Quello di cui si parla oggi riguarda ieri ed è il bilancio di un anno, forse anche di più. Quello di cui si parla oggi sono una serie di numeri, che aiutano a comprendere, ma c’è chi è in grado di semplificare l’aridità di un bilancio approvato proprio ieri e renderlo fruibile a tutti. L’uomo incaricato a questo ruolo altro non è che il protagonista di questa storia, Nicola Rosin, l’amministratore delegato della Colnago che da gennaio 2021 è entrato a far parte della galassia araba della Royal Group, e che con tuttobiciweb ha scelto di parlare per spiegare ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà della Colnago e del mondo della bicicletta. Una chiacchierata ad ampio raggio, sulla base dei numeri, ma non solo.
Dottor Rosin, il mondo della bicicletta sta attraversando un momento molto delicato e difficile: si è fatto un’idea dei perché?
«Per un paio di anni c’è stato un vero e proprio effetto doping sul business, ma i fondamentali del mondo della bicicletta sono super sani. Se poi parliamo di come va il mondo è chiaro che il discorso è diverso. C’è inflazione, diminuzione del potere di acquisto, aumento dei costi energetici, fatti esterni che incidono sulla serenità del lavoro e mi riferisco alle guerre, quindi la definirei una crisi macroeconomica, non specifica del nostro settore. Durante il covid si sono vendute biciclette e magliette, scarpe e selle, occhiali e caschi, si è venduto di tutto e di più. Dopo mesi di inattività forzata, dentro di noi è venuto fuori il desiderio di riappropriarci del nostro tempo e dei nostri spazi e la bicicletta è stato il mezzo ideale per tornare a vivere. È chiaro che ciò che per due anni hai venduto con grandissima facilità, oggi non lo vendi più. La crisi del mondo della bici non è endogena ma è esogena. Il nostro, a differenza di altri, è un settore che ha un futuro brillante, ha avanti davanti a sé una decade meravigliosa, perché la bici è in linea con tutti quelli che sono i trend del momento: dalla sostenibilità alla salute per arrivare alla cultura».
Ieri il consiglio di amministrazione della Colnago ha approvato un bilancio più che buono: un giusto motivo di orgoglio per la nuova proprietà e il nuovo management che in questi anni ha lavorato alacremente al conseguimento di questi risultati.
«Abbiamo approvato un bilancio da 55,7 milioni di euro di fatturato, con 14 di EBITDA (utile + ammortamento + accantonamenti + svalutazioni + oneri finanziari – risultato ottenuto ai proventi finanziari e i ricavi, ndr) e un utile netto di 10 milioni di euro. Una performance importante che ci riempie di orgoglio».
Come vede il mercato quest’anno?
«In tre anni abbiamo più che triplicato il business, visto che nel 2020 la Colnago fatturava qualcosa come 17 milioni di euro. Quindi quest’anno punteremo a crescere, come è giusto che sia, ma la cosa priorità è quella di strutturarci e consolidarci. Sarà un anno più che importante, per renderci stabili e forti con l’obiettivo di reggere a questo nuovo livello di fatturato e ai futuri livelli di fatturato che arriveranno. Sono consapevole del momento delicato che stanno vivendo i negozianti che hanno meno cassa e meno disponibilità e quindi è indubbio che anche noi dell’alto di gamma, che sembriamo immuni da questo tipo di problematiche, dovremo avere qualche elemento di attenzione in più nei loro confronti. In questi anni i negozianti sono stati riempiti di materiale e ora dobbiamo aiutarli».
Come?
«Il negoziante non è più quella entità giuridica che dobbiamo puntare a riempire di merce e poi pensare che sono solo cavoli suoi. Noi abbiamo il dovere di capire se riesce a vendere e come al consumatore finale. Aiutarlo significa proteggerlo. Aiutarlo significa comprenderlo: noi e lui siamo la stessa cosa. Quello che conta veramente non è quante bicicletta riusciamo a vendere a lui, ma quante biciclette compra il consumatore. Per troppi anni ho visto aziende concentrate a riempire i magazzini dei negozianti. Noi abbiamo bisogno di punti vendita specializzati, qualificati e motivati: vendiamo un prodotto sempre più complesso e il negoziante è una figura fondamentale».
Quello che sta dicendo può sembrare ai più una banalità, ma detto in questo momento storico sa di rivoluzione culturale: un nuovo paradigma.
«Vince chi riempie i negozianti di più biciclette o chi riesce a creare un mercato? Io credo che si vinca creando nuovi mercati. Vedo aziende multi billions e aziendine italiane che si fanno la guerra una con l’altra: invece di farsi la guerra forse sarebbe meglio parlarsi».
Cosa vi ha reso vincenti?
«Abbiamo per le mani un brand importante, costruito in settant’anni di storia, che noi abbiamo preso e rinfrescato, ma Colnago è una storia che c’era e c’è. Mi ha chiesto: cosa vi ha reso vincenti? Un posizionamento molto chiaro. Noi facciamo bici per un mercato specifico molto ben definito. Come si è soliti dire, è meglio fare qualcosa per qualcuno che tutto per tutti. Noi rimaniamo fedeli e concentrati sulle bici drop bar, sulla bici da corsa e le sue sorelle. Questo penso sia un elemento fondamentale del nostro successo. Gli appassionati ci vivono e ci vedono come un gruppo di lavoro specializzato».
Come ha già detto in passato, questa è verità.
«Esattamente. Il tema della verità è proprio questo. Il tema del futuro è tornare ad avere aziende vere, autentiche. Colnago lo è da sempre».
Uno dei suoi punti fermi, oltre alla verità è quello della desiderabilità.
«Ci eravamo posti come obiettivo di diventare il brand più desiderabile del mercato e io credo che ci siamo molto vicini, ci sentiamo altamente desiderabili. Ma siamo anche un’azienda che vuole trasmettere al di fuori valori importanti. Chi lavora con noi è consapevole della stima che noi nutriamo in lui. Quando riesci a far sentire il tuo gruppo di lavoro consapevole della stima che c’è per loro, è chiaro che questi trasferiscano serenità e generosità all’esterno. Posso dire che in Colnago regna l’armonia? Bene, qui c’è armonia. E questo è grazie anche ad un Fondo che ci trasmette tranquillità. Certo, i nostri azionisti vogliono crescere e sono ambiziosi come tutti e come tutti chiede risultati, ma lo fa con grande rispetto per chi lavora e per il mercato tutto».
E in questa direzione va la grande attenzione che voi vorrete avere nei confronti dei negozianti.
«I prodotti vanno presentati ai negozianti quando sono migliori. Il mondo è già pieno di prodotti, ce ne sono in quantità, così come c’è troppa ansia di novità. Fino a poco tempo fa la domanda ricorrente era: What’s new?, cosa presenti di nuovo in fiera. Noi pensiamo che si debba puntare a lanciare prodotti nuovi solo quando sono effettivamente migliori dei precedenti».
Quest’anno cosa presenterete?
«Siamo già usciti con la C68 gravel e siamo prossimi a presentare la G4X, le nostre bici per competere nel mondo gravel. Poi avremo delle novità importanti con un materiale nobile e storico dell’azienda Colnago e parlo dell’acciaio: stiamo quotidianamente lavorando per migliorare le performance della nostra serie “V” e qui il rapporto con le nostre squadre (UAE Team Emirates e UAE ADQ), ci esalta e ci stimola quotidianamente nella ricerca del miglioramento, perché la squadra che dotiamo dei nostri prodotti non è solo una squadra, ma è la migliore del mondo nella quale corre il corridore più forte del mondo: Tadej Pogacar».
Tante le cadute: come state vivendo questo momento così delicato per i corridori e, soprattutto, che idea si è fatto?
«Intanto sono eventi che mi ricordano costantemente quanto rispetto si deve ai corridori, sono ragazzi davvero eccezionali. Il livello di competizione è arrivato a toccare dei picchi che non pensavo nemmeno possibili. Le velocità raggiunte e il rischio che si prendono questi ragazzi sono ormai pazzeschi. Le bici, per quanto mi riguarda, sono sempre più performanti e sicure. I freni a disco sono il meglio che si possa avere. Il tema è che questi ragazzi riescono a esprimere ormai performance talmente di livello che è chiaro che spesso i limiti possano essere superati, con il risvolto delle cadute che sono l’aspetto più brutto e preoccupante di questa storia bellissima».