Peter Sagan ha lasciato il mondo delle gare lo scorso anno e da sei mesi è diventato ambassador di MyWhoosh insieme a Tadej Pogacar. MyWhoosh e UCI hanno voluto dedicare una cena al tre volte iridato ad Abu Dhabi, in un ristorante esclusivo con vista sul Golfo Persico, dopo una pedalata fatta insieme ad un gruppo di giornalisti sul circuito dell’isola di Hudaryat.
«Io sono nato sulla bici e questa rimane la mia grande passione – ha detto Sagan nell'intervista che ha concesso a tuttobiciweb – ma il mondo degli esports è divertente e mi incuriosisce. Io faccio delle sessioni live con gli appassionati e sto disegnando dei percorsi per la piattaforma MyWhoosh. Non avrei mai pensato che da questo mondo virtuale sarebbero potuti uscire dei professionisti».
Sagan apprezza la nuova vita senza le gare e si diverte a rispondere alle domande che gli vengono poste dalla gente e a pedalare con quei cicloamatori che quando lo incontrano sulle strade di Monaco, gli chiedono: «Ma sei veramente Peter Sagan?». Lo slovacco non ha rimpianti e questa nuova vita lontano dal World Tour gli piace: «Oggi faccio quello che ho voglia di fare, non ho mai pensato di tornare a correre e non ho nessun rimpianto. Per esempio prima non potevo andare a camminare perché le gambe mi facevano male e dovevo allenarmi il giorno dopo, adesso vado in montagna a fare lunghe passeggiate. Anche il tempo che trascorro con mio figlio Marlon (che ieri ha festeggiato 7 anni, ndr) è diverso. Prima ero fuori a fare le gare e poi c’erano gli allenamenti, oggi posso prenderlo a scuola e portarlo a casa o seguirlo nelle sue passioni, gioca a tennis meglio di me e gli piace nuotare e giocare a ping pong».
Anche se è sceso dalla bici da corsa, Sagan segue in televisione quello che fanno i suoi ex compagni e nel 2024 ciò che lo ha stupito maggiormente sono state le prestazioni straordinarie di Pogacar. «Con lui mi vedo qualche volta in bici a Monaco e mi piace quel suo sorriso da eterno bambino. E’ un corridore straordinario e mi ha stupito veramente il modo in cui ha dominato questa stagione. Ha vinto tutto quello che poteva vincere».
Il 2024 è stato l’anno d’oro dello sloveno, ma ogni stagione è diversa e per Sagan nel 2025 qualcosa di diverso potrebbe arrivare.
«Non si possono fare paragoni tra le stagioni, ognuna è diversa dall’altra e in inverno puoi distruggere tutto. Pogacar è un corridore che per vincere non ha bisogno di essere al 100 per cento della forma, anche all’ottanta riesce a fare grandi prestazioni. Ma nessuno sa se il prossimo anno si presenterà al 110 per cento. Comunque penso che nelle gare di un giorno Remco Evenepoel sia il corridore che può seguirlo, così come Vingegaard è il corridore che può metterlo in difficoltà al Tour de France».
Il ciclismo è cambiato e in gruppo, parlando di sicurezza, ci sono molti più corridori giovanissimi e materiali altamente performanti. «Gli incidenti in gruppo avvengono perché ci sono tanti giovanissimi con poca esperienza, che vogliono stare davanti e magari non sanno gestire una discesa o una curva. Le bici poi sono sempre più veloci; se prendi quelle di 10 anni fa, che pure erano ottime, se allora andavi a 55 km all’ora, adesso vai a 65, ma queste bici bisogna saperle guidare. Anche la frenata è cambiata: in tanti frenano in curva e questo non si deve fare mai. Se freni in curva, che cosa ti aspetti? Cadi».
Sagan in Slovacchia ha una sua Academy e in più un progetto itinerante in tutto il paese che si chiama Peter Sagan Kids Tour, per bambini dai 3 agli 8 anni, nel quale ha coinvolto già mille giovanissimi. Nel futuro dello slovacco non c’è la voglia di salire su un’ammiraglia e vuole guardare avanti, divertendosi a spiegare agli appassionati i segreti del suo essere campione e a valorizzare gli aspetti del ciclismo come ambasciatore.
«Quando correvo lo facevo per me stesso. Correvo per vincere e poi ho iniziato ad aiutare gli altri, perché volevo che la squadra raggiungesse la vittoria. Non ho mai pensato di lavorare in un team come direttore sportivo e non penso che lo farò. Ora nella mia vita tutto è più spontaneo e naturale e anche i tempi sono molto più dilatati. Esco in bici se mi va e posso decidere di pedalare una o due ore e non sono più obbligato a farlo per lavoro e anche da un punto di vista mentale mi sento molto più rilassato. Non so cosa potrà esserci per me nei prossimi anni, per il momento mi piace quello che faccio. Ho pochi amici veri e tanti conoscenti e adesso mi posso permettere di andare a pranzo senza problemi e di sciare senza pensare ai rischi per le cadute. Sono un uomo felice e ho tutto quello di cui ho bisogno».