Il ritiro non è mai stato un’opzione per Chris Froome, che dalla California ha preso parte alla conferenza stampa della Israel Start Up Nation. Il keniano bianco, quando ha deciso di cambiare squadra, ha considerato molti fattori, non solo un rinnovamento per se stesso ma anche la possibilità di essere parte attiva di un progetto che lo vedrà protagonista anche dopo le gare.
«L'età è qualcosa che hai in testa e io sono ancora un giovane nel ciclismo». Sorridendo Froome ha fatto riferimento anche allo spagnolo Valverde, che a 40 anni compiuti è ancora nel gruppo dei migliori.
Mentre i suoi nuovi compagni di squadra sono al lavoro in Spagna, il britannico è rimasto negli Stati Uniti dove sta seguendo un accurato programma di riabilitazione per tornare al massimo della forma.
«Faccio riabilitazione tre o quattro volte alla settimana in un centro specializzato per sbarazzarmi di tutte le debolezze che erano rimaste dall’incidente del 2019, spero di essere di nuovo al 100%».
Froome nel 2020 era tornato alle gare: lo aveva fatto per se stesso, perché non voleva finire la sua carriera senza aver avuto la possibilità, di lasciare al ciclismo ancora qualcosa di bello.
«Dopo l’incidente, la cosa più semplice da fare era fermarsi, ma non volevo finire la mia carriera in quel modo, finire perché ero caduto. Quando ho saputo che avrei potuto recuperare completamente ho deciso che avrei provato, continuando a lavorare sodo. Con quattro vittorie già conquistate al Tour de France, sono estremamente motivato ad aggiungere un quinto successo. Quando ho saputo che mi sarei ripreso, non ho avuto dubbi: sapevo cosa dovevo fare».
Il campione non si è arreso e, anche se alla Vuelta la condizione non era quella che sperava, ha deciso di andare avanti. Ha attraversato l’oceano Froome e, con tutta la sua famiglia, si è stabilito in California. Qui ha trovato la situazione ideale, con un clima che gli consente di uscire in bici tutti i giorni e un’equipe altamente specializzata che lavora solo per lui.
«Prima di tutto, il mio grande obiettivo è quello di tornare al 100 per cento. I miei risultati dipenderanno solo da questo. L'anno scorso ero già vicino al livello che volevo raggiungere, ora devo fare un ulteriore passo avanti per tornare al rendimento precedente l’incidente. L'anno scorso è stato un processo di apprendimento, ho imparato a “sentirmi”. Ora posso continuare a lavorare sul mio recupero».
Froome è un corridore determinato e nel corso della sua carriera tante volte ha dimostrato di poter raggiungere gli obiettivi, non solo con le gambe ma anche con la testa.
«Il modo in cui l'alimentazione e lo sport si sono evoluti nel corso degli anni ha dato la possibilità agli atleti di continuare l’attività e ritirarsi sempre più tardi. Guardo un corridore come Alejandro Valverde che ha già 40 anni, che corre ancora nei grandi giri, in gara è con i migliori del mondo, quindi è ancora possibile per me continuare e mi piacerebbe dimostrarlo».
Alla Vuelta le sue gambe non rispondevano ancora come voleva, ma questo era normale perché proprio in quelle gambe erano presenti ancora viti e placche, che sono state rimosse solo dopo la corsa spagnola.
«Ero felice di essere tornato a correre, mi trovavo esattamente dove volevo e sapevo di non essere poi così vecchio. Ho anche avuto un problema al ginocchio durante la corsa a causa di un po’ di "hardware" che era ancora presente nel mio corpo. Questo materiale ha causato irritazione e non mi ha dato la possibilità di correre come avrei voluto. Quei bulloni sono stati rimossi dopo la Vuelta, quindi questo fa già una grande differenza. Inoltre, alcuni muscoli, come i quadricipiti, avevano bisogno di una particolare attenzione e ci sto lavorando sodo. Adesso, con questo lavoro di recupero, ho la sensazione di essere molto più vicino al mio vero ritorno».
Per il britannico “ritornare” vuol dire essere competitivo come prima, quando al Tour de France il più forte era lui. Per quanto riguarda il rientro alle gare, un calendario non esiste, anche se la squadra ha le idee chiare. Froome dalla California avebbe dovuto andare in Argentina, ma il Covid-19 ha fatto saltare le corse del Sud America e questo per lui paradossalmente ha un lato positivo, perché potrà continuare il suo programma di recupero senza interruzioni.
Un recupero finalizzato al Tour che resta comunque il suo grande obiettivo. Per raggiungere il quale si dovrà misurare con nuove squadre enuovi talenti.
«Naturalmente ci sono alcune squadre estremamente forti che hanno dominato le corse stando sempre davanti nel gruppo, lo abbiamo visto nella scorsa stagione. Ma se guardi Pogacar, la sua squadra al Tour de France dell'anno scorso non ha corso in questo modo e alla fine ha vinto la Grande Boucle».