Si è sciroppato oltre 5100 km in 34 giorni di gare con un calendario prettamente internazionale (con diverse Classiche del Belgio) e davvero pochissime apparizioni in Italia. La prima stagione all’Astana Pro Team (dove per la prima volta è stato alla corte di papà Beppe) di Davide Martinelli, il «diretto di Lodetto» classe 1993, non ha prodotto quello che tutti, lui in primis, ci si aspettava.
Il franciacortino, come sempre, non si nasconde e la sua disamina è fredda e precisa. «Non posso dire che il bilancio stagionale sia molto positivo: mi aspettavo di più in certe occasioni. Però dico che è stata una stagione che mi servirà, e voglio trovare una cosa positiva anche in un’annata non super. Partecipare a tante corse di alto livello, come le classiche che ho fatto, mi potrà servire moltissimo per il prossimo futuro, direi praticamente tra pochi mesi perché le Classiche del Nord normalmente si disputano ad aprile e non ad ottobre come è successo quest’anno. E l'augurio è che davvero il prossimo anno si possa tornare ad affrontare un calendario più tradizionale, sarebbe un bel segnale per tutti».
Cosa non ha funzionato per l’esattezza?
«Ci sono stati due frangenti emblematici della stagione in cui non sono stato fortunato. L’8 agosto alla Milano-Sanremo nel pieno della bagarre per prendere davanti la salita della Cipressa c’è stata una sbandata. Da dietro mi hanno tamponato ma sono riuscito ad evitare la caduta, purtroppo nel farlo mi si è rotta la scarpa e così dalla buona posizione che avevo sono scivolato indietro perché ho perso secondi preziosi nell’attendere l’ammiraglia e cambiare la scarpetta. E quindi sono stato tagliato fuori. Il 18 ottobre al Giro delle Fiandre ero con la cinquantina di corridori che erano rimasti davanti e ai piedi del muro di Koppenberg ho forato. Lì è scoppiata la corsa con l’attacco del campione del mondo Alaphilippe e così ho dovuto rincorrere e ho perso un'altra buona occasione. Essere a quel punto, a circa 45 km dal traguardo, con i primi significava che la mia giornata era buona. Al mio primo Fiandre in carriera arrivare nei primi 30 (Davide si è poi piazzato 83°, ndr) sarebbe stato un grande risultato, e senza la foratura ce la potevo fare. Detto questo, sapevo che all’Astana avrei potuto fare corse importanti e in modo diverso rispetto al passato, sapevo che non facevo un gradino in più, ma due».
Questo Fiandre come tanti dicono è davvero «l’università del ciclismo»?
«E’ proprio vero! Al Fiandre sposti l’asticella più su di tanto in confronto alle altre corse. Ogni curva che affronti sembra quella di un Mondiale: tutti che vogliono stare davanti, c’è un parterre di corridori elevatissimo, c'è tensione, c'è adrenalina. Impegnativo di gambe ma tantissimo di testa: lo stress della corsa è altissimo».
All’Astana quali cambiamenti hai affrontato?
«Sicuramente sono migliorato in parecchie cose, in salita ad esempio. Ho fatto una preparazione molto diversa rispetto a quella degli altri anni. Ho patito il lockdown perché io ho bisogno di allenarmi più che correre molto, se non posso fare i blocchi di lavoro e rifinire la condizione faccio fatica. Essendo però il calendario così compresso per la situazione sanitaria, non mi è stato possibile portare avanti la stagione come avrei voluto. Dati alla mano stavo meglio a marzo che ad ottobre. C’è tanto da lavorare, ma credo che quest’anno sia stato per me una buona scuola. A bocce ferme dico che se avessi avuto anni indietro la possibilità di partecipare alle grandi corse che ho fatto nel 2020, le avrei affrontate in modo diverso. Sono ambizioso, so che alla Quick Step ho imparato molto, era giusto fare quella esperienza, magari un anno in meno sarebbe stato meglio proprio per vivere certe gare in modo diverso».
Cosa chiede Davide Martinelli al 2021, sperando ovviamente che si torni alla normalità?
«Chiedo di partire da come è finita la stagione. Sapendo cosa serve per andare meglio, sapendo che dovrò lavorare sempre duro come ho fatto e continuerò a fare. Vorrei essere performante sempre e non in altalena come è successo in questa stagione davvero anomala. Ma sento che sono sulla strada giusta».
da ChiariWeek