Domenica scorsa, 1 agosto, a Montallese (SI), qualcosa di imprevedibile ha turbato il normale svolgimento della 51ª Coppa “Grand’Ufficiale Francesco Bologna”: gara nazionale Elite/Under23, organizzata dalla ASD Montallese e diretta dagli esperti Enzo Amantini e Paolo Maraffon. Un episodio dagli strascichi contenuti ma interessante da conoscere per non ripeterlo.
Al momento di partire, due auto del Commissariato della Polizia di Stato di Chiusi hanno bloccato l’uscita della gara dal luogo di ritrovo, impedendone la partenza, fino a quando, conclusi gli indispensabili e accesi chiarimenti tra Polizia, direzione corsa, Sindaco ed altri ancora, la corsa ha potuto muovere. Purtroppo con 45 minuti di ritardo e la riduzione del chilometraggio per non andare oltre gli orari previsti nell’ordinanza della Prefettura di Siena.
Come in tutte le corse che non hanno i crismi di quelle a tappe o delle classiche professionistiche, gli organizzatori, oltreché la scorta al seguito, avevano predisposto un adeguato servizio di personale a terra per il presidio degli incroci e dei punti più pericolosi, secondo quando convenuto con gli stessi Comandi di Polizia locale.
Ovviamente, come sempre in questi casi, dando ordine ai volontari di iniziare il presidio con il giusto anticipo rispetto agli orari scanditi dalla tabella di marcia, almeno 15 minuti prima come recita il disciplinare tecnico, considerato che si trattava di attuare una normale sospensione temporanea della circolazione del traffico per una corsa che doveva partire alle ore 13.00 e non di una chiusura totale.
Circostanze non del tutto calcolate, a quanto pare, dagli agenti del Commissariato di Chiusi, i quali, verso mezzogiorno, osservando il percorso ancora sguarnito, si precipitavano al ritrovo della gara impedendone la partenza contestando agli organizzatori l’inosservanza delle concordate misure preventive di sicurezza.
Una situazione sorprendente quanto imbarazzante, ingiusta per i corridori e per gli organizzatori, costretti a ritardare la gara fino a quando, i malcapitati direttori di corsa, col passare del tempo hanno potuto dimostrare che i volontari avevano comunque raggiunto le proprie postazioni, anche quelle più lontane, come in ogni caso avrebbero fatto senza essere sollecitati anticipatamente.
Fosse stata una giornata fredda di marzo/aprile, la corsa la si sarebbe dovuta annullare per tutelare la salute dei concorrenti che non avrebbero potuto sopportare una attesa così lunga, con le conseguenze che ciascuno può immaginare, così come non è giusto avvilire lo sforzo e la professionalità degli organizzatori per interventi del potere pubblico non supportati da una specifica conoscenza dell’evento a cui s’intende dare conforto nell’interesse della collettività.
Il contributo delle Questure per la sicurezza delle gare ciclistiche, in questi ultimi tempi, è sensibilmente cresciuto, sia sul piano della prevenzione che della messa in campo di un numero maggiore di pattuglie di Polizia e Carabinieri.
Un orientamento ed una disponibilità a tutto vantaggio del ciclismo e della sua promozione che, però, come il caso di Chiusi suggerisce, in molti territori manca ancora del dovuto coordinamento istituzionale ed operativo tra tutti i soggetti interessati: Strutture FCI, Prefetture, Questure, Polizia Stradale e Comandi di Polizia Locale, come invece potrebbe essere con l’istituzione dei “tavoli di concertazione” che il Ministero dell’Interno va proponendo ai Prefetti, dal lontano 1997, ma che solo pochi hanno ritenuto istituire.
Esiste inoltre un disciplinare tecnico, con una marcata definizione dei doveri, compiti e responsabilità, che tanto dovrebbe spingere alla chiarezza, ma che, purtroppo, stenta a farsi conoscere oltre gli organizzatori e i direttori di gare ciclistiche, che aiuterebbe anche a stroncare sul nascere immotivati stati di apprensione per la sicurezza delle gare ciclistiche.
Un insieme di circostanze e condizioni per le quali molti auspicano che la FCI sappia agire con l’adeguata tempestività ed efficacia che il mutare dei tempi impone.