“Ho letto con molto piacere il vostro articolo su Learco Guerra – gli disse il direttore -: bravo”. Aveva scritto: “Learco Guerra non corre per la ricchezza, corre per l’onore. Non ha fama di ricchezze ma di storia. E’ come l’Italia”. “Voi avete delle qualità – aggiunse il direttore -. Pochi sanno descrivere così d’imprese epiche, che onorano l’Italia”.
Amedeo Dalmasso, giovane giornalista della “Gazzetta del popolo”, un po’ imbarazzato e un po’ stupito, tentò quasi di difendersi: “Ma Learco Guerra è un campione”. Fu comunque premiato con un servizio da inviato. Sull’isola di Ventotene. Che negli anni Trenta e poi durante la Seconda guerra mondiale era un luogo in cui venivano confinati comunisti e socialisti, anarchici e giellisti (Giustizia e Libertà), testimoni di Geova ed evangelisti, federalisti nonché tubercolotici. Gente molto scomoda.
Dalmasso scoprì che non si trattava di una “villeggiatura”, ma di un sistema per soffocare e reprimere, censurare e svilire gli avversari politici del fascismo. L’articolo non fu “bello, onesto, sincero, allineato, in chiara prosa littoria” come richiesto. Tant’è vero che…
“Confini senza frontiere” (Ultima Spiaggia, 272 pagine, 15 euro, del 2015) è il romanzo che Giacomo Revelli dedica a Ventotene e ai suoi abitanti politici, quella “università del confino” in cui furono reclusi anche Sandro Pertini e Umberto Terracini, Camilla Ravera e Luigi Longo, Paolo Schicchi e Giovanni Domaschi, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Le mense e le fughe, il libretto rosso (quello delle regole cui attenersi) e il Manifesto di Ventotene (testo fondante dell’Unione Europea), la biblioteca e le lezioni, la posta e gli orti.
Revelli è autore di racconti e romanzi: con Andrea Ferraris ha scritto “Bottecchia”, una graphic novel su Ottavio Bottecchia, “Botescià”, primo vincitore italiano del Tour de France e primo ad averlo vinto due volte consecutivamente (Tunuè, del 2011). Sanremese, abita e lavora a Genova, redattore per i siti web della Regione Liguria. E’ anche una delle anime di CicloRiparo, la ciclofficina nel centro storico di Genova, nel Vico degli Eroi, zona Giardini Luzzati. E la sua vocazione ciclistica emerge anche in “Confini senza frontiere”. “La radio, una Geloso con intarsi in radica, proprio uguale a quella che c’era nell’ufficio del direttore a Torino, gracchiava un po’. C’era il brusio della gente, in sottofondo, non capivo tutte le parole. Sentii però che Bartali aveva vinto la Milano-Sanremo e la cosa mi riempì di gioia”. Anche a noi.