Il ciclismo è sempre di più uno sport globale ma l’Europa, con le sue corse e le sue squadre, continua ad essere il grande sogno per i corridori provenienti da tutto il mondo. Sono tanti i giovani che da ogni continente sognano quel biglietto che porta in Europa e, tra questi ci sono i giovani colombiani, nati in quel Paese che di campioni ne promette tanti, anche se solo i migliori riescono a salire su quell’aereo che cambierà loro la vita.
Se da una parte ci sono i corridori sudamericani che cercano il Vecchio Continente, dall’altra parte dell’oceano c’è proprio l’Europa che manda osservatori in Colombia alla ricerca di futuri campioni. Cercare i prossimi Bernal o Lopez e Uran, non è così difficile, perché ci sono corse nelle quali basta vincere una volta sola o piazzarsi bene per farsi notare, assicurarsi il contratto con una squadra professional e, sempre più spesso, approdare direttamente al contratto con una formazione World Tour.
Ci sono corse in Colombia che nelle categorie giovanili e under23 valgono come un Mondiale: tra queste c’è la Vuelta a Columbia, il Clàsico RCN, La Vuelta della Juventud, il Tour de Colombia e la Vuelta a Antioquia. Naturalmente senza dimenticare i campionati nazionali e il Campionato Panamericano under 23. Tanto per citare uno degli ultimi casi, andiamo subito dal promettente Daniel Arroyave (nella foto)che appena ventenne, dopo aver vinto il titolo nazionale, è in procinto di firmare un contratto con la EF, dove raggiungerà il suo connazionale Rigoberto Uran.
Se si guarda ogni singolo albo d’oro di queste corse, i cui risultati a noi per lo più sono sconosciuti, è facile incontrare i nomi di quei corridori che oggi ritroviamo al Tour de France, al Giro d’Italia, Vuelta o nelle Classiche Monumento.
La Vuelta della Juventud, per esempio, ogni anno si corre nel mese di maggio e sono tanti i giovanissimi che sperano di conquistare questa corsa. Nel 2014 con i colori della Indeportes–Lotería de Boyacá a tagliare per primo il traguardo, fu Miguel Angel Lopez, che al termine della gara firmò subito un contratto con l’Astana.
L’anno successivo la vittoria, andò a un giovanissimo Richard Carapaz che grazie a quel successo passò con la formazione Continental Strongman-Campagnolo Wilier, per firmare poco dopo un contratto da stagista con la Movistar. In quello stesso anno la classifica a punti andò a Jhonatan Restrepo, per il quale si aprirono le porte della Katusha. Nel 2018 a figurare bene e a salire sul terzo gradino del podio, c’era Cristian Camilo Muñoz Lancheros, che oggi vediamo con la UAE Emirates. Scorrendo indietro e arrivando al 2008 troviamo Henao, mentre l’anno dopo, la vittoria andò a Betancour.
Passando alla Vuelta a Columbia, impossibile non notare che il vincitore del 2018 era l’ecuadoriano Jonathan Kléver Caicedo, che dopo quel successo firmò un contratto con la EF. Caicedo lo abbiamo visto a ottobre al Giro d’Italia vincere una delle tappe più importanti, quella con arrivo sull’Etna.
In queste classifiche non riconosciamo però solo i nomi dei corridori della Colombia, poiché da molti anni tutto il Sud America prende parte a queste corse. Ad esempio la vittoria del 2009 andò a José Rujano, ancora oggi considerato il miglior corridore della storia del Venezuela e che con quella vittoria,arrivò in Italia per correre con la squadra di Gianni Savio.
Queste sono le corse della speranza per i giovani del Sud America, corse che dietro hanno anche un giro d’affari non indifferente, con tanti procuratori europei alla ricerca del campione di turno. Ma se dal punto di vista sportivo queste competizioni sono le vetrine che mettono in mostra tanti talenti, bisogna anche guardare l’aspetto psicologico che le avvolge. Purtroppo va detto che molti di questi corridori, che lasciano le loro famiglie da giovanissimi, spesso non riescono a combattere lo stress causato dalla lontananza da casa. Così una buona parte di questi talenti, dopo una o due stagioni nel Vecchio Continente, decide di lasciare il ciclismo importante per tornare a casa.
Non è facile per loro rivoluzionare tutto e spesso i risultati vengono meno proprio a causa di questa lontananza, che per alcuni si trasforma in una vera sofferenza. Così se tanti campioni arrivano in Europa, tanti altri ritornano a casa.
Ed indine notiamo che non tutti i nomi importanti del ciclismo colombiano e sudamericano figurano tra i vincitori di queste competizioni, come nel caso di Egan Bernal, e Rigoberto Uran. Per loro il percorso è stato diverso, sicuramente più accelerato rispetto ai loro connazionali. Entrambi dopo aver mosso i primi passi nel loro Paese, sono arrivati prima dei 20 anni in Italia, dove hanno avuto la possibilità di crescere, imparare il mestiere, trovare delle famiglie che li hanno "adottati" e diventare così dei grandi campioni.