OUREM. Deve stringere i denti già dal primo metro. Ma a Damiano Caruso la grinta non fa difetto. Nell’aria fiuta che questa Vuelta può dargli molte soddisfazioni. È lui l’uomo che deve stare il più vicino possibile ad Antonio Tiberi, la nostra grande speranza per le corse a tappe. E Antonio non è qui per fare esperienza o per puntare a un traguardo parziale seppure nobile. L’obiettivo di Tiberi è fare classifica.
Allora Damiano, come va?
«Ho dieci punti nel ginocchio ricordo della caduta di Burgos. È già tanto che sono qui. Ho fatto una scommessa con me stesso. Mi sono detto: “Il dolore c’è, ma questo è uno sport di sofferenza e in questo sei bravo. Prova a tenere duro”. Conto di essere d’aiuto nel giro di pochi giorni. Ancora qualche tappa per recuperare, poi ci sarò».
Aiutare soprattutto Tiberi?
«Si, sicuramente. Continuiamo questo progetto che abbiamo con Antonio e che già al Giro ha dato i suoi frutti. Il 5° posto al Giro non è un risultato banale che arriva per caso».
Fin dove può arrivare?
«Non conosco i suoi limiti, di sicuro ha caratteristiche fuori dal comune. I suoi limiti li scoprirà strada facendo. Poi per essere un vincente nelle corse a tappe servono anche caratteristiche mentali e lui sta dimostrando di avere anche queste. Non c’è altro da fare che lavorare per questo».
A me, l’ho già detto, Tiberi ricorda il Nibali 2010 (Vincenzo vinse la Vuelta, ndr).
«Si, si, si. È un po’ più pesantuccio rispetto a Vincenzo ma credo sia più forte a crono. Le due cose si compensano e a mio modo di vedere il paragone è corretto. Poi tutti abbiamo la speranza che sia il nuovo Vincenzo».
Che consigli gli dai? O che consigli ti chiede?
«Come sai la mia carriera è divisa in due parti. Sono stato gregario, ma ho anche avuto la possibilità di essere leader di una squadra. Cerco di raccontargli come ho vissuto io quelle situazioni in quei momenti. La cosa che lui deve fare è viverla, non caricarsi eccessivamente di responsabilità e di stress. Ma anche in questo lui è bravo. Deve seguire il percorso. Ci saranno giornate difficili e lui deve dimostrare di essere pronto anche per quelle. Deve continuare il suo percorso di crescita e vedrete che entro un paio d’anni vedremo grandi cose».
Siete anche compagni di camera, giusto?
«No, per la prima settimana abbiamo deciso di dormire tutti in singola per evitare possibili rischi. Il ritorno del Covid fa paura. Passato questo periodo torneremo alle camere doppie, alla normalità. Di solito condividiamo la camera».
E com’è Antonio come compagno di camera?
«Tranquilissimo ed educato. Soprattutto questa dote aiuta molto quando si sta assieme per un lungo periodo. A me piace aiutare un atleta che se lo merita».
Alla fine che Vuelta sarà?
«Durissima. Sulla carta è forse il percorso più duro che abbia mai affrontato. E questo è il mio ventesimo».