I gregari sono gli uomini nell’ombra, si parla poco di loro, ma il lavoro che fanno in squadra, è unico e insostituibile. Damiano Caruso è quell’atleta che ogni grande corridore vorrebbe avere in squadra. Onesto, sempre a testa bassa protegge il suo capitano, rischiando in prima persona, senza mai tirarsi indietro.
Damiano nato tra il sole e il mare della Sicilia, ha deciso di aiutare in squadra, rinunciando ad avere un ruolo da protagonista, anche se gli uomini come lui in squadra hanno sempre un ruolo importante. Davide Cassani, il commissario tecnico della nostra nazionale, lo vuole al Mondiale di Imola e lui, con orgoglio, ha subito risposto alla chiamata.
Davide Cassani l’ha scelta per il Mondiale di Imola. E’ stata una sorpresa per lei?
“Con Davide avevo parlato, mi aveva chiamato e chiesto delle cose e io avevo detto di sentirmi bene. Questa è una chiamata importante, il Mondiale italiano e correre con la maglia azzurra sulle nostre strade è qualcosa che ti riempie di orgoglio. Sono onorato della fiducia che Cassani mi ha rivolto, mi farò trovare pronto e onorerò la corsa dal primo all’ultimo chilometro”.
Che tipo di percorso sarà?
“Sarà un percorso veramente duro, non ho ancora potuto vederlo, ma Cassani mi ha spiegato molto bene le caratteristiche. Ci sono tantissimi chilometri da fare e diverse salite, che ad ogni giro renderanno le gambe sempre più pesanti, con 5000 metri di dislivello. Personalmente avrei preferito il percorso svizzero, con una salita più lunga e meno ripida adatta principalmente a scalatori. Questo percorso si può adattare anche a corridori da classica, quindi la rosa dei favoriti si allarga”.
Cosa vuol dire indossare la maglia azzurra?
“Vuol dire essere stato scelto per qualcosa di importante, perché in quel momento rappresenti il tuo Paese e non è qualcosa che si fa ogni giorno e per caso. Vuol dire che c’è qualcuno che ti ha scelto e devi dare tutto quello che hai e anche di più per dimostrare che sei all’altezza del ruolo che ti è stato affidato. La maglia azzurra ti viene affidata, è un simbolo e bisogna sempre onorarla”.
Lei sta correndo al Tour de France al fianco di Landa, come lo state vivendo?
“E’ tutto diverso, non c’è la solita aria di festa. Abbiamo dovuto rivedere le nostre abitudini a causa del Covid. Anche gli orari sono diversi, sono più simili a quelli della Vuelta perché è tutto spostato più avanti. Ma noi non ci lamentiamo, siamo contenti di essere ripartiti e come sempre onoreremo la corsa”.
Che livello di corridori abbiamo?
“Questo è il mio sesto Tour e il livello è veramente altissimo. Alcuni pensavano che un Tour a settembre sarebbe stato meno appassionante, invece i corridori sono tutti preparatissimi e hanno una gran voglia di vincere. E’ un Tour esplosivo e ogni squadra è qui per conquistare qualcosa”.
Lei è uno dei corridori che è caduto in gara ed ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza: può spiegarci quali sono i pericoli?
“Penso che il problema sia stato evidenziato da tutti, non solo da me. Purtroppo già dal primo giorno si sono verificate delle cadute, con ritiri di corridori. Cadere in corsa adesso e farsi male, vuol dire rinunciare a tutta una serie di appuntamenti, perché a causa del Covid tutte le gare sono ravvicinate. Mi viene subito in mente il nostro Formolo, che dovrà probabilmente rinunciare al Mondiale per una caduta in gara. Penso che bisognerebbe prestare un po’ più di attenzione al tracciato, evitando troppe rotatorie, spartitraffico, centri cittadini con strade strette e troppe curve a 90° e soprattutto guardando alla qualità del manto stradale, perché il gruppo quando è unito va a velocità elevate. Nei momenti più concitati il plotone è come una mandria infuriata ed è per questo che quando passiamo in strade strette finiamo a terra”.
Lei era caduto ed era rimasto indietro: è stato difficile rientrare?
“Anche in questo caso torniamo sul tema della sicurezza. Quando sono caduto il gruppo andava forte e nessuno voleva mollare la posizione conquistata. Ho dovuto faticare per 20 chilometri per rientrare”.
Qual è il suo ruolo in questa corsa?
“Il mio ruolo è quello di difendere Landa. Potevamo andare un po’ meglio perché Landa in salita è uno dei più forti, purtroppo a causa delle cadute abbiamo accumulato del ritardo. Ma abbiamo già dimostrato sui Pirenei che possiamo tranquillamente competere con i migliori, abbiamo fatto vedere che ci siamo e che possiamo fare bene”.
Chi sono i vostri avversari?
“Roglic per il momento è il favorito e ha una squadra fortissima. Poi c’è Bernal che ancora non si è esposto, ma presto lo vedremo all’azione, in particolare nella terza settimana. Anche Pogacar sta andando fortissimo, penso che sia il presente e il futuro del ciclismo. La differenza la farà la crono del penultimo giorno, in quella giornata anche chi è al comando potrà perdere il Tour”.
Ci sono stati dei casi positivi al Covid-19, come avete commentato la notizia?
“Guardando la situazione nei vari Paesi e negli altri sport, penso che i nostri siano numeri veramente molto contenuti e che possiamo considerare il nostro ambiente molto più sicuro di altri”.
Siete stati quindi più bravi?
“Non voglio dire che siamo stati più bravi, ma forse che siamo stati più consapevoli dei rischi e la nostra condotta è stata esemplare anche fuori dalle gare. Probabilmente il ciclismo di suo è uno sport che ha più rigore, per cui anche quando siamo a casa siamo abituati a seguire delle regole più precise. Con il Covid alla fine abbiamo solo apportato delle modifiche ad un regolamento che già seguivamo”.
Lei come corridore ha fatto una scelta importante, quella di rendersi utile agli altri invece che cercare il successo per se stesso. C’è qualche soddisfazione che vorrebbe per lei?
"Una soddisfazione sarebbe quella di portare il mio capitano a vincere un grande giro, ma anche vincere una tappa per me”.
La vedremo al Giro d’Italia?
“Mi sarebbe piaciuto è la nostra corsa e si va nella mia Sicilia, ma correrò nelle classiche e la mia stagione si concluderà con la Liegi-Bastogne-Liegi”.