È bravo, forte e umile, Tadej Pogacar, il campione sloveno che oggi , nel giorno di riposo, ha raccontato il suo Tour. È il campione umile che vince tanto ma che non vuole essere paragonato ad Eddy Merckx e che rispetta sempre l’avversario. Corre bene il giovane sloveno, perché per lui il ciclismo è gioia vera da condividere anche con le persone care, come Allan Peiper il suo mentore, che da quest’anno non fa più parte dello staff dell’UAE Emirates. “ È vero voglio vincere sempre, ma se prendiamo domenica non era cosi - ha detto Pogacar - Volevamo solo mantenere il ritmo di gara, ma in televisione forse è sembrato diverso. Negli ultimi 250 metri poteva seguirmi solo Jonas Vingegaard e alla fine lui ed io riusciti a prendere qualche altro secondo”.
Vingegaard ha detto che le salite lunghe sono più adatte alle sue caratteristiche, mentre Pogacar ha preferito non commentare le dichiarazioni dell’avversario. “Vedremo nei prossimi giorni cosa accadrà. Abbiamo già fatto delle salite ma non erano poi così difficili. Il Col du Granon e l'Alpe d'Huez saranno due grandissime salite alpine. Ho un buon occhio per capire le mie condizioni e spero anche di avere buone gambe questa settimana”.
Dopo il vento e la pioggia della Danimarca e le temperature miti della prima settimana, il caldo farà da padrone al Tour de France e per alcuni corridori questo potrebbe essere un problema. “Il caldo è un problema per tutti e dobbiamo solo cercare di mantenere il corpo il più idratato possibile. Non credo che a qualcuno piaccia correre quando ci sono quaranta gradi. Non penso nemmeno che sia salutare. Sarà una settimana difficile per tutti con condizioni meteorologiche estreme. Non vado poi così male quando è molto caldo. Mi sono allenato per molti giorni con temperature elevate e anche al Giro di Slovenia è stato molto caldo”.
Pogacar è rimasto sorpreso quando gli è stato chiesto se si fosse allenato usando camere termiche: un sistema utilizzato per ricreare le condizioni meteo di temperatura e umidità, che i corridori troveranno in gara. “Non ho mai sentito parlare di una cosa del genere, non ci ho mai pensato. Nel mio sport dobbiamo correre fuori sulla strada e non in una stanza. Ho anche avuto dei giorni davvero caldi durante l'allenamento in quota, anche 37 gradi.
La squadra sta bene, ma il covid rimane il vero nemico di ogni corridore. “C’è sempre il rischio di essere contagiato e se dovessi risultare positivo andrei a casa - ha continuato Pogacar -. Non importa se indossi la maglia gialla oppure no, perché puoi mettere in pericolo la salute degli altri. Soprattutto perché corriamo ogni giorno in condizioni così difficili. Se il virus ti ha contagiato, continuare non è una cosa buona per la salute”.
Il giovane sovrano del ciclismo scoprirà per la prima volta l'Alpe d'Huez nel Tour giovedì. Ovviamente, ha fatto una ricognizione sul percorso e si è fatto le sue idee. “È una salita iconica e dura. Sarà caldo e per di più difficile, ma al tempo stesso avremo una giornata interessante. Per il pubblico sarà un Tour leggendario da guardare in TV, ma non sarà molto divertente per noi. Posso dire che è bello essere già il leader della corsa e spero di mantenere questa maglia gialla fino a Parigi".
Il Ciclismo è uno sport speciale, dove si costruiscono legami forti, come quello che Pogacar ha con Allan Peiper. Il direttore sportivo australiano ha scritto una lettera a Pogacar prima della tappa ad Arenberg e, anche se non lavora più con l’UAE Emirates, il rapporto con lo sloveno è molto forte. “Mi manca Allan e la sua mancanza l’ho sentita a La Planche des Belles Filles, dove tutto è iniziato per me due anni fa. È una brava persona, un mentore e tutti lo abbiamo ammirato”.