Responsabile del settore azzurro femminile dal 2005, Dino Salvoldi ha portato a casa tante medaglie, maglie arcobaleno e con le stelle europee. Le sue parole sono state preziose in questi mesi, quando le sue azzurre erano ferme per il Covid-19 e tanta era la paura di non ricominciare a gareggiare. Adesso il ciclismo è ripartito e sabato prossimo con Strade Bianche, ci sarà il primo appuntamento importante.
Dopo la partenza delle categorie giovanili finalmente sono ripartite anche le nostre Elite. Il primo appuntamento importante sarà il 1 agosto a Strade Bianche. Chi saranno le favorite?
«Le favorite come sempre saranno le olandesi, che hanno vinto le ultime due edizioni, ma anche le nostre ragazze possono fare bene in questa corsa e lo hanno già dimostrato con la vittoria nel 2017 della Longo Borghini e il podio dell’anno successivo. Ci sarà anche la Paladin e potrebbe far bene anche lei».
Lei sarà alla corsa?
“«errò a Siena per veder correre le ragazze e avere idee più chiare sia in vista dei Campionati Europei che del Mondiale. Guarderò le nostre per capire il loro stato, ma osserverò anche le avversarie».
Le avversarie più pericolose sono le olandesi. Vincono sia in pista che su strada, sono veramente così imbattibili?
«Loro hanno uno squadrone formato esclusivamente da capitani. Ognuna di loro ha la possibilità di vincere, non esiste il gregario. Le olandesi hanno sia la velocista più potente, che la scalatrice più forte, noi non abbiamo le più forti, ma sicuramente siamo l’unica squadra che corre seguendo delle strategie ben precise, riuscendo a metterle in difficoltà e a vincere. Loro hanno una capacità di reclutamento superiore alla nostra, sanno correre con il vento e la pioggia e fanno allenamenti molto duri. Poi sono anche molto selettivi, non fanno tutto. Se guardiamo la pista vincono tanto ma non fanno per esempio il quartetto. L’Italia è l’unico team che può impensierirle, infatti nessuna altra nazionale riesce a tenergli testa come noi. Se il successo delle olandesi arriva dalla forza, il nostro arriva dalla capacità di fare gruppo».
Il ciclismo è finalmente ripartito e lei in questi giorni è andato a visionare sia il percorso del Mondiale che quello dell’Europeo. Come sono?
«Per il Mondiale avremo un po’ di tempo per prepararlo, mentre per l’Europeo il confronto con le ragazze praticamente non ci sarà. Saranno due gare aperte ma non ci saranno grandi sorprese sulla nazione favorita. L’Europeo corso in fine agosto a Plouay, in Francia, sarà molto selettivo con condizioni climatiche probabilmente difficili. Il Mondiale in Svizzera sarà invece il terreno delle scalatrici, con un circuito da ripetere tre volte molto impegnativo. Dovendo fare un pronostico direi van der Breggen e van Vleuten».
Nei giorni scorsi è nata la polemica sulle maschere di ossigeno usate da alcuni atleti stranieri. Cosa pensa al riguardo?
«Penso che l’Italia sia nel giusto. Questa è una pratica finalizzata a migliorare le prestazioni ma non legata all’allenamento. Non può essere paragonata all’allenamento in quota, perché in questo caso non vai in montagna a pedalare. Naturalmente non si tratta di un vantaggio farmacologico ma esogeno, che provoca una stimolazione endogena. È un sistema sicuramente contorto che viene fatto per migliorare la prestazione, per tanto ci troviamo con atleti che possono farlo perché nel loro Paese non vi è divieto e altri ai quali è vietato. In questo modo si vengono a creare delle discriminazioni e gli atleti non sono più sullo stesso livello e concettualmente è sbagliato. Per tanto o tutti o nessuno».
Dino il ciclismo italiano la scorsa settimana finalmente è ripartito. Com’è andata?
«Posso dire che gli organizzatori in Emilia Romagna sono stati veramente bravissimi e hanno avuto quel coraggio che a tanti è mancato. Tutto è stato perfetto e sia i ragazzi che le ragazze non vedevano l’ora di ripartire. Sia da un punto di vista tecnico che agonistico, il livello è stato alto, con atlete ben preparate. Se dovessi dare un voto a questa ripartenza darei 10».
È stato difficile attenersi alle regole anticovid?
«Assolutamente no, tutto era ben scritto e c’è stato un gran senso di responsabilità individuale. Sappiamo che dobbiamo usare le mascherine e disinfettare le mani e le zone di accesso erano tutte perfettamente segnalate».
Il pubblico non c’era, come avete vissuto questo aspetto?
«Alla partenza e all’arrivo il pubblico non c’era, ma sul percorso la gente è venuta, ma posso dire che si è comportata in modo molto responsabile, rispettando i distanziamenti ed evitando gli assembramenti in modo autonomo».
Ci sono state gare nel velodromo, non molto usuale nel suo sport, potrebbe diventare un nuovo modo di fare ciclismo?
«Secondo me sì, in particolare per le categorie giovanili. Potrebbe essere una buona soluzione e una nuova modalità di correre in sicurezza. In Italia abbiamo molti autodromi e anche attraverso le strade esterne che spesso sono chiuse e lontane dal traffico, come nel caso di Imola, è possibile creare dei circuiti molto interessanti e in totale sicurezza. Dovrebbe essere una possibilità questa da mettere in pratica il più possibile».
Torniamo al periodo del lockdown, come è stato vissuto dalle nostre ragazze?
«È stato un periodo difficile per tutti quanti, ma alcune atlete hanno accusato di più lo stop. Al telefono quando ci sentivamo, sentivo la loro preoccupazione per il futuro e la domanda più ricorrente era sulle date delle gare. Tutte avevano paura di non riprendere a gareggiare e c’era l’alienazione dell’allenamento in casa e l’incertezza mentale sul lavoro che stavano facendo».
Da un punto di vista economico come si sono comportate le squadre femminili?
«Posso dire che sono state quasi tutte corrette. Ci sono state delle riduzioni sugli stipendi, ma sicuramente sostenibili e condivisibili».
A novembre dovrebbero arrivare le ragazze della nazionale di ciclismo afgana. Che lavoro farete?
«Devo ammettere che sarà una scoperta, non sappiamo molto sul loro modo di fare ciclismo e sulle loro capacità. Sarà un’opportunità sia per loro che per noi, perché il confronto sarà a 360° e da guardare sicuramente in modo costruttivo per le nostre ragazze. Cercherò prima di fare una valutazione e poi capire insieme quali devono essere gli obiettivi e come raggiungerli. Cercherò anche di organizzare un lavoro che poi proseguiranno nel loro Paese».
Sapete già dove vi incontrerete?
«Dovrebbero arrivare a Roma in novembre e poi verranno a Riolo Terme dove ci è stata data disponibilità. In questa zona ci sono strade buone e poco trafficate e mi piacerebbe portarle all’autodromo, per capire, in totale sicurezza, il loro modo di correre. Spero veramente che per loro si realizzi il sogno olimpico».