Quale immagine mi resta di questo 2024 che sta per andare in archivio? Tante, diverse, alcune sbiadite e altre nitidissime. Le più belle portano la firma di Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, lo sloveno protagonista assoluto dall’inizio alla fine di questa magnifica stagione, dalla Strade Bianche al Lombardia, con quel mondiale pazzesco che potrà essere ricordato come una delle follie tattiche più intense dai tempi della Cuneo-Pinerolo di Coppi, e il belga che si è fatto d’oro a Parigi con una doppietta da capogiro e di rara bellezza. C’è anche qualcosa di italiano, grazie a Jonathan Milan, che è il nostro Oscar 2024 al pari della regina del ciclismo femminile tricolore Elisa Longo Borghini. Per il friulano undici vittorie su strada, tappe al Giro e maglia ciclamino, oltre a quella iridata su pista arricchita da un record del mondo sui 4 km da paura con il tempo di 3’59”153 alla media di 60, 2 km/h. Per la piemontese il secondo Fiandre, il primo Giro, l’ennesimo bronzo mondiale per il settimo sigillo nell’Oscar al pari della Luperini. Sono il nostro orgoglio, il nostro presente e i semi più belli e fertili capaci di alimentare e accrescere in questo periodo di maggese la terra italica a caccia di nuove ambizioni. Ma non sono le uniche immagini.
LA BORRACCIA. Tra le fotografie che archivio nell’album del mio cuore c’è quella della borraccia, da non confondere con quella scambiata tra Coppi e Bartali (6 luglio 1952) - che poi in verità era una bottiglia - scattata da Carlo Martini, il fotografo dell’agenzia Olympia di Milano. La borraccia in questione è quella di Tadej Pogacar, che nella tappa del Monte Grappa al Giro l’ha porta al giovane tifoso (Mattia Scaldaferro, di anni 12) a bordo strada. Se proprio vogliamo c’è anche quella del cinque dato sempre da Pogacar ad un piccolo tifoso. Uno scatto di Luca Bettini che immortala Pogacar nel gesto del “give me five” a un bimbo di sei sette anni. Belle immagini per uno sport che ha un’altra immagine.
NUMERI. Tra le fotografie che terrò nel mio cuore, ci sono i numeri pazzeschi che tuttobiciweb ha fatto registrare quest’anno. Per la serie: Pogacar vince troppo e toglie interesse. Sì, come no. Al Tour abbiamo sfiorato i 2 milioni di lettori, nell’anno abbiamo abbattuto il muro dei 14 milioni, contro i 10 milioni e 900 mila di un anno fa. Tra i segnali più belli e confortanti ci sono le mie pagelle declinate al femminile: lettissime, mai come in questo anno. A conferma che le ragazze non sono l’altra faccia della medaglia, ma sono molto più semplicemente medaglia.
IMMAGINE SFUOCATA. In questo anno che volge al termine, ci restano anche i cartellini gialli e rossi di prova, che andranno in vigore con il nuovo anno. Due gialli nella stessa gara fanno 7 giorni di squalifica, con tre in 30 giorni due settimane di stop, con sei un mese. Con otto probabile pena ordalia in pubblica piazza. L'ha annunciato a Riva del Garda David Lappartient, presidente dell'Unione Ciclistica Internazionale (lascerà a marzo se eletto alla guida del Cio), agli organizzatori dì tutto il mondo riuniti dal Gs Alto Garda di Giacomo Santini e Maurizio Evangelista, anima e corpo del Tour of The Alps, manifestazione ormai assurta a qualcosa di più di una corsa, visto che si è fatto anche laboratorio di pensiero, perché un pensiero ce l’hanno, oltre a idee su dove andare e come. L’Uci vorrebbe anche limitare le radioline, che fino a prova contraria sono e restano strumento di sicurezza: ricordiamo la tragedia di Muriel Furrer ai mondiali di Zurigo, la giovane svizzera rimasta per ore in agonia in un bosco senza che nessuno si accorgesse di nulla. Non una bella immagine.
L’Uci vorrebbe introdurre anche un “salary cap”, senza nemmeno prendere in considerazione un “salary floor”, un minimo di spesa. In compenso è allo studio un sistema di assegnazione punti che riguardi tutte le discipline. Ne ha parlato la nostra Francesca Monzone su queste pagine con il dirigente dell’UCI Peter Van den Abeele. Così pista, mountain bike, ciclocross, gravel, ma anche gli e-sports, potrebbero dare punti che, uniti a quelli conquistati su strada, inciderebbero nel ranking mondiale. Oltre a creare uno stato di confusione totale, questa scelta costringerebbe i team ad allargare la rosa dei corridori, che già è pazzesca, visto che un team di World Tour ha già quattro squadre: maschile, femminile e due “Devo”. L’aspetto positivo? È probabile che anche pista e fuoristrada acquisterebbero maggior valore e visibilità, ma i costi lieviterebbero a dismisura, rendendo il ciclismo uno sport al limite della sostenibilità economica. Di contro, la penso esattamente come Patrick Lefevere, il Ceo della Soudal-Quick Step di Remco Evenepoel: «Non si può paragonare una corsa di un'ora con una tappa del Delfinato. E poi che si fa? Si danno dei punti anche ai corridori della Sei Giorni? Non mi sembra un sistema efficace. Ci sarebbe poi da capire quanti corridori potrebbero esserci in squadra. Oggi ne abbiamo 30, ma se dovessimo inserire ciclocrossisti e pistard, a quanti corridori arriveremmo?». Una fotografia nitida, di una situazione ancora parecchio sfuocata.
Editoriale da tuttoBICI di dicembre