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VAN AERT. «LE CLASSICHE SONO UN OBIETTIVO, NON UN'OSSESSIONE. E LA MAGLIA ROSA...»
di Francesca Monzone | 16/01/2025 | 08:20

I pensieri nella testa di Van Aert sono stati tanti nel 2024 e, a causa delle cadute che lo hanno costretto a fermarsi ad Attraverso le Fiandre e alla Vuelta, ha vissuto momenti di sconforto. Ora il fiammingo si è rialzato e in questa nuova stagione i suoi obiettivi sono tanti: la doppietta Giro-Tour e le Classiche come il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix. Le due Monumento sono importanti per Van Aert e vuole vincerle, ma non sono un’ossessione per lui, bensì un naturale percorso per un corridore con le sue caratteristiche: tra i suoi desideri c’è quello di indossare per la prima volta la maglia rosa del Giro. Nel 2025 ci sarà anche il primo mondiale di ciclismo nel continente africano, ma il belga ancora non ha preso una decisione su una sua eventuale presenza.

«Quando ho partecipato a queste classiche per la prima volta nel 2018, mi è subito apparso chiaro che un giorno avrei potuto vincerle. Lo credo ancora oggi – ha detto il fiammingo durante il media day della sua squadra riguardo Fiandre e Roubaix -. Non ho mai detto che Fiandre e Roubaix siano diventate una mia ossessione, certamente non posso neanche dire che non mi importi di vincerle, la mia resta un’ambizione logica. La mia voglia di vincere queste due gare rimarrà grande, ma se non dovessi riuscirci ripenserò comunque al periodo meraviglioso in cui ho inseguito quel sogno».

Lo scorso anno a causa della caduta ad Attraverso le Fiandre, Van Aert si è dovuto fermare per un lungo periodo e per questo non ha partecipato al Giro d’Italia. Il belga si è ripreso e i suoi programmi stanno andando nella giusta direzione e lo vedremo finalmente alla partenza della corsa rosa in maggio.

«Non ho mai messo in dubbio Ia mia partecipazione e poi la partenza dall’Albania mi attrae molto perché è un paese in cui non sono mai stato. Inoltre le prime tre giornate sono abbastanza adatte a un corridore come me: avremo una prima tappa difficile, una cronometro il secondo giorno e un'altra tappa dura il terzo giorno. Per me è davvero perfetto. Sarei contento di poter indossare la maglia rosa nel primo weekend di gara».

Non è un segreto per nessuno ed è un fatto noto che Van Aert sia un grande collezionista di maglie e quindi farà di tutto per prendere la maglia rosa alla prima occasione. «La mia partecipazione all’ultimo Tour è stata forse un po' meno evidente, ma abbiamo notato che la combinazione di due grandi giri consecutivi mi si addice molto. Mi piace anche il percorso del Tour e voglio vincere delle tappe oltre ad aiutare anche Jonas Vingegaard a vincere ancora».

Van Aert avrà la possibilità di gareggiare per la prima volta in Africa ai Mondiali organizzati in Ruanda, ma la sua partecipazione non è ancora certa. «Ci sto sicuramente pensando, ma dopo il Tour dovrò vedere cosa mi sarà rimasto nel serbatoio. Certo che mi piacerebbe molto essere lì e a questo punto direi di sì, l'ho già detto al nostro tecnico della nazionale. Ho anche la sensazione che Serge Pauwels creda nelle mie possibilità di risultato o quanto meno che potrei rappresentare un valore aggiunto per la nostra nazionale. Se dovessi essere al cento per cento in quel momento, allora il percorso difficile di gara farebbe al mio caso, ma se ad agosto dovessi sentire di non essere al punto in cui vorrei, allora avrebbe poco senso andare. Considerata la difficoltà del percorso e il fatto che si svolge in alta quota, per prepararmi bene dovrei prima fare un altro ritiro in altura».

Il campione fiammingi ha spiegato poi che le difficoltà nel suo recupero dopo gli incidenti non sono state solo fisiche ma anche mentali e per questo ancora oggi utilizza la figura del mental coach. «I due incidenti dello scorso anno, nei quali ho riportato conseguenze importanti, sono stati dello zero per cento colpa mia, ne sono fermamente convinto. Ma nel corso dell'anno ci sono state altre cadute in cui posso dire di aver avuto colpa, perché avevo commesso degli errori oppure non ero stato abbastanza concentrato. Per questo sto lavorando con un mental coach e con esercizi specifici per aumentare e mantenere la concentrazione, in cui credo fermamente. Ci è voluto del tempo e ho lavorato molto, ma posso dire di aver ritrovato la mia sicurezza».

Van Aert continua a sottolineare che correre in bicicletta deve diventare più sicuro. Una delle soluzioni da lui suggerite è quella di limitare le marce, in modo che la velocità, soprattutto in discesa, diminuisca. «Sono convinto che le marce limitate potrebbero evitare alcune situazioni pericolose. Ma questa è solo una parte del problema. Sono anche favorevole a ulteriori ricerche su come sia possibile proteggere meglio il nostro corpo. Se guardiamo al motociclismo, vediamo piloti cadere a 200 chilometri all'ora e uscirne illesi. Naturalmente noi ciclisti subiamo danni importanti quando cadiamo perché indossiamo indumenti sottili come la carta, ma ci sono anche altre questioni. A volte cadiamo ancora in posti troppo pericolosi per motivi stupidi e a volte dobbiamo ancora affrontare discese pericolose. L'anno scorso alla Vuelta c'era una discesa piena di ghiaia, ci era stato detto che l’avrebbero pulita, ma non era questa la soluzione migliore. L’unico modo che abbiamo è quello di cambiare l'opinione pubblica, perché ritengo che gli organizzatori delle gare e l'UCI debbano fare un po' di più e capire quanto sia grave il problema».

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