Caro Aru,
è come se tutti quanti assieme, qui in Italia, lanciassimo dall'angolo l'asciugamano sul ring del Tour. Basta così, è un (altro) feroce e impietoso ko.
Si dice che a tutti vada concessa una seconda possibilità: a te ne hanno concesse un rosario, ma sempre con lo stesso esito. Per noi, è la fine definitiva di un sogno coltivato tre o quattro anni fa, e cioè l'idea che dopo Nibali avessimo già pronto il futuro. Tutto in frantumi, stavolta senza altri ma, se, però. Nibali non ha un dopoNibali, a quanto pare neppure Aru ha un dopoAru.
Davanti all'ennesimo cedimento, io concordo al duecento per cento con Beppe Saronni: al Tour non ci dovevi proprio essere. Tu certo sei colpevole per esserci voluto andare, ma qualcuno è più colpevole di te: chi non ti ha detto no, lasciandoti a casa. Uno di quei famosi no salutari che non si dicono più nemmeno ai bambini, questi no più importanti di tanti facilì sì. Il problema generale non è tanto che manchino i no, il problema è che non ci sono più quelli capaci di dirlo.
Il sì buonista che ti hanno concesso, ancora una volta, si risolve in un clamoroso boomerang. Come tutti i sì buonisti. Anzichè darti una possibilità, ti hanno esposto al fallimento. Proprio una scelta geniale.
Adesso vorrei proprio sentirli gli ottimisti h24: andrà tutto bene, dopo ogni notte c'è sempre un'aurora, in fondo al tunnel c'è per forza la luce, quando si tocca il fondo non si può che risalire, e via incoraggiando. E via consolando.
Evidentemente c'è del vero, in questo libro dei proverbi rassicuranti: mica ci si ferma alla prima difficoltà. Dalle difficoltà si esce migliori. Ma per quanto ti riguarda, caro Fabio, ho la netta sensazione che stavolta tu non ne esca migliore. Credo anzi che tu, in questi anni di pena, non ne sia mai uscito peggiore.
Naturalmente, se il ritiro dal Tour sembra già una batosta pesantissima, si può stare certi che seguiranno giorni anche più cupi. I giorni inevitabili in cui dovrai rispondere alla domanda più impegnativa di tutte: e adesso? Adesso cosa fare?
E' chiaro, hai bisogno di ottimi consiglieri. Non è certo mia intenzione infilarmi tra questi. Non ne ho i titoli. Comunque io credo in generale che ci sia un limite alla sofferenza e all'umiliazione. Si può resistere, si può incassare, si può riprovare. Ma fino a un certo punto. Tu ci hai provato tante volte, ci hai provato in tutti i modi. Mi sembra arrivato il momento di tirare le conclusioni.
Qualcosa di simile ha vissuto recentemente Moreno Moser. La sua scelta? Ritirarsi in una squadretta minore per ripartire con calma, senza le famigerate pressioni, alla ricerca della perduta serenità. Però abbiamo visto com'è finita. Neppure questo tentativo estremo ha dato risultati. Moreno ha capito, ha tirato la riga, ha tolto il disturbo.
Inutile girarci tanto attorno: mi sembra che tu sia arrivato a questo punto. Per uno che doveva essere l'Italia del dopoNibali, non può essere tanto facile ricominciare dalla squadretta. Per uno come te, resta un solo modo per uscire a testa alta: riconsegnare la bicicletta, annunciare la fine della carriera, rinunciare ai soldi che ancora ti devono.
E' un finale spietato? Per me, è un finale umano e rispettabile. L'unico possibile, a questo punto. Certo non mancheranno, lì attorno, i consiglieri che ti vorranno convincere a cambiare ambiente e a ripartire di nuovo, scaricando sull'esterno le cause dei tuoi fallimenti. Ti alletteranno con sublimi progetti di riscossa, faranno leva sul tuo orgoglio ferito. Può anche essere che ti convincano. Se sarà così, tantissimi auguri. Sul serio. Ne avrai un disperato bisogno.