Ieri sono stati resi noti i risultati dei test Covid fatti sui corridori, che hanno escluso casi di positività al virus, ma non bastano le direttive UCI e le squadre si organizzano con regole interne e tamponi tutti i giorni e alcuni corridori chiedono il ripristino delle bolle di sicurezza. E’ sotto gli occhi di tutti come il pubblico sia numeroso e di come la gente si accalchi sulla corsa senza distanziamento e mascherine.
Le notizie sull’aumento dei casi positivi al Covid sono trasmesse da tutti i media, ma non ci sono ancora particolari restrizioni. La sicurezza dei corridori deve essere al primo posto e così le squadre, oltre ai regolamenti UCI, hanno deciso di applicare protocolli più severi. I tamponi fatti ai corridori non erano molecolari ma test rapidi e Xavier Bigard, medico e direttore sanitario dell'UCI, ha sottolineato l’attendibilità dei risultati. «Attualmente i test antigenici hanno guadagnato in specificità – Ha spiegato il medico UCI - Sono un po' meno sensibili rispetto ai PCR ma permettono di escludere tutti i casi positivi legati alla presenza di residui non attivi del virus derivanti da una vecchia infezione».
La situazione non piace ad alcuni corridori, che hanno chiesto di poter tornare alle bolle di sicurezza, come ha fatto David Gaudu nella conferenza stampa di ieri. «Sarebbe un bene per tutti i corridori se si tornasse ad usare le bolle di sicurezza – ha detto il corridore francese – e tutti dovrebbero rimettere le mascherine».
Mentre il corridore della Cofidis Pierre-Luc Périchon, arrivato al Tour in sostituzione di Bryan Coquard risultato positivo prima della partenza a Copenaghen, chiede il rispetto del distanziamento. «Non dico che sia piacevole ma rispettiamo le regole del distanziamento sociale che sembrano essere sparite».
In casa Cofidis sono molto attenti e nelle stanze in cui dormono i corridori, sono installate lampade UV che dovrebbero ridurre l'aggressività del virus. Ma se ci sono squadre, come la Jumbo-Visma, che ogni giorno effettuano tamponi su tutti i corridori e utilizzano solo camere singole negli alberghi; ci sono anche team in cui questo non avviene, poiché le regole UCI non obbligano nessuno a questo tipo di prassi. Ci sono alcuni medici delle squadre che pensano che qualcosa dovrebbe essere cambiato, poiché potrebbero esserci corridori che hanno avuto il Covid, ma che non sono mai stati testati e che sono rimasti in gara prima di risultare negativi con i test eseguiti dopo la tappa di Châtel.
Intanto ASO rinnova all’interno del gruppo il rispetto delle regole e obbliga chiunque entri nelle zone di transito dei corridori ad indossare le mascherine e mantenere il distanziamento. Anche la stampa che al Tour è presente sia nella zona di partenza che di arrivo al Tour, ha obbligo di indossare la mascherina e di fare interviste video utilizzando un microfono posto su un’asta per garantire le distanze di sicurezza.
La AG2R-Citroën è stata la squadra che aveva segnalato la positività di Jungels dopo un test PCR e Serge Niamke, medico del team, ha voluto spiegare bene cosa è successo nella loro squadra. «A partire dal Campionato francese avevamo reso obbligatori i test PCR per lo staff e per i corridori, al fine di eliminare ogni contaminazione. Per il Tour abbiamo seguito le indicazioni dell'UCI con test fatti tre giorni prima dell'arrivo a Copenaghen, per tutta la squadra. Quindi, abbiamo abbiamo deciso di ripetere i test con i PCR ed è stato allora che abbiamo avuto il caso di Bob Jungels con una PCR indeterminata e che abbiamo dovuto ricontrollare». Jungels risultò positivo e venne segnalato dai medici del team, poi dopo una decisione presa con tutti i medici del Tour, vista la non contagiosità del corridore, si decise di farlo correre. ll lussemburghese, era asintomatico e aveva una carica virale non contagiosa ed ha così ha beneficiato delle nuove normative».
Le regole UCI vengono sicuramente rispettate, ma i positivi fino ad oggi evidenziati al Tour sono stati rilevati grazie al lavoro ben fatto dalle squadre, che hanno deciso di usare regole ancora più rigide rispetto a quanto stabilito dall’Unione Ciclistica Internazionale. Per tanto, al minimo segnale con tosse o raffreddore o solo malessere, i medici delle squadre effettuano immediatamente dei test rapidi e in caso di dubbio viene immediatamente eseguito un tampone molecolare.