Matteo Trentin è noto per essere uomo che parla sempre con chiarezza. E non manca di farlo anche in questi tempi di coronavirus, lanciando una proposta davvero suggestiva: «Perché non organizzare solo un Grande Giro internazionale quest'anno? Si potrebbe partire da Roma, passando per Madrid e termina a Parigi. Un ottimo modo per riunire tutte le persone con una gara ciclistica dopo questo momento orribile».
E poi aggiunge: «Sette giorni in Italia, sette in Spagna e sette in Francia, con due giorni di riposo, proprio come un grande Giro ma stavolta... un po' più grande».
Ovviamente la proposta dell'azzurro della CCC ha scatenato la fantasia di follower, appassionati e giornalisti che hanno aggiunto il loor parere. Per esempio un tecnico che di grabdi giri è un vero maestro come Giuseppe Martinelli: «Si potrebbero fare 30 tappe, con 4 giorni di riposo. Ogni squadra potrebbe schierare 7 corridori con la possibilità di 3 cambi nel corso delle tappe, mentre 4 corridori per team farebbero la classifica dopo averlo dichiarato alla partenza della corsa».
È nato un hastag - #3GTn1 - che raccoglie le proposte più affascinanti, come quella di inserire le classiche monumento come tappe di questo megaGiro per non rinunciare ad alcun evento e far emergere il corridore più completo tra tutti.
Certamente la fantasia si scatena, si potrebbero trovare mille soluzioni ma poi bisogna scontrarsi con la realtà dei regolamenti, degli interessi dei corridori, delle squadre e degli organizzatori che raramente collimano tra di loro. È vero che per uscire da una situazione di emergenza si potrebbe ricorrere ad una soluzione innovativa, ma l'applicazione resta al momento più che mai simile ad un sogno. E le federazioni che guidano le discipline più popolari - ce lo insegna la storia dello sport - non hanno mai brillato per originalità e dinamismo.
Anche perché, è bene non dimenticarlo, al momento solo il Giro d'Italia - tra le grandi corse a tappe - ha annunciato il suo spostamento a data da destinarsi, mentre il Tour de France è fermo nella sua determinazione di far partire la corsa come da programma il 27 giugno e l'intento è stato ribadito a chiare lettere dal ministro dello sport francese Roxane Maracineanu anche nelle ultime ore. «Nella peggiore delle ipotesi, se l'epidemia non sarà ancora vinta, si correrà a porte chiuse, senza pubblico alla partenza e al traguardo. Il Tour de France ha un'importanza capitale per il nostro Paese» ha detto la ministra in un intervento a France Inter.
La Vuelta, organizzata da Aso come il Tour de France, dovrebbe scattare il 14 agosto (la data tradizionale era stata anticipata per via del calendario compresso in virtù dei Giochi Olimpici) ma ha dalla sua ancora parecchi mesi prima dell'evento e prima di costringere i suoi organizzatori a prendere una decisione.
Le proposte, come detto, si moltiplicano: molte sono valide e da tenere in considerazione, ma tutte con un vizio d'origine. Non sapere quale sarà la data ufficiale della ripresa rende vano qualsiasi tipo di calcolo o di azione.
Intanto l'ex presidente dell'UCI Brian Cookson vota per una soluzione "accorciata: «Aso dice che il Tour potrebbe svolgersi nelle date programmate ma senza villaggi di partenza e arrivo, carovane pubblicitarie e pubblico. Sarò molto sorpreso se ciò dovesse accadere In realtà il rinvio delle Olimpiadi offrirà uno spazio nuovo ad un Tour de France abbreviato, forse a fine luglio o agosto. Il che lascerebbe spazio anche a un Giro di due settimane a settembre e a una Vuelta di due settimane a ottobre».
Un'idea che non piace ai corridori, primo fra tutti Vincenzo Nibali che ha ribadito anche pochi giorni fa come «Le tre settimane fanno parte del DNA di un grande giro. Non voglio pensare all'idea di un Giro accorciato, non sarebbe un Giro».
Di sicuro il dibattito è destinato a proseguire in attesa di avere finalmente notizie certe sul fronte coronavirus. Che al momento tiene in scacco il mondo intero.