Centoquarant’anni da compiere tra pochi mesi, un compleanno che pesa, quanto la storia di Bianchi. Dici Bianchi… e cominci il racconto, di un brand planetario e conosciuto, riconosciuto e amato. Chi lavora alla Bianchi conosce il peso della storia, ma anche delle responsabilità. Lo sa bene Marco Gentili, amministratore delegato dell’azienda di Treviglio dal 20 dicembre di un anno fa, che ha raccolto la sfida lanciatagli da Salvatore Grimaldi, proprietario del prestigioso marchio dal 1997: il prossimo anno saranno 28 anni anche per il tycoon italo-svedese (è pugliese, di Taranto, ndr).
Un anno dopo eccoci qui, a fare il punto, sia sulla Bianchi che sul mercato della bicicletta, in un momento storico molto particolare.
Dottor Gentili, che tipo di amministratore è lei?
«Io ho la sfortuna di essere uno che viene chiamato sempre quando ci sono emergenze: o ricostruisco nel caos o accelero rapidamente».
Qui a Treviglio c’è da ricostruire o da accelerare?
«Forse entrambe le cose. Bianchi ha delle potenzialità pazzesche, ma è anche vero che devi avere una struttura e delle professionalità che siano in grado di reggere il cambio di passo. Per questo ci stiamo riqualificando tutti assieme, in un lavoro collettivo molto bello e stimolante, dove la parte del padrone la fa il dialogo. Solo in un ambiente sereno e propositivo si può crescere e pensare al futuro. Noi abbiamo una fabbrica modello che a pieno regime potrebbe arrivare a produrre 1.500 biciclette al giorno, per il momento siamo a 250».
Cosa è stato fatto quest’anno?
«Oltre a riqualificarci, abbiamo semplificato e riordinato, ma anche ripensato la nostra produzione, cercando di ottimizzare i tempi. Noi dobbiamo produrre biciclette, ma anche fatturare».
Voi avevate anche una gamma di e-bike molto ampia e importante…
«Fin troppo. Per l’elettrico avevamo 21 modelli, quest’anno siamo scesi a quattro. Mentre nel mondo muscolare road era già stato attivato un processo di razionalizzazione e gerarchia di modelli: in ogni caso abbiamo nove modelli, tra aero, allrounder, cross, gravel e crono. Abbiamo fatto una semplificazione e stiamo lavorando sulla standardizzazione per avere dei tempi di assemblaggio più rapidi possibili. Oggi produciamo alto di gamma sposando logiche industriali e di efficientamento d’avanguardia. Fino a poco tempo fa qui vigeva un concetto: più la bicicletta è complessa e più è da considerare una bicicletta di alto di gamma. Non è così».
Cosa è oggi Bianchi?
«Una realtà con enormi potenzialità, ma ha ancora un dna da azienda artigiana. La mentalità con la quale ci siamo trasferiti dalla vecchia linea produttiva a quella nuova è rimasta la stessa: dobbiamo diventare industria e abbiamo tutto per diventarlo. I nostri dipendenti sono ormai prontissimi per fare il salto di qualità».
Quanto tempo ci vorrà?
«Spero pochissimo, ma due/tre anni sono chiaramente necessari».
Come è stato il 2024?
«Buono, perché c’è stato un grande cambio di passo e di mentalità».
Quante biciclette avete venduto?
«Fino alla fine di novembre circa 49.000, nello stesso periodo di un anno fa eravamo a 41.000».
Fatturato?
«Eravamo a 121 milioni, quest’anno dovremmo chiudere con un consolidato di 134 milioni di euro: siamo sul + 9%».
Il prossimo anno come sarà?
«Difficile. Per l’elettrico non sarà assolutamente facile, ma anche per il muscolare non ci sono prospettive lievi: sarà come il 2024. C’è ancora troppo materiale nei magazzini del mondo, parlo chiaramente in senso generale e non solo di elettrico. Poi mettiamoci la volatilità del mercato giapponese, gli Stati Uniti dei quali non sappiamo ancora se ci saranno i dazi o meno. E poi l’Europa: la Francia e la Germania arrancano, noi dietro loro. Il mercato globale è lì da vedere: agricoltura ferma, tessile fermo, costruzioni ferme, automotive fermo, lusso fermo. Gli indicatori non sono incoraggianti. In ogni caso noi come Bianchi stiamo lavorando bene e vogliamo finire il magazzino delle biciclette elettriche tra quest’anno e il primo quadriennio del prossimo anno, per poi uscire con i nuovi modelli. Nessun sconto, ma stiamo lavorando per dare al pubblico biciclette di livello a prezzi accessibili. Mercedes è un brand riconosciuto? È in F1? Bene, quel sentiment di ricerca, tecnologia, affidabilità e design che la casa automobilistica tedesca riesce a dare dalla F1 al Vito, dobbiamo riuscire a declinarlo anche noi. Noi siamo “il corsa”, siamo il massimo delle biciclette da competizione e questo spirito di ricerca, fascinazione ed eleganza dobbiamo declinarlo in tutto: dal muscolare all’elettrico. Una bicicletta Bianchi ha il peso di 140 anni di storia Bianchi, lo si deve vedere, lo si deve respirare, lo si deve desiderare».