Il nuovo calendario UCI ha fissato dall’11 al 19 settembre il Giro d’Italia Internazionale Femminile, la corsa a tappe più importante e ambita per le cicliste di tutto il mondo. Organizzare la 31esima edizione in un anno stravolto dalla pandemia globale sarà un’impresa titanica. A confermarlo è direttamente il patron del Giro Rosa Iccrea Giuseppe Rivolta, che ha risposto alle nostre domande da Sovico (Monza e Brianza), in una Lombardia che sta provando a rimboccarsi le maniche mentre continua la lotto contro il coronavirus.
Come vede la ripartenza?
«Sinceramente la vedo molto difficile. Il Giro è stato riprogrammato dall’Unione Ciclistica Internazionale con un giorno in meno e in concomitanza con la terza settimana del Tour de France. La realtà è che avevo chiesto che fosse collocato nella prima o seconda settimana della Grande Boucle, ma non è questo il punto. Il nodo cruciale è capire come saranno i protocolli che dovremo rispettare, quello che la legge italiana ci consentirà di fare, la FCI ci sta lavorando ma a oggi non sappiamo ancora nulla sui provvedimenti che verranno imposti. Se saranno esagerati dovremo alzare bandiera bianca. Gestire 400 persone non è una cosa da ridere, un piccolo errore può scappare a chiunque, ma se io e il mio staff per questo potremmo incorrere in conseguenze serie, addirittura penali, è un rischio che non potrei permettermi di correre. Garantire la massima sicurezza per partecipanti e addetti ai lavori è fondamentale, se potremo farlo ci metteremo all’opera, altrimenti no».
Bisognerà garantire il distanziamento sociale. Secondo lei, è immaginabile una corsa a tappe a porte chiuse?
«No. Il ciclismo è per sua natura aperto al pubblico, vive della passione della gente a bordo strada, che non paga nessun biglietto, ma ripaga lo spettacolo applaudendo e incitando dalla prima all’ultima campionessa in gara. Al Giro Rosa il pubblico deve esserci, se no non ha senso organizzarlo. Come potrei dire alla famiglia, agli amici, ai fans delle ragazze di non venirle a vedere? Come potrei invitare gli appassionati che tanto si sono dati da fare per accoglierle nelle località di partenza e arrivo delle tappe a stare chiusi in casa? Il succo della questione è che siamo legati a un discorso di prefetture, questure, amministrazioni comunali e autorizzazioni. Se le porte si apriranno andremo a avanti, se più di una località di tappa non permetterà il passaggio della corsa allora cambierà tutto. Il ministro dello sport Spadafora, quello degli interni Lamorgese o chi per loro dovranno dare disposizioni chiare, alle quali le prefetture dovranno uniformarsi. Se ognuno farà quello che vuole la strada per noi diventerà in salita».
Concretamente quanto incide l’emergenza coronavirus sul budget di un evento come il vostro? Solo per fare un paio di esempi, immaginiamo che al posto di camere doppie dovrete prenotare esclusivamente stanze singole e saranno necessari più mezzi per gli spostamenti.
«Se i costi raddoppieranno sarà complicato, è innegabile. Al di là della questione economica, sono tante le domande che devono trovare risposta, a partire dal servizio medico. Quello che offrivamo sarà adeguato al nuovo sistema di vita che stiamo affrontando? I medici che di solito compongono la carovana saranno disponibili o dovranno restare in ospedale per affrontare l’emergenza Covid-19? Io ci metto tutta la mia buona volontà solo per le ragazze, che ormai sono entrate nel mio cuore. Se il ciclismo femminile è cresciuto tanto è totalmente merito loro, che su e giù della bici ci hanno messo impegno, grinta, professionalità, colori, profumi… Io lo faccio per loro e per il mio gruppo di lavoro che scalpita per ripartire. Come ho detto ai miei collaboratori per ora però dobbiamo restare calmi: se in base alle nostre possibilità riusciremo a organizzare il Giro, lo faremo».
Per mettere in piedi un evento internazionale, gli spostamenti da un paese all’altro dovranno essere autorizzati. Al riguardo è ottimista o pessimista?
«Per natura sono abbastanza ottimista, tra 15 giorni spero sia tutto finito, ma la verità è che la fase 3 è un’incognita, per tutti. Bisogna vedere come la pandemia si comporterà nelle varie località. Le partecipanti al Giro Rosa Iccrea arrivano da tutti e 5 i continenti, io spero davvero che ora di settembre possano raggiungere l’Italia, ma per ora abbiamo di fronte a noi un grande punto di domanda. L’UCI ha dato la possibilità di ridurre da 7 a 6-5 il numero di atlete per squadra e di aumentare il numero di team al via da 24 a 26 così da agevolare la partecipazione. Avverto da parte di tutte le componenti del mondo del ciclismo una grande voglia di ripartire. Ad oggi posso dirvi che fino a fine maggio non prenderò alcuna decisione, come data limite mi sono dato il 10 luglio. Per quel giorno devo decidere se la corsa si farà o meno. Come ho detto, non dipende solo dalla nostra buona volontà. Se non avremo presupposti e garanzie sarà davvero difficile poter mettere in piedi l’edizione di quest’anno».