Non poteva che essere Elisa Longo Borghini a regalarmi la prima medaglia azzurra da inviata ai Giochi Olimpici. Una ragazza intelligente, educata e tenace come poche che sono davvero fortunata di aver ammirato dal vivo ancora una volta in una giornata eccezionale. Se ieri l'inizio delle gare è stato una sofferenza, sia per la mia giornata da Paperino che per i crampi che hanno colpito Alberto Bettiol e i nostri sogni di gloria, oggi ho avuto il privilegio di raccontarvi una corsa folle che ci ha regalato più storie da copertina delle medaglie in palio.
Quella di Anna Kiesenhofer, una sorta di Vittoria Bussi in salsa austriaca, vale a dire una studentessa modello, una ricercatrice universitaria, una matematica a cui oggi sono tornati i conti alla perfezione. Ammetto che non la conoscevo e oggi mi ha stupito tanto in gara quanto in conferenza stampa. Per quanto è andata forte, per quanto è stata coraggiosa, per come ha inseguito un sogno con la classica follia calcolata dei grandi geni.
Quella di Annemiek Van Vleuten, che se non fosse stata olandese sono convinta oggi si sarebbe messa al collo l'oro che già meritava a Rio2016. La cannibale orange si è allenata come non mai e sulla carta aveva la squadra più forte, ma come spesso accade quando ci sono troppi galli in un pollaio non mancano i problemi. Radioline sì o radioline no, il quartetto più temibile si è messo fuori gioco da solo. Ci sarà stata pure confusione in corsa, ma la nostra capitana sapeva che c'era ancora una ragazza in avanscoperta. Non importa se lo abbia saputo dal CT Salvoldi come ci ha raccontato lui o se l'abbia sentito da qualcuno dello staff della Germania come ha detto lei nelle interviste, l'importante è che nelle fasi concitate la nostra leader avesse ancora i riflessi pronti e le orecchie aperte per cogliere questa fondamentale informazione.
Quella di Elisa Longo Borghini che si conferma una volta di più tra le migliori al mondo, una garanzia per lo sport italiano. Al Giro d'Italia Donne ha sofferto, nel suo Piemonte non è riuscita a regalare una vittoria ai suoi tifosi, ma oggi si è rifatta con una perla preziosissima.
Quella di Coryn Rivera, l'americana che tagliato il traguardo in lacrime ha ricordato il papà, scomparso nei mesi scorsi per colpa del covid-19 che ha combattuto in prima linea lavorando in ospedale e che aveva il grande desiderio di vedere la figlia nella competizione a cinque cerchi. Sono sicura ci sia riuscito.
Quella di Marta Cavalli, più commossa della compagna sul podio, che a soli 23 anni non solo si è dimostrata all'altezza dei Giochi ma si è resa conto di essere destinata a qualcosa di grande. Quella di Soraya Paladin, che nonostante una giornata no, ha stretto i denti per dare il proprio contributo alla causa azzurra e rendere ancor più fieri i tanti che a Cimadolmo questa mattina si sono riuniti davanti al maxi schermo a tifarla. Quella di Marta Bastianelli, che finalmente ha esaudito il suo desiderio di partecipare a un'Olimpiade.
Quella di Seiko Hashimoto, presidentessa del comitato organizzatore di Tokyo2020, che mi sorride felice quando le dico che vengo dall'Italia e che è un'ispirazione per tante ragazze per dove è arrivata in campo sportivo e politico. A dirigere questo evento pazzesco che si sta dimostrando più forte di qualunque avversità non poteva che esserci una donna ciclista. Hanno una marcia in più.