Si avvicina la storica partenza del Tour de Frane dall'Italia e dagli archivi eerge la storia di una corsa unica che ha legato i due Paesi: la 17a edizione della Parigi-Nizza, infatti, ha portato il gruppo da Parigi... a Roma passando per Nizza e Firenze. Era l'inizio del 1959. In quattro puntate vi stiamo raccontano un'avventura franco-italiana movimentata e assolutamente unica, caratterizzata dal profumo dell'impresa e della sfida inedita.
PUNTATA 2. “POPOF” SOTTO I RIFLETTORI
Dominano gli italiani
Il gruppo di questa corsa unica disputata nel 1959 comprendeva 32 corridori italiani: Nino Defilippis e Gastone Nencini i più accreditati a competere per la vittoria finale, molti altri avevano un ruolo importante nella caccia quotidiana ai mazzi di fiori. Nelle prime tappe a fare la differenza è stata la categoria di corridori già in condizione per affrontare le grandi classiche. I belgi sono riusciti a fare la differenza con Willy Vannitsen che ha siglato la vittoria a Gien (tappa 1), prima che il vincitore dell'edizione 1958 della Parigi-Roubaix Leon Van Daele prendesse il sopravvento a Saint-Etienne. Ma gli italiani non sono stati da meno, con Vito Favero e Armando Pellegrini che hanno vinto due tappe ciascuno nel lungo viaggio verso il Colosseo. Al termine della quarta tappa è stato un lombardo - Pierino Baffi - a vestire la maglia bianca per mezza tappa. In patria, Baffi vince a Firenze e poi a Roma sale sul podio finale, classificandosi al 3° posto e diventando il rappresentante numero uno del ciclismo azzurro in questa corsa inedita. Gli italiani chiuderanno con un bilancio totale di cinque tappe vinte nella Parigi-Nizza-Roma, risultato che rimane ancora oggi un record per il nostro ciclismo.
Gérard Saint, il gigante di Normandia
Intanto la Francia è alle prese con un cambiamento generazionale: Louison Bobet sembra destinato a cedere il passo a Jacques Anquetil mentre il fenomeno Roger Rivière guadagna terreno e la Parigi-Nizza-Roma si trasforma nel trampolino ideale per il salto di qualità di Gérard Saint, che gli appassionati del Tour du Luxembourg e del Grand Prix des Nations hanno già imparato a conoscere.
Fin dalle prime fasi, Saint è stato il compagno perfetto di Rivière nella squadra Rapha-Géminiani, prima di farsi spazio come serio pretendente alla vittoria finale nella cronometro di Vergèze.
Nonostante abbia chiuso la prova a una trentina di secondi da Anquetil e Rivière, che come da pronostico hanno dominato la corsa, il 23enne corridore di Argentan ha preso il comando della classifica generale dopo il terzo posto nella crono. Il suo fisico slanciato – è alto 1,92 m – è valso a Gérard Saint il soprannome di “l'interminable Normand” (l'infinito uomo della Normandia), e le sue prestazioni durante tutta la gara lo hanno collocato tra i più grandi nomi del gruppo. Purtroppo, il destino sarebbe stato crudele con lui: avrebbe perso la vita un incidente stradale mortale un anno più tardi, mentre tornava in caserma per il servizio di leva dopo aver trascorso una breve vacanza in famiglia.
Ed ecco Graczyk
Tra i protagonisti di quella Parigi-Nizza-Roma anche Jean Graczyk che non è più uno sconosciuto grazie alla maglia verde conquistata al Tour de France del 1958. Il giovane transalpino indossa la maglia Helyett-Leroux al fianco di Jacques Anquetil, André Darrigade e Jean Forestier. Fedele ai suoi doveri di compagno di squadra, sfruttando le sue doti di resistenza e costanza ha tenuto il passo di capitan Anquetil arrivando al via dell'ultima tappa francese a circa quaranta secondi dal leader Gérard Saint. Nella Manosque-Nizza il corridore franco-polacco - conosciuto da tutti come “Popof” - ha avuto il via libera dal suo leader per unirsi a Darrigade in una fuga che aveva tutte le carte in regola per scalzare i primi due della classifica generale – Saint e Rivière della Rapha- Géminiani – dalla loro posizione. La fuga, forte di corridori di prestigio come Nino Defilippis, è arrivata ai piedi dell'Esterel con un vantaggio di oltre sei minuti sul gruppo. Al traguardo Graczyk si è accontentato di un semplice 8° posto che gli ha garantito però un netto vantaggio sugli avversari. Aveva vinto la Parigi-Nizza, ma la strada per arrivare a Roma era ancora lunga.
La lealtà di Darrigade
André Darrigade era un formidabile velocista, capace di vincere 22 tappe al Tour de France e conquistare la maglia verde in due occasioni, nel 1959 e poi nel 1961. Ma il “lévrier landais” (il levriero delle Landes) era famoso anche per la sua lealtà come compagno di squadra, un gentiluomo apprezzato tanto dal tecnico Marcel Bidot quanto dal suo leader Jacques Anquetil. E nella tappa Manosque-Nizza, proprio questo atteggiamento ha assicurato il successo finale di Jean Graczyk, le cui possibilità erano state messe in discussione da una foratura sulla salita dell'Esterel. Sacrificndo le sue evidenti possibilità di conquistare una vittoria di tappa, Darrigade ha passato la ruota al compagno meno famoso ma meglio piazzato di lui nella generale: «L’unica cosa che contava era aiutare Graczyk, il nostro leader di fatto».
La mancata vittoria di tappa a Nizza - successo andato a Pierre Everaert - è stata l'unico motivo di rammarico per Graczyk al termine della corsa. «Il gesto di André mi ha toccato profondamente, non gli avevo chiesto niente e non mi sarei mai nemmeno sognato di farlo. È grazie a Darrigade se stasera sono in testa alla classifica generale. Mi sarebbe piaciuto vincere la tappa per ringraziarlo». Quel giorno Darrigade e Graczyk hanno dato a tutti una lezione di umiltà.
2 - continua
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PUNTATA 1: LA CORSA DELLE DUE CAPITALI