..”
Subito dopo la nomina a Commissario Tecnico si è messo al lavoro programmando tre raduni collegiali e convocando circa 30 atleti, tra élite, juniores, esordienti ed allievi. Partiamo proprio da questi per una chiacchierata che allarga lo sguardo sull’impegno dei prossimi quattro anni. Sullo sfondo le Olimpiadi di Tokyo 2020 dove il BMX sarà presente oltre che con la classica disciplina race, anche come dimostrativa nel freestyle.
“Siamo partiti con questi raduni perché ho avuto la necessità di impostare in breve tempo il lavoro della stagione. Il mio obiettivo primario è quello di creare un gruppo coeso e il più ampio possibile.”
Il primo passo è stato quello di creare uno staff: “Accanto al sottoscritto lavora un gruppo composto da 3 collaboratori che mi aiuteranno nella gestione delle Nazionali e da uno psicologo dello sport per la parte di allenamento mentale. Tutte le attività saranno condivise con i tecnici delle società di appartenenza dei ragazzi. Lo staff si completa poi con massaggiatore, osteopata e meccanico. Insieme cercheremo di portare il BMX azzurro ai livelli delle altre nazioni ciclisticamente più avanzate.”
- Che clima hai trovato. Qual è il livello del BMX italiano?
“Conoscono l’ambiente da anni e posso dire tranquillamente che il movimento esprime una quantità di giovani di ottimo livello, soprattutto in proporzione alle strutture presenti in Italia. In questo raduno ho potuto verificare l’entusiasmo dei ragazzi e la disponibilità delle Società a supportare il nostro lavoro. Non potevo chiedere di più per cominciare bene questa avventura.”
- Hai convocato un numero ampio di atleti, compresi esordienti e allievi: qual è la logica di questa scelta?
“Soprattutto in questi primi due anni, voglio offrire l’opportunità di misurarsi in un ambiente stimolante al maggior numero di atleti. Tenuto conto che in questa disciplina il picco di rendimento si ottiene attorno ai 24_25 anni, è logico che, anche per un orizzonte a medio termine, bisogna lavorare con atleti molto giovani.”
- La stagione agonistica è ormai alle porte, come imposterai il lavoro in previsione degli appuntamenti internazionali?
“Abbiamo in programma di partecipare a tre trasferte di Coppa Europa (sei tappe in totale tra Zolder, Erp e Verona) e a due prove di Supercross (Zolder e Papendal), tra aprile e giugno. La partecipazione al Supercross rientra nell’ambito di un progetto di “ambientamento” al circuito che mi porterà, nei prossimi anni, a far familiarizzare, con questo tipo di gare, il maggior numero di atleti, allargando le opportunità di crescita. Diversamente che negli anni passati, conto di convocare per ogni appuntamento almeno una decina di piloti.
L’appuntamento sicuramente più importante, però, sarà il Mondiale di fino luglio a Rock Hill negli Usa. La mia speranza è di dare segnali importanti di cambiamento. ”
- Senti la pressione legata al tuo ruolo?
“E’ per me uno stimolo. Non sento il peso di dover subito portare un risultato, ma mi rendo conto che bisogna iniziare il prima possibile a dare segnali concreti. Permetterebbe a tutto il movimento di ritrovare stimoli ed entusiasmo.”
- Per la selezione degli atleti ti affiderai soprattutto alle gare in Italia. Come giudichi il movimento dal punto di vista organizzativo?
“Anche in questo caso partiamo da un elemento positivo: il numero di manifestazioni che si organizzano è adeguato alle nostre esigenze. Dobbiamo soltanto cercare fare in modo che queste portino punteggi internazionali. Ci permetterebbe di scalare il ranking e elevare anche il livello dei contendenti. In entrambi i casi abbiamo tutto da guadagnare. Visto l’ottimo clima di collaborazione che si è instaurato con le Società sono fiducioso anche su questo aspetto.”
- Dopo il mondiale di luglio la stagione, dal punto di vista agonistico, può considerarsi conclusa…
“Si. Un mese di pausa e poi a settembre ripartiremo con una serie di raduni e collegiali che si ripeteranno per tutto il periodo invernale permettendo al mio staff di seguire gli atleti in quella che è una fase dell’anno fondamentale per impostare al meglio il lavoro.”
- Qual è la situazione degli impianti in Italia?
“Abbiamo 16 piste che permettono un’attività sufficiente. Ma se vogliamo aumentare la pratica di base, dobbiamo iniziare a pensare di progettare piste di “avviamento”, più facili da realizzare e utili per avvicinare fasce di età per le quali il bmx è il miglior modo di praticare ciclismo, intendo i bambini 6_10 anni. Dal punto di vista tecnico, poi, l’apertura della pista di Verona ci permette di programmare un’attività di livello senza dover per forza affrontare viaggi all’estero economicamente onerosi.”
- Pima di chiudere uno sguardo all’estero, qual è il livello della concorrenza e soprattutto i paesi di riferimento?
“Francia e USA hanno numero di base impressionanti. Di conseguenza non hanno difficoltà sfornare sempre nuovi atleti. Olanda, Australia e Colombia possono contare su una tradizione in grado di trovare sempre il pilota capace di fare la differenza. Poi ci sono altre realtà che vivono sul talento del grande campione, dietro al quale maturano tanti giovani interessati.
Il BMX è uno sport, come ho ricordato prima, che premia soprattutto i giovani, ma il giusto connubio tra esperienza e gioventù permette di accorciare i tempi per la realizzazione di un modello vincente. Per questo motivo la mia prima preoccupazione, una volta indicato come CT della Nazionale, è stata quella di creare un gruppo ampio ma coeso, dove lo scambio di esperienze possa permettere a giovani di crescere meglio.”
Antonio Ungaro, da federciclismo.it