Non sono su Twitter (per incassare insulti mi basta Facebook, almeno non sono anonimi), non sono su Twitter eppure alla partenza mi mostrano un tweet di Jacopo Guarnieri: “C'è qualcosa di peggio dei giornalisti che si lamentano di una corsa noiosa?”.
Io una risposta l'avrei, ma preferisco tenermela. Piuttosto, mi autodenuncio non tanto come giornalista annoiato, perchè in oltre trent'anni di Giro io non mi sono mai annoiato un solo giorno, ma come giornalista molto critico con questa edizione 2022. Credo che per Guarnieri faccia lo stesso, non mi sembra tipo da sottili distinzioni, dunque anch'io sto nel suo peggio.
Tuttavia, siccome quando arriva lui al traguardo di solito il Giro è già risolto da un po', provo a chiarirgli come sta andando là davanti, e da dove vengano le mie perplessità. Sempre che abbia voglia di ascoltare, lui e i risentiti come lui.
In ogni caso, caro Jacopo, senza farla tanto lunga: questo è un Giro in cui i big non si staccano mai in avanti, ma solo all'indietro. Vedi, in ordine cronologico, Dumoulin, Yates, Bardet, ora Almeida, ciascuno con i suoi bravi motivi. A forza di sottrarre, la cosiddetta elite di testa è ormai ridotta ai minimi termini, con la triade Carapaz-Hindley-Landa a formare una piccola Società per azioni, società in cui Carapaz detiene la maggioranza relativa con il 34 per cento, mentre gli altri due detengono il 33 ciascuno. Ricordo, tanto per spiegare meglio il livello, che il nostro 37enne Nibali è quarto, e sto parlando di un fuoriclasse assoluto che nelle ultime tappe ha lottato come un leone, salvo poi scendere dalla bici smoccolando con se stesso, “stavolta ho pagato”, “purtroppo di più non potevo fare” (caro Guarnieri, imparare qualcosa: si chiama autocritica, caso mai ti fosse oscuro il termine).
E comunque, per completare il quadro di questo Giro 2022: da Budapest a oggi, dei cosiddetti e sedicenti big solo Hindley ha vinto una tappa (Blockhaus), comunque allo sprint sul resto della compagnia. Gli altri sono a quota zero. Non solo: nessuno di questi campioni che si ritrovano Guarnieri come avvocato difensore ha mai staccato gli altri. Nemmeno ci hanno mai provato. Solo scattini e allunghini, non altro. Carapaz, per estremo amore di verità, si è buttato davvero in fuga nella tappa di Torino, ma persino questo estemporaneo tentativo è prontamente e mestamente rientrato.
Fine della contabilità. Riassunto e bilancio completati. Per cui: gli annoiati, i critici, gli appassionati buongustai che tanti giri e tanti campioni hanno ammirato, sono tutti qui alla vigilia degli ultimi due tapponi a lanciare un ultimo grido disperato, non certo a te, caro Guarnieri, che arriverai al tramonto: forza, datevi una mossa, regalateci un quarto d'ora di esaltazione. Provateci, per amor del cielo. Il regolamento non prevede una maglia multipla, come i passeggini per i gemelli, che premi due o tre vincitori ex-aequo: ne esiste da sempre una sola, singola, rosa, che premia il più forte. Non facciamo che stavolta si finisce penosamente per premiare il meno debole.
Se invece l'idea è di scendere persino dalla Marmolada con quel famoso abbuono preso da Carapaz nella Sant'Arcangelo-Reggio, la tappa più piatta di tutte, 3'' sul traguardo volante, a stabilire le differenze, allora amico Guarnieri concedi almeno il diritto costituzionale di esprimere dissenso.
Nell'augurarti ogni bene, voglio darti anche un ultimo aiutino: chissà come mai siamo tutti qui a lacrimare come prefiche sul ritiro di Nibali. Fatti una domanda e datti una risposta.