È a suo modo un personaggio, anzi un “anti personaggio” convinto, per carattere ed attitudini personali, Donato Pucciarelli, meccanico ciclista per professione e passione ma l’ordine dei due termini potrebbe tranquillamente variare senza però intaccarne la sostanza.
Sono trentatré anni che calca le mobilissime scene ciclistiche professionistiche, senza soluzione di continuità, trentatré stagioni sempre con la medesima squadra, senza mai cambiare se non le maglie con molteplici dizioni, sempre però con lo stesso, orgoglioso, spirito d’appartenenza al gruppo e al “capo” che lo ha creato, sempre curato e diretto, il “principe” torinese Gianni Savio.
È dal 1989, erano i tempi della Eurocar-Mosoca-Galli, che Pucciarelli è non solamente il meccanico, ma pure un sicuro, fidato e discreto cardine della squadra e riferimento di competenza per lo specifico campo d’azione della manutenzione meccanica e assistenza in corsa. E, giusto per inquadrare il periodo e ricordare, elenchiamo rapidamente i corridori di quel gruppo: Alessandro Bono, Antonio Ferretti, svizzero, poi opinionista alla Televisione della Svizzera Italiana, Roberto Gaggioli (tornerà alla ribalta fra poco qui di seguito), Marco Groppo, Ivan Mantegazza, gli svizzeri Severin Kurmann, Jocelyn Jolidon, Herbert Niederberger, Rudi Nuessli, Daniel Wyder, e a completare il quadro, Sergio Scremin, Andrea Tafi e il venezuelano Leonardo Sierra.
Donato Pucciarelli è nato in Campania nel 1951, ad Auletta, nel Cilento, in prossimità delle Grotte di Pertosa, vicino alla confinante Basilicata ma già nei primi anni ’60, tutta la famiglia si trasferisce, per ricercare migliori condizioni di lavoro, in Toscana, a Montelupo Fiorentino precisamente, piacevole centro collinare di pregiate maioliche e ville patrizie, sull’Arno, in provincia di Firenze. E qui si è disputato, dal 1965 al 1984, il G.P. di Montelupo-città della ceramica, con un albo d’oro di rilievo. E proprio qui entra in scena il ciclismo, la passione per la bicicletta diffusissima nel territorio, per il giovanissimo Donato che prova a gareggiare nelle categorie minori. È dura però contemperare il lavoro nell’officina di cicli e moto con il fratello e ottenere risultati soddisfacenti in un contesto ciclistico assai competitivo come era - ed è -, per inveterata tradizione e costume, quello toscano. Erano gli anni dove correva fra i professionisti, con successi di grande rilievo nella sua lunga carriera con un ricco palmarès di 171 vittorie, Franco Bitossi, il popolarissimo “cuore matto” nato a Camaioni, frazione condivisa fra i comuni di Montelupo Fiorentino, Carmignano e Capraia-Limite, che per raggiungere le strade d’allenamento – e pure il luogo di lavoro prima di diventare professionista - doveva passare l’Arno con la barca. Il ponte in muratura che unisce le due sponde dell’Arno è stato inaugurato nel 1976 e intitolato a Bitossi, poi produttore di un pregiato olio e sovente in dialettica, serrata, competizione in tema di uliveti con altri ciclisti della zona ma, sempre e comunque, provetto giocatore di bocce, amico di Paolo e Massimo Fontani, così come Pucciarelli, riferimenti del ciclismo a Montelupo Fiorentino. È da ricordare che pure “l’inglese” per nascita Dario David Cioni, prima biker con la mtb, poi stradista di lunga e sostanziosa carriera, ora d.s. nella Ineos-Grenadiers, abita qui. Sono persone che Donato Pucciarelli conosce bene e delle quali è amico.
È nel 1988, come già scritto, che Donato Pucciarelli, tramite Roberto Gaggioli, toscano della vicina Vinci, buon velocista ma non solo, con vari successi in Italia, poi plurivittorioso negli U.S.A. dove si trasferì, con vittorie – circa 200 - conseguite in quattro continenti nei suoi 20, avventurosi, anni fra i professionisti (e pare sia il tedescone André Greipel che in tempi più recenti abbia vinto in tutti e cinque i continenti), al di qua e aldilà dell’Atlantico, suo buon amico, che chiede la disponibilità di “Puccio” (intuibilmente il soprannome che l’accompagna), ad occuparsi delle bici sue e della squadra nella quale correrà per la stagione 1989, ossia la Eurocar-Mosoca-Galli.
E parte l’avventura itinerante per Donato Pucciarelli, un’avventura che continua tuttora, nella “sua” unica squadra da trentatré anni a questa parte, senza soluzione di continuità. E se non un record mondiale poco ci manca, visto che la voglia di fare non gli è venuta meno, anzi… Ora, rispetto alla gioventù, l’accompagnano gli occhiali da vista almeno per il lavoro sui particolari meccanici di dimensioni più ridotte, i sempre folti capelli ora colore sale-pepe – sempre più sale che pepe, in verità - una complessione fisica un po’ più - leggermente comunque - rotondetta rispetto a quella degli anni giovanili che non gli impedisce però la rapidità di movimenti all’interno e, se necessario, all’esterno dell’ammiraglia che gli è valsa, da parte di Giancarlo Ferretti, lo storico direttore sportivo Feròn, l’appellativo di “Tarzan”, anche se la complessione fisica piuttosto minuta di “Puccio” è ben lontana da quella scultorea di Johnny Weissmuller, il Tarzan cinematografico per eccellenza, e prima vincitore di cinque medaglie oro nel nuoto alle Olimpiadi del 1924 e 1928.
La sua metà parte posteriore dell’ammiraglia è un po’ la sua confortevole casa-officina-magazzino dove opera per le varie necessità in corsa. Sia in corsa, sia fuori corsa, svolge sempre i compiti e i lavori che sono correlati alla sua funzione con particolare discrezione, senza ostentazioni, con educazione e cortesia verso tutti. Per la capacità in materia meccanica specifica parlano, con sufficiente e muta eloquenza, gli anni di servizio ininterrotto nel ruolo, ben trentatré oramai, come già detto.
E la metà circa di questi condivisi sull’ammiraglia pilotata dal direttore sportivo canavesano Giovanni Ellena, accomunati entrambi da operosi silenzi, ma fattivi, attenti ai fatti di corsa, in grande e collaudato “feeling”, entrambi parchi di parole (nonostante l’acquisita toscanità di “Puccio”) ma ricca di complice e reciproca stima e amicizia. Anche quando in ammiraglia, a fianco di Ellena, nelle occasioni importanti, siede, con la forbita eloquenza che gli è propria, la sempre elegante figura del “principe”, il patron Gianni Savio.
A casa, nel negozio di Montelupo Fiorentino, nei periodi della sua assenza per corse e/o ritiri, la moglie Alessandra è l’operoso tramite con il marito per la gestione della parte bici, entrambi orgogliosi genitori della figlia Alice e della nipotina, dieci anni, Carolina.
Richiesto di proporre i nomi di corridori che hanno particolarmente “legato” con lui, il Puccio, ripercorrendo i suoi 33 anni di corridori e corse, via via stringendo con dispiacere l’ampia rosa, cita Leonardo Sierra, “Cacaito”, “Ghiro” e “Scarpa”.
La traduzione, per i meno addentro al mondo delle due ruote professionistiche è, nell’ordine, oltre al venezuelano Leonardo Sierra Sepulveda, il colombiano Nelson Rodriguez Serna, Massimo Ghirotto e il sempre rimpianto Michele Scarponi.
E avanti ancora nonno “Puccio”, prima fratello, poi papà e ora “nonno” - giovanile e gentile - comunque, oltre che di Alice, di molti ragazzi in maglia Androni Giocattoli-Sidermec, squadra “garibaldina” per definizione e vocazione, non solo per le sue capacità meccaniche.